Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Capital
Anno: 
2000
Line-Up: 

- Chris Martin - voce, chitarra, pianoforte
- Jon Buckland - chitarra, armonica, cori
- Guy Berryman - basso
- Will Champion - batteria, cori

Tracklist: 

1. Don't Panic
2. Shiver
3. Spies
4. Sparks
5. Yellow
6. Trouble
7. Parachutes
8. High Speed
9. We Never Change
10. Everything's Not Lost
11. Careful Where You Stand (hidden track)

Coldplay

Parachutes

Se c'è un gruppo che ha ormai sbaragliato tutti gli avversasri nella corsa al trono del pop-rock britannico moderno, sono e possono essere soltanto i Coldplay. Semplicità, concretezza e grande intensità melodica, con un occhio (e non solo) sapientemente rivolto al pubblico e al music-business: queste le principali caratteristiche che hanno permesso al gruppo di Chris Martin di espandersi e di farsi apprezzare non solo dagli ascoltatori del pop più commerciale e mainstream, ma anche da quella buona fetta di pubblico più di nicchia e ricercata. Bando alle sciocchezze, i Coldplay hanno saputo portare avanti con grinta e anche umiltà il loro lavoro, regalandoci spesso emozioni che mai nessun gruppo della frangia Pop era riuscito a trasmetterci in maniera così sincera, vera e penetrante.

Parachutes, oltre a rappresentare il primo vero, grande successo del combo inglese, è senza ombra di dubbio uno dei lavori più intensi e ben riusciti che l'universo Pop ci ha regalato ultimamente, un disco permeato di malinconia, splendido nei suoi toni spesso cupi e rassegnati, ma sempre abili nello scavare negli antri più profondi e reconditi dell'ascoltatore. Tante emozioni, quindi, per una pop band che è stata in grado di elevare il genere stesso, mai nell'ultimo periodo così denso ed emozionante, attraverso un songwriting intenso, curato, leggero, mai fuori dalle righe.

Il disco si apre con la bellissima Don't Panic, tra i migliori brani mai composti dal gruppo, con un Chris Martin abile nel dirigere vocalmente questa favola malinconica. L'universo più cupo ed emotivo di Parachutes rallenta poi Shiver, venendo però perfettamente ripreso dalla lenta e suggestiva Spies, terza traccia di un album che, superando le meno riuscite Sparks e Yellow, vede il suo apice nella meravigliosa Trouble, che ci raccoglie emotivamente attraverso un malinconico e straziante giro di pianoforte, che istiga dolcemente la nostra lacrima a scendere sulle guance accaldate dal rassegnato calore di questo splendido pezzo. Melodie unico nel loro triste slegarsi che i Coldplay non falliscono (quasi) mai a comporre, riuscendo, in un modo o nell'altro, a far breccia nelle resistenze emotive dell'ascoltatore. Oltrepassando la brevissima Parachutes, le sonorità malinconiche di Trouble vengono in parte riprese con le successive High Speed, molto particolare, e al riflessivo intreccio vocale-strumentale di We Never Change che prelude alla dismessa atmosfera conclusiva di Everything's Not Lost.

Parachutes è per questo la schiacciante prova che testimonia la bravura mediante cui la band di Chris Martin non solo è riuscita a scalare le classifiche e le hit parade di tutto il mondo, ponendosi tra le proposte più avvincenti e decisivi della musica commerciale internazionale post 2000. Il Pop non sarebbe mai stato lo stesso senza la presenza di un disco del genere, addirittura difficile da chiamare pop per sua malinconica dimensione cantautorale e la sua fragile stabilità emotiva, irripetibile e irripetuto anche per gli stessi Coldplay, incapaci di ritornare a tali livelli nei successivi (e comunque ottimi) dischi. Per i palati più fini ma anche per chiunque voglia passare un ascolto intenso e non impegnativo, Parachutes è un toccasana, un medicinale per cuori che sono lì lì per spezzarsi, ma anche per quelli che si sono oramai ricomposti e che hanno bisogno di venir cullati negli aperti mari dell'emozione più fragile e soffusa.
 

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