Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Damiano Cembali
Genere: 
Etichetta: 
Roadrunner Records
Anno: 
2010
Line-Up: 

- Claudio Sanchez – lead vocals, lead and rhythm guitar, keyboards, synthesizer, lyrics
- Travis Stever – lead and rhythm guitar, backing vocals, synthesizer
- Micheal Todd – backing vocals
- Chris Pennie – drums, percussion

Tracklist: 

01. One (1:54)
02. The Broken (3:53)
03. Guns of Summer (4:47)
04. Here We Are Juggernaut (3:44)
05. Far (4:54)
06. This Shattered Symphony (4:26)
07. World of Lines (3:18)
08. Made Out of Nothing (All That I Am) (4:38)
09. Pearl of the Stars (5:05)
10. In the Flame of Error (5:29)
11. When Skeletons Live (4:18)
12. The Black Rainbow (7:33)

Coheed and Cambria

Year of the Black Rainbow

Quanti di voi abbiano seguito finora la mia carriera recensoria, certamente avranno intuito come alcuni generi più sperimentali o sofisticati non appartengano ai miei canoni di gusto, più votati a forme musicali travolgenti, esplosive, decisamente meno cerebrali: tra questi, in primis, il progressive. Chi di voi conosca dunque la carriera discografica dei Coheed And Cambria non esiterà certamente a meravigliarsi del fatto di trovare il mio nome in calce alla loro ultima opera discografica, giacché proprio la formazione statunitense costituisce uno degli esempi più intensi e particolari del prog anni Zero. Questa apparente discrasia non deve ingannare: se è vero, dal un lato, che le mie preferenze musicali hanno subito una parziale evoluzione,  dall’altro quest’ultima non giustificherebbe comunque un tentativo maldestro di raccontarvi un lavoro così lungamente atteso e al quale potrei persino faticare ad avvicinarmi con orecchio attento e cosciente.

La realtà è un’altra: Year Of The Black Rainbow, prequel della saga sci-fi The Amory Wars su cui si fonda l’intera opera discografica dei Co&Ca, non è un album prog propriamente inteso, ossia nella sua accezione più complessa e criptica, bensì uno scintillante manifesto di alternative rock crossover meravigliosamente intricato eppure genuino, acuto eppure travolgente, accurato eppure abrasivo. Per chi osserva dall’esterno, senza penetrare nella giungla sonora del disco in questione ma limitandosi ai dati più informativi, non potrà non accorgersi di un elemento assolutamente significativo, tanto più se confrontato alle precedenti produzioni della formazione nordamericana e, più in generale, a tutti i dischi classificabili come prog: nessuna delle 13 tracce che compongono Year Of The Black Rainbow supera i 6 minuti di durata, con la sola eccezione, peraltro ampiamente diffusa anche in album notevolmente distanti da questo genere, della titletrack conclusiva. E’ un dettaglio nient’affatto insignificante, è la spia di una tendenza precisa che per la prima volta si affaccia su un album firmato Coheed And Cambria e che dello stesso costituisce uno degli aspetti meglio concepiti: mai come in questa occasione, infatti, la formazione nordamericana capitanata da Carlos Sanchez è riuscita a sublimare la propria peculiare inclinazione prog all’interno di un formato canzone più tradizionale, più essenziale, fors’anche più elementare, senza per questo abbassare i propri elevati standard compositivi ma, anzi, facendoli rilucere di uno splendore nuovo, forse meno cerebrale ma di sicuro molto più istintivo ed emozionale.

Quanto appena sostenuto probabilmente scandalizzerà i fans della prima ora, che potranno forse intravedervi un pericoloso segnale di deriva commerciale, ma la realtà è nuovamente un’altra: Years Of The Black Rainbow è un album variopinto, coriaceo, travolgente, persino indigeno nelle sue contorsioni tecniciste e allo stesso tempo primitive, ben lungi insomma dai palati più grezzi o dalle menti meno aperte. Punti deboli, a tutti gli effetti, questo meraviglioso platter non ne presenta, per lo meno non in maniera eclatante: si può ritenere un poco retorica Guns Of Summer, la cui struttura canora risulta forse eccessivamente prolungata e al contempo irrisolta, o la saettante World Of Lines, dagli insoliti risvolti anni ’80 abbastanza fuori fuoco. Tutto il resto è un sapiente alternarsi di puro e irresistibile alternative rock intriso dei più esaltanti virtuosismi prog, soprattutto per quanto concerne la straripante sezione ritmica (letteralmente mostruosa, in questa circostanza soprattutto, la produzione), contaminato da febbrili inclinazioni heavy (Here We Are Juggernaut), sorprendenti echi wave (la malinconica mid-tempo Far), deliziosi romanticismi space (la tenera e suggestiva Pearl Of The Stars), trascinanti parentesi emo-core direttamente estratte dalle loro insondabili radici (la roboante The Shattered Symphony al pari della più docile Made Out Of Nothing). Proprio quest’ultimo aspetto si rivela una delle ragioni alla base della straripante presa emotiva che Year Of The Black Rainbow esercita sui suoi fruitori e non è certo una fattore secondario nello spiegare l’innata capacità, che i Coheed And Cambria ivi rivelano finalmente nella sua pienezza, di produrre melodie dalla semplicità tanto disarmante quanto apparente (The Broken, primo singolo estratto, su tutte), soprattutto per quanti ne subissero il fascino spudorato (e non dubitiamo che saranno un numero tutt’altro che trascurabile) al punto tale da scoprirne, ascolto dopo ascolto, tutti i rivolti più timidi e sottili. 

Infine, come non celebrare l’assoluto talento di un crooner formidabile come Carlos Sanchez? La sua performance vocale è pressoché inattaccabile per l’intera durata del disco, alternando con rara maestria le più furenti esplosioni ai più delicati ricami, interpretando con personale convincimento e mirabile presenza scenica tutte le situazioni narrative contenute all’interno del platter; non soltanto, atto dopo atto traspare con sempre maggiore fervore il fascino latino delle proprie radici centroamericane, che offre a ciascuna delle 12 tracce di Year Of The Black Rainbow un influsso etnico, una vena tribale sempre e continuamente in procinto di erompere eppure magistrale controllata, dominata, non trattenuta bensì incanalata in linee vocali dal groove semplicemente, fisicamente irrefrenabile (In The Flame Of Error). Soltanto una personalità così scolpita e carismatica avrebbe potuto concepire e concretizzare un’opera così ambiziosa eppure nient’affatto artificiale, soltanto una voce così imprevedibile e multiforme avrebbe potuto esal(t)are la modernità raffinata di Year Of The Black Rainbow, un po’ Benji Webbe (Skindred), un po’ Zach De La Rocha (Rage Against The Machine), un po’ Brandon Boyd (Incubus), ed è proprio a quest’ultimi che potremmo fare riferimento nell’estremo tentativo di classificarla: impresa ardua, eretica per i più, priva di senso per altrettanti, del tutto inutile per quasi tutti, sta di fatto che i Coheed And Cambria, già annoverati fra le realtà più innovative del panorama alternativo internazionale, hanno fatto di Year Of The Black Rainbow, loro quinto capitolo discografico, l’album della conferma e della svolta contemporaneamente, un gioiello di innegabile pregevolezza, un coloratissimo raggio di luce in questo grigio 2010. 

LINK PER L'ASCOLTO (streaming integrale): Coheed And Cambria @ MySpace.com

NUOVE USCITE
Filastine & Nova
Post World Industries
Montauk
Labellascheggia
Paolo Spaccamonti & Ramon Moro
Dunque - Superbudda
Brucianuvole
Autoprod.
Crampo Eighteen
Autoprod..
BeWider
Autoprod..
Disemballerina
Minotauro
Accesso utente