Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Brasslang
Anno: 
2010
Line-Up: 

- Padma Newsome - violino, viola, mandolino, voce
- Bryce Dessner - chitarra
- Rachel Elliott - fagotto
- Thomas Kozumplik - percussioni
Guests:
- Shara Worden - voce in "Cocodrillo", "On the Edge", "The Owl of Love", "Adages of Cleansing", "Raise the Flag" e "We Were Here"
- Matt Berninger - voce in "Last Song"
- Sufjan Stevens - voce in "We Were Here"

Tracklist: 

1. Cocodrillo
2. I Used to Do
3. On the Edge
4. Red Seas
5. The Owl of Love
6. Adages of Cleansing
7. Last Song
8. To Hugo
9. Raise the Flag
10. We Were There

Clogs

The Creatures In The Garden Of Lady Walton

Riecco Padma Newsome e Bryce Dessner, riecco i Clogs. Riecco i boschi malinconici e i cieli nuvolosi. Riecco quel mondo alt-folk di cui, parlando in ambito di musica di nicchia, si è innamorato mezzo mondo. Un progetto di quelli a cui è difficilissimo, quasi impossibile resistere; una mini orchestra tanto intensa e profonda da essere stata in grado di mettere addirittura da parte le grandi gesta dei due musicisti sotto il celeberrimo nome The National, tra le più influenti band indie dell'ultimo decennio (il nuovo disco è atteso per Maggio). Cambiando completamente vesti, idee e strumentazione, Newsome e Dessner hanno mostrato con i Clogs quel cuore 'naturalistico' che coi National veniva offuscato da una proposta musicale ben più metropolitana, moderna e rock, specchio delle suggestioni e dei contrastanti stati d'animo del chitarrista Dessner. Con i Clogs a prendere il sopravvento sono invece le toccanti fantasie agresti di Newsome, vero e proprio trascinatore concettuale e compositivo del progetto; a dimostrarlo vi è una discografia costituita sensazionalmente di sole perle che, tanto per il numero di pubblicazioni (cinque per entrambi i progetti) quanto per il mondo sonoro che esprime, funge da perfetta altra faccia della 'medaglia National', riflettendo le sue luci e i suoi sapori in una dimensione non opposta bensì complementare.

Tutt'altro che ardimentoso è infatti comprendere il modo in cui, sotto il monicker Clogs, Newsome e Dessner diano vita ad un universo musicale molto più intimo, pacato e folk-oriented rispetto a quello della band d'origine: negli anni i risultati di questo progetto sono stati sorprendenti, dapprima grazie alle toccanti fantasie di Thom's Night Out (2001), Lullaby for Sue (2003) e Stick Music (2004), poi con quel capolavoro struggente e particolarissimo - Lantern (2006) - che ne fece definitivamente risalire in superficie l'intrinseco e più radicato fascino. A quattro anni di distanza da quel gioiello imperdibile (il suo recupero è d'obbligo per chi non l'avesse ancora ascoltato), i Clogs portano a termine un nuovo lavoro e si dimostrano come non mai mutati e trasformati, in qualche modo addirittura evoluti.
The Creatures In The Garden Of Lady Walton contiene materiale scritto da Newsome durante il suo lungo soggiorno ai Giardini la Mortella, paradiso botanico creato - per l'appunto - dalla Lady Walton che dà titolo all'album (vedova del compositore contemporaneo Sir William Walton). E' in quel giardino che si riflette nell'onirica copertina, è in quel misterioso mondo di creature, fontane, labirinti di rami e prati azzurri che il nuovo full-lenght dei Clogs si immerge da capo a piedi, evocando un'atmosfera quasi irreale, a metà tra sogno della natura e inquietudine umana.

The Creatures In The Garden Of Lady Walton si spinge verso sponde ben più eleganti e 'colte' rispetto al precedente Lantern, del quale però perde quasi tutto il fascino malinconico e forestale: se quella del precedente disco era infatti una natura più selvaggia, rude e poco 'lavorata', quella di The Creatures.. si presenta sotto fattezze maggiormente umanizzate e levigate, costruendo un'immaginario naturalistico quasi aristocratico. Gli arrangiamenti sono meno spessi, gli archi di Newsome più eleganti e cameristici, le atmosfere meno oscure e fitte ma pervase da un'intensità lirica finora sconosciuta, specialmente nei brani in cui fa da padrona la voce dell'ospite d'onore Shara Worden, vera e propria protagonista dei pezzi più classical del disco. Ma se da una parte il fascino barocco di On the Edge e quello neoclassico di The Owl of Love e Raise the Flag mettono in primo piano il soffice lirismo delle parti vocali della Worden, dall'altra si crogiola una manciata di splendidi brani molto più intimi e riflessivi: a brillare tra tutte le perle dell'album vi sono in primis I Used to Do (trascinata da uno splendido moto ostinato di chitarra, mandolino e archi) e la fragilissima Last Song, in cui l'abbraccio tra dimensione strumentale e vocale si compie in maniera decisamente più pacata e meno barocca. In ogni caso - ed è uno dei principali tratti distintivi dell'album - The Creatures In The Garden Of Lady Walton vede le parti cantate (tanto nelle distensioni liriche della Worden quanto nelle sezioni corali e nel canto più 'umano' di Newsome - Red Seas - e degli altri ospiti Matt Berninger e Sufjan Stevens - la sognante ma soporifera We Were Here) come assolute protagoniste delle trame espressive di quasi tutti i brani, ad eccezione delle esclusivamente strumentali I Used to Do e To Hugo, altra soave espressione del malinconico fascino naturalistico dei Clogs. E poi quel gioiello inquieto, quel semi incubo che, tremante, si fa spazio tra gli alberi e vi si arrampica, squarcia i veli di fiori dell'album e corre impazzito tra i suoi sentieri meno battuti: Adages of Cleansing è forse l'apice assoluto di The Creatures e una delle creazioni più 'alte' mai composte da Newsome; un penetrante e aculeato monologo naturale in cui le stranianti ipnosi classical Olivier Messiaen e solenni reminiscenze stravinskijiane si incontrano con un mood folk oscuro e ricercato, che - nella fase centrale - non poco ricorda le asimmetrie di Voisins (capolavoro del precedente disco), andando ad elaborare un immaginario strumentale estremamente colto e avvolgente.

Quella di The Creatures In The Garden Of Lady Walton è una reggia su un albero, fatta di legno finissimo e decorata con una precisione ed una pulizia ammaliante. Da questo palazzo floreale Newsome e compagni osservano la vita naturale muoversi, contorcersi e dispiegarsi in tutta la sua intensità drammatica e in tutte le sue creazioni fantastiche. Un giardino nascosto, invisibile, dentro cui prende vita il gioco onirico di una natura a cavallo tra precisione rinascimentale e sentimento moderno, immagine lieve ma dall'impatto emotivo fortissimo. Non sarà commovente come Lantern, non sarà stato in grado di rievocarne l'inimitabile fascino, potrà sembrare troppo freddo e distaccato in alcuni frangenti, fatto sta che The Creatures In The Garden Of Lady Walton - nella sua estasiante raffinatezza stilistica e nel suo netto allontanamento da quel simil post-rock che nei precedenti dischi fungeva ancora da parziale filo conduttore - rimane un lavoro particolarissimo e ammaliante. Basta chiudere gli occhi durante l'ascolto per capirlo.


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