Voto: 
7.8 / 10
Autore: 
Andrea Rubini
Genere: 
Etichetta: 
Spinefarm
Anno: 
1997
Line-Up: 

- Alexi Laiho - Voce e chitarra
- Alexander Kuoppala - Chitarra
- Henkka Blacksmith - Basso
- Janne Warman - Tastiera
- Jaska Raatikainen - Batteria

Tracklist: 

1. Deadnight Warrior
2. In the Shadow
3. Red Light in My Eyes pt.1
4. Red Light in My Eyes pt.2
5. Lake Bodom
6. The Nail
7. Touch Like Angel of Death
8. (keyboard's ghost track)

Children of Bodom

Something Wild

E' una notte d'estate degli anni sessanta e quattro ragazzi decidono di trascorrere qualche giorno in campeggio. Si accampano sulle rive del Lago Bodom, presso Espoo, una, allora, cittadina limitrofa ad Helsinki. Quella notte però il lago Bodom è scenario di un omicidio plurimo, nel quale persero la vita ben tre dei quattro ragazzi. Qualcosa di selvaggio per l'atrocità rivolta alle vittime. E qualcosa di selvaggio è anche l'esordio per i Children Of Bodom.

Il gruppo viene fondato nel 1993 dal chitarrista Alexi Lahio e dal batterista Jaska Raatikainen con il nome InhearteD. Dopo la pubblicazione di alcuni demo, i finnici mutano il loro nome nell'attuale nel 1997, quando vengono contattati dalla Spinefarm Records per la produzione di un album. Prima però avevano già firmato un contratto con una label indipendente belga, e per svincolarsi adottarono lo stratagemma di "sciogliersi" e "riformarsi" con un nuovo nome.
Viene così pubblicato, nel 1997, il loro esordio Something Wild, potente punto d'incontro fra il power metal di matrice europea ed il metal estremo (nella fattispecie il black metal norvegese, dal quale vengono ereditati il canto in screaming e alcuni tipici riff ronzanti, e il melodic death metal svedese per alcune soluzioni stilistiche affini).
L'originalità del disco risiede proprio in questo suo combinare due filoni musicali che fino a quel momento erano considerati opposti ed inconciliabili, al punto che i Children of Bodom sono stati a volte definiti "extreme power metal" se non addirittura "il gruppo death preferito dagli amanti del power".

Il songwriting, per quanto alle volte ancora un po' grezzo e acerbo, è pero fortemente d'impatto e non lesina in tecnicismi che strizzano l'occhio a virtuosi come Yngwie Malmsteen. Un feeling notevolmente accattivante permea le atmosfere dell'album, che in questo si rivela molto immediato e up-to-face, pregno di aggressività, senza rinunciare in ogni caso a forti connotazioni melodiche. Le tastiere, in questo, si rendono partecipi nel loro ruolo di contorno, anche se più che al power metal di stampo finlandese sembrano alle volte rifarsi più che altro a certo goth melodico. Lo screaming di Laiho a questo punto può piacere come non piacere, difficilmente però stona nonostante l'album faccia ricorso a sonorità spesso opposte all'ambiente da cui proviene questo tipo di linea vocale.

Something Wild è quindi un album da ascoltare tutto d'un fiato, dall'inizio alla fine, senza tralasciare nessun elemento. Il fondatore e mente creativa della band, Alexi Laiho, intreccia death, power e atmosfere gotiche come fosse ordinaria amministrazione.
Già da Deadnight Warrior, emerge un senso di padronanza non comune, nonostante la giovanissima età della band. Potente e intensa, arricchita da preziosi riff e una tastiera che ti culla. La scena non cambia nei pezzi seguenti, dove troviamo In The Shadows e i due Red Lights In My Eyes, pezzi dalla orchestrazione incredibile e da spunti "black/gothic" velati, ma di notevole rilevanza ai fini del songwriting finale.
Arriviamo a Bodom Lake, la perla dell'album, per musica e testo, giro iniziale incisivo e facilmente memorizzabile, per poi sfuriare con un incalzare di batteria che prosegue per tutto il brano. Il mezzo scream di Laiho graffia, mente insieme ad Alexander dispone la trama di chitarre, supportate da Warman alle tastiere per completare l'atmosfera creata.
The Nail è il classico riempi album senza infamia e senza lode, anche se l'intro parlato e il giro di tastiera centrale ne aumentano il potenziale. A conclusione un pezzo che la band ha molto valorizzato in sede live, Touch Like Angel of Death, dove sono ancora le chitarre a fareda padrone, nonostante la presenza costante delle tastiere. Un esordio più fulmineo e incisivo non si poteva chiedere, i Children of Bodom sono già più di una promessa, e la finnica label Spinefarm lo sa bene, accaparrandosi infatti la band per tre album.

Descrivere i Children Of Bodom non è semplice per la complessità compositiva e stilistica. Di sicuro non è così difficile giudicarli. L'album è grezzo, veloce, crudo e tecnico. Il combo finlandese o piace o non piace, è un gruppo d'impatto esattamente come la musica che suona. Consigliato a chi ascolta sia power che death melodico e a chi vuole sentire davvero qualcosa di nuovo, oltre che di selvaggio.
 

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