Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Genere: 
Etichetta: 
Metal Blade
Anno: 
2009
Line-Up: 

:
- Travis Ryan - voce
- Josh Elmore - chitarra
- Troy Oftedal - basso
- David McGraw - batteria   

 

Tracklist: 

:
1. The Gardeners of Eden
2. A Body Farm
3. We are Horrible People
4. Tooth Enamel & Concrete
5. The Ripe Beneath the Rind
6. The Product Alive
7. In Axetasy
8. Into the Public Bath
9. The Harvest Floor
10. Regret & the Grave

Cattle Decapitation

The Harvest Floor

The Harvest Floor, in altre parole “Il luogo della mietitura”. Essa, tuttavia non riguarda comunemente i cereali, bensì gli umani, considerati colpevoli del massacro operato sugli animali in questo mondo. I Cattle Decapitation sono sempre stati legati a queste tematiche a dir poco sconvolgenti ed apocalittiche che puntano il dito verso il genere umano, spintosi bel oltre i limiti accettabili anche nel campo della macellazione industriale degli animali. I loro testi, sin dagli esordi, sono sempre stati in qualche modo argomento di svariate discussioni senza che ci si soffermasse maggiormente sulla musica al fine di dare ai pensieri dei nostri musicisti una valenza completamente soggettiva, evitando di sprecare inutili discussioni. 

Volendo quindi parlare in modo strettamente musicale del prodotto, non posso far altro che consigliarlo a tutti gli amanti del brutal death con influenze grind. Questo nuovo tassello discografico del gruppo californiano non può che rendere gioiosi coloro i quali li hanno seguiti finora, anche se possiamo notare dei leggeri cambi di rotta per quanto riguarda alcune sezioni che puntano leggermente sull’impronta avantgarde. Non vi preoccupate, poiché la violenza del gruppo rimane su altissimi livelli ed a testimoniarlo troviamo immediatamente The Gardeners of Eden. Versi di maiali si mischiano ad urla degli umani per poi esplodere in una lunga serie di blast beats con chitarre a disegnare scenari oscuri e apocalittici. Il bagaglio tecnico dei nostri musicisti è qualcosa d’invidiabile per i continui cambi di tempo, le sferzate violente e le leggere cadute nel melodico. 

La produzione, fortunatamente, non è una di quelle fredde e asettiche come troppe volte troviamo in questo genere al giorno d’oggi. Le chitarre e la batteria sono potenti e taglienti nei loro suoni ma anche veramente brutali e sempre legate agli albori del genere. Le vocals, anch’esse, sono in costante cambio, passando con disinvoltura dal classico growl per le partiture che puntano più al brutal classico sino ad arrivare allo scream quando il grind si fa più presente e la batteria si assesta sui temibili gravity beats al fine di donare un maggiore velocità. A Body Farm imbocca una strada decisamente più diretta e brutale, mentre l’inizio marziale ed apocalittico di We Are Horrible People non ci lascia scampo e viene prontamente ripreso in più sezioni con partiture soliste a dare un ulteriore tocco drammatico.  

I riffs dissonanti e la brutalità con un tocco di groove di Tooth Enamel & Concrete presto prendono il dominio, per poi arrivare a The Ripe Beneath the Rind e le sue partiture al limite del grind più estremo con cambi di tempo a dir poco sovraumani. Tuttavia, anche in una traccia così brutale possiamo notare alcuni riffs melodici che invadono la struttura centrale e sono utili a ricreare un’atmosfera veramente surreale. I riffs dissonanti e i tempi veloci non svaniscono con le successive The Product Alive e In Axetasy. Quest’ultima è, ancora una volta, incredibile per la qualità e la precisione del drumming, nonché l’ennesima occasione per capire veramente cose le due chitarre siano in grado di sfornare. Arrivati alla fine di Into the Public Bath possiamo notare la comparsa di melodie angoscianti che sfociano nelle partiture vocali di Jarboe, ovvero l’ex cantante degli Swans

La marcia degli umani verso il macello è iniziata, non c’è nulla che si possa fare e la title-track serve solo come sottofondo. Il violoncello all’inizio di Regret & the Grave presto lascia spazio alla brutalità più classica senza che essa si dimentichi delle melodie nelle linee soliste delle chitarre e che possiamo anche ritrovare in alcuni intermezzi, al fine di accompagnarci verso la fine di questo disco che, a mio parare, rappresenta la svolta per i Cattle Decapitation. Si tratta di un prodotto coraggioso ma che aggiunge anche un tocco d’originalità ad un genere ormai leggermente stantio e ad una band che, si spera, ora faccia parlare di sé per la sua musica. Una volta per tutte.    
 

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