Voto: 
9.5 / 10
Autore: 
Stefano Magrassi
Genere: 
Etichetta: 
Earache Records
Anno: 
1993
Line-Up: 

Bill Steer - Chitarra
Ken Owen - Batteria
Jeff Walker - Basso e voce
Michael Amott - Chitarra

Tracklist: 

1. Buried Dreams
2. Carnal Forge
3. No Love Lost
4. Heartwork
5. Embodiment
6. This Mortal Coil
7. Arbeit Macht Fleisch
8. Blind Bleeding The Blind
9. Doctrinal Expletives
10. Death Certificate


Carcass

Heartwork

Quando nel 1993 i Carcass diedero alla luce il loro nuovo lavoro, questo ebbe l'effetto di un ciclone all'interno del mondo del metal estremo; mondo che da li a poco tempo avrebbe visto diverse trasformazioni e vissuto cambiamenti profondi.
I quattro di Liverpool, grazie anche al prezioso aiuto di un Michael Amott dispensatore di tecnica e melodia, riuscirono infatti in un'impresa quasi impossibile: evolversi, maturare, reinventarsi e portare il grind e il death metal su di un livello completamente nuovo. Da band capostipite del grindgore più marcio e violento diventarono gli ideatori di un sound per molti versi rivoluzionario, ispiratore di tutto il movimento death melodico scandinavo, punto di congiunzione perfetto tra le esperienze floridiane/newyorkesi e il tipico piglio europeo.

Perchè Heartwork è un disco difficile da definire e da inserire nei canoni dei generi estremi nati tra la fine degli anni '80 e i primi '90. Effettivamente si tratta del primo fruttuoso esperimento di metal estremo melodico, capace di unire una struttura potente, granitica, veloce e violenta ad una maggiore ricercatezza sonora, una minor confusione, una costruzione più complessa e allo stesso tempo più ariosa. Ma non solo quello: siamo infatti distanti anni luce dalle proposte che da li ad un anno segneranno l'ingresso nella storia della musica di tutto il filone svedese del death metal con la mitica triade Dark Tranquillity, At the Gates ed In Flames. La base grind è ancora possentemente presente: anche se in parte epurato dei suoi eccessi e spuntato negli angoli più estremi, la violenza e la brutalità tipica del genere rivestono ancora un ruolo fondamentale, formando il tappeto su cui si dipanano le dieci canzoni del disco.

Il processo di maturazione che coinvolge i Carcass fin da Symphonies Of Sickness e che già con Necroticism: Descanting The Insalubrious aveva fatto intravedere un allontanamento forte dai lidi caotici del grindcore più minimale (cosa che invece non avviene immediatamente per i connazionali Napalm Death), raggiunge qui livelli eccelsi dimostrando tutta il valore di Jeff Walker e soci. Ed è un'evoluzione non solo dal punto di vista musicale, ma anche, e forse in maniera maggiore, dei testi: abbandonati corpi in putrefazione e terminologie da manuale di patologia forense, ecco rinvenire lo spirito più tipicamente politico e di protesta, che affronta argomentazioni più serie in maniera diretta e apocalittica, anticipando poi tematiche ed espressioni care sia agli eredi Nasum che più in generale al death metal scandinavo. Un'accezione quindi molto politica che rivela non solo il background dei quattro di liverpool ma anche la loro ironia e il loro intento percepibile immediatamente dalla cover rappresentante la scultura "Life Support" di Giger.

Passando ora al lato più strettamente musicale ci troviamo di fronte ad un vero e proprio capolavoro. All'interno di questo disco possiamo trovare delle gemme senza tempo di metal estremo, canzoni immortali, perfette nella loro costruzione e strutturazione. Impossibile non citare la titletrack Heartwork, il pezzo in assoluto più famoso della band, mix di violenza e melodia, con un ritornello che non si dimentica, riff di altissimo livello che si susseguono senza sosta e la voce di Jeff Walker così sporca e malefica da sembrare uscita dalle profondità del nostro animo. Ma non ci si può fermare qui: Buried Dreams è il preludio di un viaggio nella cattiveria umana, Carnal Forge spinge sull'acceleratore e gioca con composizioni dalle melodie maledette, Embodiment mette in mostra tutte le nuove capacità dei Carcass rivoluzionati, Arbeit Macht Fleish non lascia scampo con una batteria puntuale e chitarre che si incrociano nel loro incedere sicuro e tagliente, Doctrinal Expletives che mostra tutto il lato più modernista e quasi industriale del quartetto inglese.
Nota di merito anche per la produzione incredibile: riuscire ad essere perfettamente in sintonia con le emozioni espresse dal gruppo non è cosa semplice, ma qui il lavoro fatto da Keith Andrews è perfetto. Privilegiando suoni meno secchi e più ricchi di sfumature industriali, la sensazione trasmessa è di pura apocalisse, il che da un taglio al disco ancora più moderno e proiettato nel futuro.

Heartwork è un album da avere. Non ci sono giustificazioni ne tanto meno scuse plausibili. Questo lavoro ha cambiato la storia della musica ed è obbligo morale di qualsiasi appassionato possederlo e amarlo in tutte le sue sfaccettature. Ci troviamo di fronte ad uno dei più alti esempi di metal estremo, un'espressione musicale difficilmente uguagliata. F-o-n-d-a-m-e-n-t-a-l-e.

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