Voto: 
6.5 / 10
Autore: 
Damiano Cembali
Genere: 
Etichetta: 
Sony BMG
Anno: 
2009
Line-Up: 

- Luca Carboni - Voce
- Riccardo Sinigallia - Produzione, Arrangiamenti, Voce

Tracklist: 

Ho visto anche degli zingari felici - Claudio Lolli (Testo e musica: Claudio Lolli - da "Ho visto anche degli zingari felici" 1976)

Raggio di sole - Francesco De Gregori (Testo e musica: Francesco De Gregori - da "De Gregori" 1978)

Venderò - Edoardo Bennato (Testo: Eugenio Bennato - Musica: Edoardo Bennato - da "La Torre di Babele", 1976)

Eppure soffia - Pierangelo Bertoli (Testo e musica: Pierangelo Bertoli - da "Eppure soffia", 1977)

Vincenzina e la fabbrica - Enzo Jannacci (Testo e musica: Enzo Jannacci - da "Quelli che", 1975)

Musica Ribelle - Eugenio Finardi (Testo e musica Eugenio Finardi - da "Sugo", 1976)

La casa di Hilde - Francesco De Gregori (Testo: Edoardo De Angelis - Francesco De Gregori - Musica: Francesco De Gregori - da "Alice non lo sa", 1973)

Up Patriots to Arm - Franco Battiato (Testo: Franco Battiato - Musica: Franco Battiato - Giusto Pio - da "Patriots", 1980)

Quale allegria - Lucio Dalla (Testo e musica: Lucio Dalla - da "Com'è profondo il mare", 1977)

L'avvelenata - Francesco Guccini (Testo e musica: Francesco Guccini - da "Via Paolo Fabbri 43", 1976)

Luca Carboni

Musiche Ribelli

Non è mai facile approcciarsi ad un album di cover: la sua stessa definizione porta con sé il pregiudizio, spesso purtroppo fondato, di una drammatica carenza di idee del suo autore, o ancor peggio, di una impellente necessità di racimolare facili denari con una lavoro a prima vista semplice e di breve sforzo, che, più che sulla qualità dei pezzi, conti essenzialmente sulla fama nominale dell’artista. Effettivamente, i recenti sviluppi discografici di un’artista come Luca Carboni alimentano considerevolmente simili sospetti: reduce dal bistrattato …Le band si sciolgono (2006), brutalmente stroncato dalla critica e paurosamente misconosciuto da gran parte della sua fan-base, cui ha fatto seguito la prevedibile raccolta Una rosa per te (2007), il cantautore bolognese si trovava nelle condizioni ideali, seppur in maniera del tutto negativa, per cercare il facile successo appigliandosi, per l’appunto, ad un prodotto immediato e di facile vendibilità. Come spesso accade, la realtà dei fatti smentisce ogni premessa: il nuovo album, Musiche ribelli, è un sincero e puntiglioso omaggio alla musica cantautoriale anni ’70 (quasi tutte le canzoni sono datate 1976, anno cruciale della storia politica e sociale del nostro paese), un prodotto assolutamente onesto ed emotivamente sentito di un mestierante di passione che, riscoprendo alcuni gioielli della nostra tradizione musicale, indossa i panni sovente sdruciti di una memoria storica malamente offuscata ma ancora spaventosamente attuale (a dir poco clamoroso il tempismo manifestato in occasione dell’uscita del primo singolo estratto, quella Ho visto anche degli zingari felici del conterraneo Claudio Lolli che, sradicata dall’originale contesto sociale e alla luce dei recenti fatti di cronaca nera, ben facilmente si presta a letture pretenziose ed erronee). Altro elemento da tenere conto, a riprova della totale genuinità di un lavoro per molti versi di difficile assimilazione, è la sua data pubblicazione, collocata su precisa indicazione dell’artista dopo le festività invernali, senza perciò godere del traino delle compere natalizie né finire ingiustamente sommerso da produzioni commercialmente ben più appetibili.

Tralasciando eccessive considerazioni di mercato, Musiche ribelli è certamente un album di buona fattura che, al di là di qualche prestazione vocale sicuramente non all’altezza (non che i precedenti fossero poi così migliori, dal punto di vista strettamente vocale), riesce a personalizzare in maniera né troppo scontata né troppo eccentrica ogni singolo pezzo, a partire da quelli più conosciuti e “obbligatori” fino a quelli meno facilmente memorabili (su tutti, la sofisticata Vincenzina E La Fabbrica di Enzo Jannacci). Non ci è dato conoscere i criteri di selezione della tracklist, se non grazie a qualche stralcio di intervista in cui l’autore ha dichiarato di aver selezionato quelli che meglio riuscivano dal punto di vista canoro, se non ché, allo stesso modo, la presenza di ben 2 tracce appartenenti all’incommensurabile Francesco De Gregori (Raggio Di Sole e La Casa Di Hilde) è da attribuirsi alla più volte ribadita devozione del cantautore bolognese nei confronti del suo celeberrimo collega romano. Ad ogni modo, la scansione dei brani è ben organizzata, l’album scorre in maniera sempre leggera e piacevole, senza che sopraggiunga quella noia maldestra che, all’atto dell’ascolto, sarebbe veramente un delitto capitale. Fortunatamente, gli arrangiamenti di Carboni, coadiuvato dal fortemente voluto Riccardo Sinigallia sia in fase di registrazione (quest’ultimo partecipa vocalmente sia a Ho Visto Anche Degli Zingari Felici di Claudio Lolli che a La Casa Di Hilde di Francesco De Gregori) che di produzione, funzionano quasi ovunque alla grande: senza scomodare inutili paragoni coi precedenti, vista l’impronunciabile distanza temporale e tecnologica che li separa, la riproposizione in chiave semiacustica dei capolavori del già citato Lolli, di Eugenio Finardi (Musica ribelle) e Francesco Guccini (L’avvelenata), così come la chiave intimista e minimalista assegnata alla tenera Raggio Di Sole o l’atmosfera albeggiante e lattiginosa attribuita alla fugace La Casa Di Hilde (secondo ed ultimo episodio a 2 voci con Riccardo Sinigallia) , e allo stesso modo la spensierata allegria reggae di Venderò di Edoardo Bennato o l’ironica leggerezza quasi funk di Eppure Soffia di Pierangelo Bertoli, e così pure la rassegnata malinconia crepuscolare di Quale Allegria di Lucio Dalla o il soffice ritmo danzereccio di Up Patriots To Arms di Franco Battiato rievocano più che degnamente le opere di questi grandi autori senza snaturarle né, tanto meno, ricalcarne drag and drop le inarrivabili peculiarità. Capitolo a parte merita l’inattesa Vincenza E La Fabbrica di Enzo Jannacci: al di là di ogni mero giudizio sul brano, il quale sarebbe da attribuirsi all’autore originale e non a Luca Carboni, si tratta di un episodio assolutamente complicato, difficilmente riadattabile, che il cantautore emiliano riesce tuttavia a far proprio (nonostante una performance vocale non proprio impeccabile, che, forse volutamente, ricalca le non eccelse doti canore del precursore milanese), sottolineando la prosaica lentezza delle parti cantate con sfondi strumentali suggestivi e, in alcuni momenti, quasi psichedelici.

In conclusione, chi abbia amato il Luca Carboni delle origini ben difficilmente potrà apprezzare Musiche Ribelli, nel quale il cantautore dà sfoggio di tutta la sua natura più intima e matura; al contrario, quanti volessero invece approcciarsi ad un lavoro sicuramente diverso dal moderno panorama musicale mainstream made in Italy, quest’ultimo ritrovato del musicista bolognese non è solamente un trasandato recupero di alcune delle pagine più epiche e drammatiche della storia italiana, bensì la rivisitazione individuale del proprio background musicale e soprattutto umano: un affresco nitido e vivido, del quale Carboni non è sciocco e meccanico restauratore bensì inatteso e meritevole discepolo.

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