Voto: 
7.3 / 10
Autore: 
A. Giulio Magliulo
Etichetta: 
Tannen Records
Anno: 
2011
Line-Up: 

Cabeki: banjo, harmonium, chitarra acustica, chitarra elettrica, chitarra lapsteel, ukelin, autoharp, bellharp, kalimba zucca, piano rhodes, cumbus, bouzouki, mandriola, optic nerve, delay digitale rotto, siel opera 6, organetto, batteria elettronica, percussioni e oggetti.

 

Tracklist: 

1. Finchè L'Ombra Rotola

2. Con La Strada

3. Polvere Di Carta

4. Nelle Tasche Rotte

5. I Suoi Occhi

6. Alla Luce Verde Dei Neon

7. Risveglio

8. Tokio New Orleans

9. In Una Notte

10. La Distanza

11. Di Una Tregua

Cabeki

Il Montaggio Delle Attrazioni

Cabeki è uno dei progetti del compositore e polistrumentista veronese Andrea Faccioli e se da un lato sarebbe più corretto catalogare questo lavoro come avantgarde, dall'altro siamo altrettanto sicuri che esso incontrerà maggiormente i favori di un pubblico ambient; sempre che al termine 'ambient' non si voglia necessariamente associare una algida quanto intangibile tappezzeria sonora o - nelle sue derive più etniche - un immaginario terzomondista spietatamente elaborato da saccenti e spocchiosi intelletti schiavi di dancefloor colonialisti o di registrazioni nella natura alle sei del mattino.

Il bello di questo disco è una spontanea mancanza di confini reali o la sua agilità nel dribblarli in una rappresentazione che è tipica dei processi di sonorizzazione di films ed opere teatrali. Il Montaggio delle Attrazioni è infatti un saggio/teoria di Ejzenstejn e probabilmente l'ispirazione per questo disco è venuta dalla quella lettura, poichè proprio nell' avvicinamento di elementi apparentemente distanti ne vien fuori, rafforzato, una sorta di concept.

Cosa che puntualmente attua Andrea Faccioli nell'accostare strumenti ed ambientazioni lontanissime tra di loro e restituire un prodotto finale quanto mai coeso e compatto, tipico ed unico nella sua sostanza.

La componente minimalista, modello base per i compositori contemporanei, viene qui diluita in musiche tradizionali dell'est non solo europeo, in malinconici languori vaudevilliani pre-war ed una fascinazione per certe atmosfere in cui spesso sono immersi anche artisti quali Calexico, Ry Cooder o Bill Frisell.

Quest'esperienza prende forma naturalmente anche dai pregressi di Faccioli che immerge in un brodo di ingenuo incanto fanciullesco le sue acquisizioni tecniche mutuate dalle più diverse fonti: quella dell'amico Xabier Iriondo ad esempio, costruttore di strumenti a cavallo tra nuovo ed antico, elettrico ed acustico (nonchè ex-Afterhours, collaboratore con Zu e Damo Suzuki Network) con cui il nostro condivide la ricerca, la creazione artigianale e l'utilizzo di magici strumenti giocattolo d'inizio secolo scorso (all'epoca venduti porta a porta grazie alla loro meccanica elementare quanto geniale se paragonata a certi utilizzi ottusi del moderno digitale, che non avevano bisogno di esser suonati con profonde cognizioni di musica in quantochè le note erano scritte in prossimità del tasto o della corda e semplici poichè essenzialmente diatonici) o quella di Tony Conrad dei Faust, del cui kraut-rock Cabeki filtra qui il suo elisir più celeste (ed in parte anche la spinta motorik, presente all'inizio di Tokio New Orleans), ed infine i suoi progetti con Å (su label Die Schactel, la stessa dei 3/4 Had Been Eliminated di Stefano Pilìa), mix di impro, kraut ed elettronica.

Un background tipicamente indie e sperimentale quindi, ma che non ha impedito di guardare verso panorami meno ostici e più godibili, pieni di chitarre acustiche, elettriche e lapsteel che disegnano tramonti desertici e malinconici un attimo prima della fiesta, un attimo prima di esplodere in bagliori da Sol Levante (Finchè L'Ombra Rotola), di un banjo arlecchino che gioca a nascondino (Con La Strada), della slide più concreta e divertente che si sia mai ascoltata (Polvere di Carta), di smarrimenti geografico-sensoriali che fondono il sud-est asiatico al sud degli Stati Uniti, che confondono il set di Milagro Beanfield War con quello di The Proposition, che rievocano, come in Alla Luce Verde Dei Neon, la magniloquenza di un'intera orchestra morriconiana in un semplice fischiettare.

 

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