Voto: 
8.8 / 10
Autore: 
Iacopo Fonte
Genere: 
Etichetta: 
Cymophane Productions
Anno: 
1993
Line-Up: 

- Varg Vikernes - tutti gli strumenti


Tracklist: 

1. Den Onde Kysten
2. Key to the Gate
3. En Ring Til Aa Herske
4. Lost Wisdom
5. Ham Som Reiste
6. Naar Himmelen Klarner
7. Snu Mikrokosmos Tegn
8. Svarte Troner

Burzum

Det Som Engang Var

1993. E’ un anno di svolta. L’uscita di Det Som Engang Var costituisce il culmine di un epoca, del periodo più tetro del black metal norvegese e mondiale. Le prime 950 copie limitate di questo secondo full-length vengono distribuite nell’agosto del ’93, esattamente lo stesso mese dell’assassinio di Euronymous. Christian Vikernes ha ormai cambiato il suo nome in Varg, l’inner circle è diventato una realtà affermata e allarmante, la competizione estrema fra i due aspiranti a principi del black metal, Euronymous (Øystein Aarseth, Mayhem) e il conte Grishnackh (Burzum), era esplosa e inarrestabile.
In tale contesto questo album è la perfetta incarnazione dell’odio e della perversione che caratterizza la scena musicale black in quegli anni. Ed è poi il lavoro di Vikernes che esprime meglio il pensiero burzumiano riguardo alla realtà e ai suoi meccanismi. Un’opera quindi intrinsecamente malvagia, che sotto ogni punto di vista, stilistico, tematico a atmosferico, trasuda ira e profondo sconvolgimento interiore. Un concentrato d’odio a livelli disumani che è presente sì anche nel precedente Aske, ma che trova ora una conformazione e una struttura più mature.

Come a voler preannunciare dunque il clima di terrore dal quale prende vita il progetto Burzum, Den Onde Kysten, prima track, avvolge delicatamente nelle tenebre la mente dell’ascoltatore, trasfigurando la realtà e relegandola quasi a uno degli scenari “tolkieniani” dai quali il Count ha avuto numerose ispirazioni.
Distaccandoci poi da questa dimensione epica, si entra nel cuore dell’opera con il secondo brano, Key To The Gate. I messaggi inviati sono chiari e molto forti. Dopo riff iniziali particolarmente acidi per mettere a disagio l’ascoltatore, la voce comincia ad accusare pesantemente una sorta di realtà prestabilita che può portare solo dolore e della quale Burzum vuole vendicarsi (“Lusting for the sky”). L’uomo è reso cieco, non è quindi libero di vedere con oggettività il mondo e quindi di vivere una reale vita. Di conseguenza la vendetta e l’odio diventano l’unico senso di un’esistenza caratterizzata da dolore (“I will open the gates to Hell one day”). Il sound è a questo proposito urtante in molti punti, ma si innalza successivamente con un breve solo molto malinconico. E’ questa forse una delle caratteristiche principali in generale di tutta quella che può essere considerata la prima produzione musicale di Burzum. Patterns fortemente negativi, violente, caotici, che fanno da base alla maggioranza dei brani, vengono spezzati bruscamente da dolci parti melodiche di chitarra. E questa qualità contribuisce pesantemente a rendere il sound di Grishnackh unico e apprezzato in tutto il mondo.

Proseguendo nell’ascolto, En Ring Til Aa Herske, attraverso uno stile più opprimente, con maggiori rumori percepibili in sottofondo, continua il tema del concept. Cantata in lingua madre, descrive scenari che rimandano a oscure foreste, a pratiche sabbatiche (“Sons of the powerful sons We stand in the black circle”) alla dimensione quindi pagana, cara al Black Metal old style. Altra caratteristica del sound è appunto la presenza, mai eccessiva o fastidiosa, di un disturbo in secondo piano che non è ai livelli grezzi di altre band scandinave, ma che contribuisce certamente a creare l’atmosfera di disagio spirituale.
Così si arriva alla quarta track, Lost Wisdom, che si erge magnifica, sicuramente una delle meglio riuscite, emblema della musica di Burzum. Contiene un deciso e sfrenato attacco alla Chiesa e a Dio che vengono accusati a questo punto di bruciare la vera conoscenza che trascende una realtà illusoria(“cause these are not the words of God - the same God that burnt the knowing”). E’ ammirabile in particolare il vocal quanto mai estremo del Count che raggiunge livelli di scream difficilmente eguagliabili; una voce struggente che esprime tutto lo strazio del cantante e della sua musica. Dopo questo concentrato di odio, ecco che si arriva a una parentesi molto interessante dal punto di vista musicale e storico-musicale se si pensa in proiezione ai successivi lavori di Vikernes. La track Ham Som Reiste costituisce il primo esempio di brano ambient che caratterizzerà poi la seconda produzione di Burzum, favorita per lo più da problemi di esecuzione strumentale nel carcere dove è ancora detenuto. Sviluppa un sound medievale che va a scovare emozioni morte e ricade poi in una dimensione più concreta, ma al contempo sfumata, nella sesta track Naar Himmelen Klarner.

Si sviluppa poi sulle stesse linee estremamente dinamiche e malvagie di Key to the Gate anche Snu Mikrokosmos Tegn, che, eseguita in norvegese, straripa con una furiosa doppia-cassa e lascia la scena all’ultima e ottava track del full-length, la instrumental Svarte Troner. Brano quest’ultimo, che riprende il primo, Den onde Kysten, che non lascia però pensare a uno scenario di battaglia come all’inizio, ma a una situazione di devasto totale, con la quale si chiude tutta l’opera.

Det Som Engang Var è insomma un lavoro importantissimo, molto intenso, che con quaranta minuti totali grida tutto il significato della one man-band Burzum. Il sound di quest’album si libera decisamente della produzione di bassa qualità che era particolarmente in uso all’epoca nello scenario underground e si consolida su un’autonomia di stile che rende unica la musica del Count.
Varg Vikernes in questo modo nel ’93 vede cambiare tutta la sua vita; realizza questo capolavoro black metal e contemporaneamente con l’assassinio di Euronymous rovina di fatto la sua vita a una condanna di ventuno anni di carcere.

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