Voto: 
5.0 / 10
Autore: 
Francesco Tognozzi
Genere: 
Etichetta: 
Arts & Crafts
Anno: 
2010
Line-Up: 

- Kevin Drew
- Brendan Canning
- Justin Peroff
- Andrew Whiteman
- Charles Spearin
- Sam Goldberg
- David Newfeld
- Leslie Feist
- Emily Haines
- James Shaw
- Evan Cranley
- Amy Millan
- Torquil Campbell
- Ohad Benchetrit
- Marty Kinack
- Julie Penner
- Lisa Lobsinger
- John Crossingham

Tracklist: 

1.   World Sick
2.   Chase Scene
3.   Texico Bitches
4.   Forced To Love
5.   All To All
6.   Art House Director
7.   Highway Slipper Jam
8.   Ungrateful Little Father
9.   Meet Me In The Basement
10. Sentimental X's
11. Sweetest Kill
12. Romance To The Grave
13. Water In Hell
14. Me And My Hand

Broken Social Scene

Forgiveness Rock Record

Chi non abbia mai sentito parlare dei Broken Social Scene deve assolutamente fare un salto indietro di quasi un decennio, per andare a ripescare quel You Forgot It in the People che nel 2002 era stato uno dei dischi più acclamati della scena indie internazionale. Fautore di una musica corale e ridondante, un alt-rock colto, raffinato e capace di recuperare sonorità care a tutti gli amanti della scena indipendente dal post punk in poi - strizzando spesso un occhio alla psichedelia - il collettivo canadese di stanza a Toronto, Ontario, trovò forse in quell'unica occasione l'alchimia perfetta tra le sue molteplici componenti, la quadratura del cerchio tale da elevare l'opera in questione al rango dei classici imperdibili del decennio scorso. Arrivò poi l'omonimo full-length, datato 2005, non all'altezza del suo predecessore in termini di intensità e sentimento ma in grado di riscattarlo se non altro sul piano delle vendite (oltreoceano in primis); quindi una serie, in realtà abortita dopo il secondo capitolo, di uscite a nome Broken Social Scene Presents... orchestrata dai membri fondatori e cardini Kevin Drew e Brendan Canning, con la consueta cooperazione di molti tra gli svariati strumentisti e vocalist che si sono alternati nelle file della band dai suoi esordi ad oggi.

Già, perché quella della coppia Drew-Canning, vera titolare della ragione sociale del supergruppo, è una filosofia basata sullo scambio e la contaminazione, un manifesto da circolo musicale di illuminati che porta oggi a qualcosa come 25 membri coinvolti nel progetto: un cammino di ascesi per i due partner artistici, verso una concezione di musica totale e organica, pulsante solo in funzione della reciproca interazione tra le sue numerose particelle costituenti. Una condizione da orchestra sinfonica più che da rock band, che ha ampiamente pagato in passato e che oggi, a oltre dieci anni dalla data di fondazione, mostra - e lo diciamo con un certo tono di comprensione - i segni del tempo e della stanchezza, rivelandoci i BSS in una livrea quantomeno opaca.

Prodotto da un luminare del post rock del calibro di John McEntire, Forgiveness Rock Record si presenta come il tentativo di colmare i vuoti del sound dilatato e corale degli esordi - che già nelle ultime sortite aveva dato cenni di indebolimento - con l'utilizzo, tutt'altro che marginale, di elettronica easy-listening e richiami piuttosto telefonati agli Ottanta (quando non ai primi Novanta), in una decisa virata verso un 'post pop' baroccheggiante che oggigiorno potremmo definire prevedibile, conoscendo ormai fin troppo bene i connotati del mood imperante tra i numerosi alfieri dell'indie canadese. Ma tutta la buona volontà di costruire un caleidoscopio di popular music a tinte vivaci rimane implicita nelle intenzioni della kolossal band di Toronto, che imprime al contrario pennellate assai sbiadite sulla tela, al punto di ridurre fortemente il proprio appeal con un severo smussamento degli angoli come unica, rilevante conseguenza del nuovo ordine. Così, al posto dei ritratti tesi e claustrofobici di You Forgot It in the People, carichi di rancore e malinconia, ci ritroviamo un brodino piuttosto insipido sotto il naso, che si trascina stancamente giù, liscio e senza nemmeno un sussulto; va da sé che il songwriting, come se fossero finite le storie da raccontare, ci regala poco più che triti chorus ["off and on is what we want / what we want is off and on / off and on is what we want / what we want is off and on"] e improbabili siparietti in botta e risposta ["texico bitches this town is going down (sparkle like an oil drum?) / texico bitches i hope you stick around (I'm meltin' like a snocone) / texico bitches the gun's beneath the youth (topple like a volvo???) / texico bitches this story needs some truth (truth)"].

Se l'incipit di World Sick convince con un battito tribale e lo spontaneo rincorrersi di chitarre liquide e giochi di synth, pur pagando l'eccessiva lunghezza e i noiosi intermezzi da rock anthem, lo stesso non si può dire della pretenziosa Chase Scene che suggella un surreale incontro di elettronica ottantiana, falsetti prelevati dall'immaginario black di più bassa fattura e post rock da TV on the Radio in fase di stanca. Sulla stessa lunghezza d'onda, tutto il prosieguo è un alternarsi di momenti buoni (per non dire modesti) e un po' meno (per non dire del tutto evitabili): così le buone intenzioni che fanno di Texico Bitches un divertente e colorato siparietto di American culture - seppur coronato da irritanti urletti a-là Michael Jackson - e di Art House Director un godibile estratto di pop orchestrale dal repertorio più scanzonato del vate Sufjan Stevens, cedono presto il passo al diagramma piatto dell'electro-rock asettico di All to All, corredato sul finale di archi che si adagiano fin troppo comodamente sugli allori degli Arcade Fire, e allo scialbo riempitivo folktronico di Highway Slipper Jam. Forced to Love promette bene, con il suo viluppo di rock arrembante e fiati dal gusto retrò, ma al terzo ascolto non se ne può già più e i Broken Social Scene finiscono per interpretare, tristemente, la caricatura di sè.
Buio all'orizzonte, e in questo clima ben poco felice ci fa un figurone la monumentale Ungrateful Little Father, che vede finalmente la chimica degli strumenti dare un senso a tanto volume di suono, con suggestivi incastri di corde, glitch e puntuali rintocchi di piano a colorare un riuscito collage in mid-tempo; non fosse per la seconda metà del pezzo, che si perde inspiegabilmente in una superflua lungaggine space-ambient. Non male anche l'acido melodic rock di Water in Hell, che con un po' di sforzo d'immaginazione ci riporta a tratti alla mente i Dinosaur Jr. e i Sonic Youth delle ultime uscite; e i richiami ovattati al kraut più benevolo di Sentimental X's, compitino facile facile, portato a termine senza prendersi troppi rischi, perché i BSS non sono certo Fugiya & Miyagi. Vorremmo raccontare qualcosa di più e di meglio, ma anche per quel che resta c'è poco da salvare: Sweetest Kill ci conduce su sponde Nineties in una passeggiata dal gusto trance fin troppo sul velluto; Meet Me in the Basement e Romance to the Grave sono ancor meno intraprendenti e si guadagnano a lungo poco più che un ascolto distratto; Me and My Hand vorrebbe essere la My Body Is a Cage della situazione, ma non è a conti fatti che una lamentosa outro, che nulla aggiunge a quanto ascoltato fin qui.

L'impressione che ci perseguita lungo l'intera durata del platter è, in sostanza, che i Broken Social Scene non stiano facendo altro che ripercorrere i propri passi (e spesso e volentieri quelli altrui) in chiave pop, indubbiamente in maniera più esotica e accessibile rispetto ai bei tempi andati, ma con risultati assai meno catchy. Un paradosso che spesso colpisce chi decide di mirare verso rotte più comode senza avere realmente la capacità di indossare certi abiti; stavolta è toccato a Drew e Canning e al loro variopinto e sterminato ensemble di collaboratori, i quali, ahinoi, raccolgono solo le briciole nell'encomiabile tentativo di trasformarsi in camaleonti dell'electro-pop. Senza arte né parte, questo Forgiveness Rock Record, e chissà che i due architetti della superband non decidano di dare qualche deciso ritocco al loro fastoso cast, a partire dalla prossima sortita in poi. E allora, magari, torneremo a parlare con entusiasmo di un collettivo che ha già saputo lasciare un'impronta indelebile nella storia del rock indipendente.


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