Voto: 
7.2 / 10
Autore: 
Marco Lorenzi
Genere: 
Etichetta: 
Saddle Creek
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Conor Oberst – voce, chitarra, piano, organo
- Mike Mogis – chitarra, basso, percussioni, mandolino, vibraphone
- Nate Walcott – organo, piano, sintetizzatore, piano elettrico
- Matt Ward – chitarra, voce
- Jason Boesel – batteria
- Clark Baechle – percussioni


Tracklist: 

1. Clairaudients (Kill or Be Killed) (06:08)
2.  Four Winds (04:16)
3.  If The Brakeman Turns My Way (04:53)
4.  Hot Knives (04:13)
5.  Make A Plan To Love Me (04:14)
6.  Soul Singer In A Session Band (04:14)
7.  Classic Cars (04:19)
8.  Middleman (04:49)
9.  Cleanse Song (03:28)
10.  No One Would Riot For Less (05:12)
11.  Coat Check Dream Song (04:10)
12.  I Must Belong Somewhere (06:19)
13.  Lime Tree (05:53)

Bright Eyes

Cassagada

Connor Oberst è tornato. “Cosi presto?”, direte voi. Esatto, a due anni dall’uscita dell’ultimo disco in studio targato Bright Eyes e ad uno dalla raccolta di rarità, il progetto di questo giovane cantautore del Nebraska continua a sfornare novità. Lo fa con questo Cassagada, ultimo capitolo di una discografia già grande, a dispetto dell’età e del tempo trascorso da Oberst sulla scena.
Ma d’altronde, Connor Oberst è questo: un ragazzo giovane e fico, con una testa piena di note semplici semplici e idee pronte ad essere tradotte in musica. Lo dimostra ancora, a voce alta, tanto che questo Cassagada è stato attesto a braccia aperte come un disco forse un po’ saputello e presuntuoso, ma pronto a innestarsi nel mercato d’oltre oceano come l’ennesimo colpo di grazia ad una scena Pop sempre più scadente. Quello di Bright Eyes è un Pop indipendente di grande classe, in effetti. Quattro note in croce? Può darsi, ma Oberst con queste quattro note sembra farci l’amore, tanto le culla, tanta è la cura con cui le accarezza e le ricama, tanto è bravo a mostrarne l’essenza, in breve.

Cassagada
segue di poco l’EP Four Winds, omonimo della canzone più rappresentativa dell’intero lavoro di Bright Eyes, che prende pure ispirazione per il titolo. Cassagada, infatti, è una piccola comunità indipendente della Florida; il suo nome pare derivare da un’antica tribù. Luogo magico e ricco di fascino, si narra che Cassagada sia abitata per lo più da persone con poteri che sfociano nel paranormale. Acqua sotto le rocce è la traduzione della parola nel suo significato originale.
E’ la prima pennellata d’autore di Oberst, che ancora una volta riesce a mettersi al pari, se non talvolta un gradino sopra, di certi (pluridecorati) colleghi cantautori americani.
Four Winds, lo dicevamo poche righe sopra, è la prima perla, un pezzo che ci mostra l’essenza del Bright Eyes più rinnovato. L’andamento è da titoli di coda di un film di quelli che lasciano il gusto amaro su un sorriso appena abbozzato. Oberst disegna traiettorie quasi impercettibili con i violini, che fanno da contrappunto ad un tappeto di archi e organi a dir poco affascinante. Siamo già in pieno viaggio verso Cassagada, e Bright Eyes colpisce ancora nel punto cruciale. E’ il fascino delle liriche a lasciarci attoniti, a braccetto con l’arrangiamento.

Partenza in medias res, quindi, con il disco che pian piano si sposta, o sarebbe il caso di dire si evolve, da sonorità quasi Country a nuove sperimentazioni Folk. Il risultato lo si legge tra le note di tracce quali If the Brakeman Turns My Way, ballata di sicuro impatto emotivo, oppure in pezzi semi-orchestrali (con innesti elettrici) come Hot Knives e Make a Plan To Love Me. In quest’ultima, l’incipit con archi e flauto fanno ricordare qualche opera classica di altri tempi. E’ la grande capacità di Oberst: quella di sorprendere sempre l’ascoltatore, in un modo tutto suo e in qualunque situazione.
Bright Eyes è sinonimo di Indie Rock, quello maturo e sempre alla scoperta di nuove terre musicali da colonizzare, con spruzzate di Pop d’autore, di Folk scanzonato e qualche punta di follia musicale che non guasta mai. Cassagada interpreta una tale definizione in maniera pressochè perfetta. E’ un disco denso, maturo, suonato con minuzia di dettagli e particolari, in cui Oberst non perde la vena creativa che lo ha sempre contraddistinto.

Non è un capolavoro, d’accordo. In qualche istante può apparire un disco quasi melenso, ma in altri sorprende per la freschezza e la ventata di novità che porta sulla scena odierna nonostante siano, in effetti, i soliti accordi girati in mille combinazioni.
Chi dice che la genialità di Oberst sia un po’ sbiadita, a nostro modo di vedere dovrà ricredersi, e non di poco. Bright Eyes continua a stupire, perché anche questo Cassagada uscirà difficilmente dal lettore una volta ascoltato ed assaporato in tutte le sue (mille) sfaccettature.

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