Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Genere: 
Etichetta: 
Beggars Banquet
Anno: 
2000
Line-Up: 

- Martha Schwendener - basso, tastiere, voce
- Lawrence Chandler - programmazione, chitarra, tastiere

Tracklist: 


1. Floating World
2. Lushlife
3. Shook Ones
4. Psalms of Survival
5. Soul City
6. Freedom Fighter
7. Saved
8. Deep Blue
9. After Landing
10. Passages

Bowery Electric

Lushlife

Successivamente alla pubblicazione di Beat i Bowery Electric entrano in un periodo di pausa della durata di quattro anni prima di dare alla luce un nuovo disco (ad esclusione della compilation di remix Vertigo), rispetto al precedente periodo di attesa di un anno solo.
In questi anni il duo rimane letteralmente folgorato dal trip hop di Bristol, al punto da convertire il proprio stile per abbracciare tutte le caratteristiche tipiche di questo genere: ne risulta così il notturno e fumoso Lushlife, pubblicato nel 2000 e che segna una profonda rottura con gli esordi.

Quindi, battito cupo e rallentato a fare da ossatura ai pezzi, atmosfere cupe e metropolitane, bassi dub e campionamenti acidi ad arricchire il tessuto sonoro sofferente e tendenzialmente minimalista (oltre che costantemente impregnato di un disagio psicologico di fondo che ricorda i Portishead) messo in scena dal gruppo. Alcuni elementi vicini al trip hop erano già stati introdotti in alcuni brani del precedente Beat, ma questa volta i Bowery Electric compiono una vera e propria muta che li fa sembrare quasi un altro gruppo, perlomeno rispetto al debutto omonimo.
Purtroppo c'è un fattore che impedisce al disco di suonare convincente al 100% e che, per così dire, tarpa un po' le ali al gruppo: ed è lo stesso camaleontico adattamento musicale dei Bowery Electric. Perché il cambiamento tradisce un sapore a volte troppo artificioso e i vari stilemi caratterizzanti del trip hop suonano spesso come dei topoi stilistici "presi in prestito" per un esperimento costruito a regola d'arte. Di loro i Bowery Electric ci mettono comunque il mood personale, le atmosfere evanescenti, in parte le linee vocali e anche l'andamento ripetuto delle canzoni, quest'ultimo elemento che può essere visto sia positivamente (se preso come una significativa e caratterizzante enfasi del lato più freddo, disumanizzante e angosciante della musica del gruppo), sia negativamente (se preso come una strutturazione monotona e ridondante se non addirittura come una pecetta per mascherare una mancanza di ispirazione con la ripetizione di una singola idea funzionante).
Rimane in ogni caso un disco in cui vi è una cura certosina nell'assemblaggio delle basi e nella scrittura delle melodie, dotato di una sua propria eleganza.

Floating World avvia il disco con la sua cadenza mesmerizzante e le avvolgenti atmosfere fumose. La voce di Martha Schwendener è bassa e afflitta, seguendo l'animo cupo del disco, mentre le strings di sottofondo creano un misto di spettralità e atmosfere post-industriali che esalta la malinconia della canzone. Notevoli i bassi pulsanti che trascinano l'ascolto con fermezza, mentre gli sporadici scratch condiscono il tutto.
La titletrack Lushlife inizia con atmosfere che sembrano riprese direttamente dal tessuto cinematico dei Portishead, ma non appena partono gli spediti beats le sonorità di sfondo mescolano un'emotività soffusa alla Massive Attack (strings, pianoforte lounge) con un'evanescenza che si avvicina al dream pop dei Cocteau Twins, ma il tutto viene dilatato fino a quasi 8 minuti ripetuti seguendo lo schema che i Bowery Electric si portano dentro fin dalla nascita. La prestazione vocale della Schwendener si mantiene su alti livelli e così sarà più o meno per tutto il full-lenght, mentre i giri di basso propongono un dub elastico ed ossessivo.
Shook Ones ha probabilmente i beats più incalzanti dell'intero album, supportati da impreziosimenti sonori di contorno (chitarre accennate, campionamenti d'archi minimalisti, tappeti di tastiera stranianti) su cui si adagiano i bassi acidi ed alienanti. Psalms of Survival si mantiene sugli standard del trip hop senza tante sorprese, rendendolo più caustico ripetendo continuamente poche note di tastiera accanto al continuo aggiungere samples eterei.
La bella strumentale Soul City è più stemperata, grazie alle stratificazioni di tastiera più dolci e alle ritmiche marcate ma che navigano leggere sulle distese atmosferiche di sfondo.
Freedom Fighter è un brano che risalta particolarmente all'interno del disco, poiché davvero fuori dagli schemi: battito accelerato e spedito, vocals più sciolte, attitudine relativamente più pop, tastiere morbide, adesione radio-friendly alla forma canzone convenzionale e ritornello molto orecchiabile. Una hit gustosa e trascinante, decisamente in contrasto con l'oscurità (pur mantenendo una certa malinconia di fondo) di altri pezzi, ma dagli arrangiamenti ugualmente raffinati e ulteriormente arricchito da una lieve effettistica da shoegazers per le chitarre.
Saved comincia con uno dei clichè del trip-hop, cioè il basso dub, seguito da beats uptempo e le solite strings che però iniziano a diventare leggermente banalotte - ma fortunatamente compensano ampiamente campionamenti dolenti e droni distorti che aumentano a dismisura l'angoscia e lo spessore del pezzo, che diviene così fra i più tetri ed espressivi.
La successiva Deep Blue è una mesta ballata notturna fra costruzioni atmosferiche alla Massive Attack, downtempo più vicino ai Crustation e piccoli inserti lisergici che strizzano l'occhio ai Portishead.
Invece After Landing mescola interessantemente beats più legati all'hip hop con effetti acidi e riempimenti che sembrano una versione più funerea e "filtrata" del dream pop, mandato avanti dalla voce leggera e suadente (in opposizione alle basi più marcate) della Schwendener.
La lunga e finale Passages è un fumoso e avvolgente trip hop dalla forte componente ambient nelle tastiere che pervadono l'atmosfera, contemporaneamente ritmiche differenti si alternano fra loro mostrando un buon uso versatile della drum-machine.

Si conclude così quest'album, in sè ricco di potenziale, ma tradito dalla sensazione complessiva che la svolta sonora sia a volte un esercizio di stile modellato secondo un linguaggio già consolidato altrove e ora semplicemente rivisitato senza troppe rielaborazioni. Le pregevoli atmosfere corpose, la prestazione canora eccellente e gli ottimi spunti melodici legati fra di loro dal duo americano tramite arrangiamenti eleganti ed efficaci vanno a costituire così un insieme penalizzato da una maggiore prevedibilità rispetto al precedente Beat e dall'eccessivo legame ai luoghi comuni del trip hop. Ma Lushlife merita comunque di essere ascoltato, se non altro per assistere all'interessante ricerca sonora del gruppo e per assaporarne le canzoni migliori.

In definitiva c'era il potenziale per sfiorare il capolavoro, che però rimane inespresso. All'epoca si sarebbe potuto affermare che il disco poteva essere considerato un lavoro di transizione, in cui i Bowery Electric si limitavano a sperimentare nuove sonorità da cui erano stati affascinati con la prospettiva futura di creare successivamente un anello di congiunzione fra lo stesso Lushlife ed il precedente, significativo Beat, riagganciando quanto appreso nella parentesi alla propria matrice personale già consolidata in precedenza. Un lavoro quindi di sintesi dei due differenti mondi musicali con tutto il potenziale per risultare una pietra miliare innovativa ed originale, ovviamente se il tutto fosse stato rielaborato con ispirazione senza limitarsi a sovrapporre i due dischi e basta.
Purtroppo le cose non andarono così, perché i Bowery Electric si sciolsero poco dopo, quando avrebbero potuto dare ancora molto alla musica assieme. Separatamente, invece, Chandler avrebbe collaborato con numerosi progetti (il super-progetto Experimental Audio Research) e realizzato diversi remix, mentre Schwendener avrebbe pubblicato un disco nel 2003 sotto il monicker Echostar.

Concludiamo quindi, considerandoli con il rammarico del "chissà se...", la discografia di uno dei più significativi gruppi incompiuti della storia musicale.

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