Voto: 
8.1 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Genere: 
Etichetta: 
Vertigo/Sanctuary/Castle
Anno: 
1972
Line-Up: 

- Ozzy Osbourne - voce
- Tony Iommi - chitarra, pianoforte, mellotorn
- Geezer Butler - basso
- Bill Ward - batteria

Tracklist: 

1. Wheels of Confusion/The Straightener (08:00)
2. Tomorrow's Dream (03:08)
3. Changes (04:43)
4. FX (01:40)
5. Supernaut (04:43)
6. Snowblind (05:28)
7. Cornucopia (05:31)
8. Laguna Sunrise (02:52)
9. St. Vitus Dance (02:27)
10. Under the Sun/Every Day Comes & Goes (05:51)

Black Sabbath

Vol. 4

Il 1972 è uno degli anni più importanti nella storia del rock più duro. Ed è proprio in quest'anno che Ozzy & soci incontrano subito la definitiva consacrazione con il loro ultimo attesissimo album, che finiscono per registrare nel '72 in California (è il loro primo album registrato al di fuori del Regno Unito).
Inizialmente doveva chiamarsi Snowblind, accecato dalla "neve". Non ci vuole molto tempo prima di intuire che il riferimento è a uno dei tanti nomignoli di una delle droghe più tristemente note, la cocaina. E' una conclusione che salta subito, in maniera naturale, alla mente, e così accadde per i manager della casa discografica dei Black Sabbath. E ovviamente ne seguì una censura preventiva sfruttando il proprio potere contrattuale. Fu così che i quattro di Birmingham optarono per un più discreto Vol. 4, ad indicare, un po' banalmente, che quello era semplicemente il loro quarto album, mentre la parola proibita sarebbe rimasta solo nella ormai ex-titletrack... che sarebbe stata toccata anch'essa dato che nel testo il vecchio Ozzy ripeteva ossessionatamente la parola "cocaine".
Breve parentesi, riguardo il titolo, alcuni sostengono una seconda tesi, secondo la quale la canzone si rifarebbe in realtà ad un romanzo anni '60, in Italia importato con il titolo di "l'Eternauta", per il quale la "neve" citata non sarebbe nient'altro che un riferimento alle ceneri radioattive del fallout nucleare menzionate nel libro. Comunque, considerando il tanto chiasso fatto attorno a queste due parole e alla già menzionata storia del fraseggiare "cocaine", sembrerebbe più probabile la storia della droga. E poi, nelle note del booklet i BS ringraziano "the great COKE-Cola company"... in ogni caso, veniamo al dunque.

Primo brano: la lunga e leggermente tinta di psichedelia Wheel of Confusion viene introdotta da un riff blueseggiante lamentoso e sofferente. Subito si sviluppa verso un rock meccanico ed elettrico, strutturandosi su di un riff ripetuto e su di un'atmosfera dal retrogusto decadente, alternandosi ad altre parti in cui questo schema cede il passo a ritmiche più veloci e a delle chitarre molto catchy, ma mai private di quel mood cupo che caratterizza lo stile dei Sabbath. L'assolo, inoltre, è un lampante esempio di proto-metal, proiettando la memoria dritta verso lo stile veloce e tagliente che innumerevoli formazioni forgeranno traendo ispirazione dalla musica di molti gruppi settantiani, in particolar modo Ozzy e compagni, punto di riferimento importantissimo. Tomorrow's Dream è invece praticamente un proto-stoner, con una serie di ripetitivi e ripetuti riff bassi, ruvidi e densi. Il brano è molto più breve, davvero orecchiabile e adatto ad essere una hit del disco.
Changes è forse la canzone più famosa, ma più perché molto discussa: è una ballata, e anche abbastanza mielosa (aggettivo che può essere negativo o positivo a seconda dei punti di vista). Ufficialmente il primo pezzo dei BS ad impiegare le tastiere (ufficiosamente un pianoforte semi-nascosto era già presente in Planet Caravan) oltre che un docile mellotron, la sua notorietà sta proprio nelle linee melodiche dolci e nostalgiche, sulle quali Ozzy adagia la sua voce che narra di una relazione troncata (secondo alcuni quella con la sua prima moglie). Praticamente è come se il diavolo si improvvisasse provetto poeta provenzale del medioevo, e ciò ha fatto storcere parecchio il naso a molti fan della formazione: il fatto è che in questa versione i Black Sabbath sembrano davvero poco credibili ai sostenitori di quei nichilisti e occultisti esponenti del rock più duro e oscuro dei tempi, e quando se li videro improvvisamente smettere le loro vesti per indossarne di simili ad una sorta di Beatles più malinconici piovvero diverse critiche. Alcune malelingue suggerirono che il brano fu scritto ad hoc sotto suggerimento della label; successivamente, però, nella scelta di certe sonorità ci si vide, ribaltando completamente l'opinione comune, una certa auto-ironia, mentre in altri casi si pensò a semplice desiderio di sperimentare qualcosa di diverso. Comunque sia, noi troviamo interessante e curiosa questa uscita dagli schemi; e poi, in definitiva, pur non gridando al miracolo in quanto a ricercatezza ed originalità, la canzone si lascia ascoltare davvero piacevolmente. Ci sentiamo quindi di consigliare ai fan di non schifarla subito come molti fecero in passato; fortunatamente, sono molti anche coloro che hanno apprezzato questa novità, senza buttarla via spaventati perché lontana dal lato più macabro e oscuro del gruppo.
Parentesi interessante quella di FX, che a qualcuno in quegli anni sembrò niente di più che una stravagante sperimentazione composta da una chitarra effettata unita al suono distorto di qualche seggiolina che oscilla, ma che noi definiamo invece dall'atmosfera fredda, misteriosa e inquietante, particolarmente efficace soprattutto in contrasto con la precedente ballad. Molto accattivante l'hard rock blueseggiante di Supernaut, uno dei brani migliori dell'album: semplice e diretta, trascina con il suo memorabile riff e la batteria incalzante. Meritatamente uno dei pezzi più famosi dei Sabbath.
Viene ora Snowblind, più melodica e soffusa ma senza abbandonare quella certa dose di energia che la rende un altro pezzo da 90 del disco. Una miscela di piano e lento che però non ha incontrato spesso i favori degli ascoltatori, venendo rivalutata maggiormente solo in tempi più recenti; riguardo inoltre la già citata storia della censura, sembra che nel tour seguente l'uscita di quest'album Iommi avrebbe esibito sulla sua chitarra un adesivo di ringraziamento verso la "CoCa Cola".
Cornucopia
torna a mostrarci cose che vedremo più approfonditamente dieci anni dopo e oltre: sebbene il songwriting sia ancora impregnato dell'ottica settantiana, il riff iniziale è un doom quasi così come verrà suonato a fine anni '80. Sembra davvero ingiusto nei confronti dell'innovatività degli inglesi che ci sarebbero voluti ben quindici anni circa per vedere diffondersi globalmente queste sonorità, eppure è così. Ballata strumentale acustica, Laguna Sunrise ha un titolo decisamente più da Eagles che da Sabbath, così come le sonorità, placide ed evocative (con tanto di violino), sono spesso sembrate troppo estranee ai molti fan del riff orrorifico della titletrack dell'omonimo esordio degli inglesi. Ancora una volta, in realtà, il cambio di registro è una parentesi interessante, oltre che molto gradevole.
Torniamo sugli schemi normali dell'album con St. Vitus' Dance, che in alcuni riff sembra riprendere Wheels of Confusion con un piglio più bluesy. E' molto più breve, comunque (poco più di due minuti) ed anche un po' più scanzonata, soprattutto nei refrain con tamburello, ma ugualmente capace di sfoderare la grinta del rock pesante anni '70. Condividete il discorso dell'anticipare il doom di prima? Bene, Under the Sun invece ci catapulta anche oltre, e lo fa in maniera maggiore di quanto lo facesse Cornucopia. Angosciante. Innovativa. Geniale. Inoltre, memorabile l'assolo finale.

Riguardo questo ruolo nei confronti del doom, alla luce di taluni brani viene da chiedersi se i Black Sabbath siano davvero soltanto degli iniziatori di qualcosa che troverà forma definitiva in seguito o se possono essere affrancati di aver suonato già qualcosa che verrà compreso e riscoperto soltanto molto tempo dopo; il confine inizia a farsi esile. In tutto il resto, comunque, abbiamo l'ottima conferma di un gruppo il cui status di grazia ha ancora una freccia pronta ad essere scoccata nella propria faretra: e i Black Sabbath l'avrebbero fatto entro pochissimi anni.

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