Voto: 
6.0 / 10
Autore: 
Gabriele Bartolini
Etichetta: 
Nonesuch
Anno: 
2011
Line-Up: 

- Dan Auerbach
- Patrick Carney

Tracklist: 

01. Lonely Boy
02. Dead and Gone
03. Gold on the Ceiling
04. Little Black Submarines
05. Money Maker
06. Run Right Back
07. Sister
08. Hell of a Season
09. Stop Stop
10. Nova Baby
11. Mind Eraser

Black Keys, The

El Camino

Ai Black Keys è sempre piaciuto molto comportarsi da veri americani. Ricorderete a proposito il party spazzatura in cui si autocoinvolsero in occasione del (recente) tributo a Buddy Holly, ma forse basterebbe solamente ricordare le origini del loro nome, sorto dopo l' incontro con uno stralunato soggetto dell' Ohio, dal cui sobborgo di Akron provengono loro stessi. Ma se c'è una cosa in cui gli americani eccellono, si tratta senza dubbio della passione per le auto, e per la sua relativa manutenzione. Incredibile ma vero Dan Auerbach e Patrick Carney hanno deciso di comporre un disco, intitolato El Camino e rilasciato come di consueto da tre anni a questa parte dalla Nonesuch, totalmente perseguitore della malsana idea di rappresentare in tutto e per tutto la soundtrack per viaggiare in perfetta sintonia sul furgone omonimo, datato millenovecentonovantaquattro, con tanto di spot e sito (wannabuyavan) annesso. Posto che il sottoscritto non possiede tale veicolo, non è difficile capire che tale ilare lavoro - che segue a ruota di un anno il loro masterpiece, quel Brothers eletto da critica e pubblico uno dei dischi migliori del duemiladieci - è volto a rivelare il lato più scherzoso della band (a detta loro ispirata senza mezzi termini dai Devo per questo aspetto) e magari a calmare le acque dopo la rivoluzionaria produzione di Danger Mouse del succitato precedente disco o l' attesa spasmodica per la seconda imminente release del side-project Blackroc, un nome che ci deve ancora molte spiegazioni.

Non stupirà quindi la decisa sferzata sulla musica degli esordi che i nostri compiono se l' obiettivo è quello di comporre un sapiente juke-box carico di undici nuovi brani sapienti nell' esaltare la loro capacità di produrre singoli di successo. Abilità che costituisce la colonna vertebrale per quaranta minuti di puro frizzante blues-rock fatto friggere con una produzione (di nuovo a carico di Patrick e del roditore Brian) capace di far emergere le tradizionali armonie indie-rock in cui molto spesso il gruppo indulge, e che esorta i Black Keys ad identificare la famosa formula pop molto spesso vincente di Brothers come il vero asso nella manica. Tutto molto bello quindi, soprattutto nei momenti in cui il tutto si stabilizza su di un rock diretto, senza fronzoli ideale per raccogliere attorno ai nuovi motivetti gli album che più vantano tali doti, ovvero i vincenti Rubber Factory e Magic Potion. A ciò aggiungiamo una scarnezza a metà fra The Big Come Up e Thickfreakness, ed ecco che il successo di El Camino è già imminente.

Concettualmente non c'è molto altro da aggiungere, se non uno stile caratteristico per il fatto di non limitarsi mai, nemmeno quando, da buoni americani, bisogna tirare fuori il villoso petto hard-rock alla maniera dei fulminanti Queens of the Stone Age di Rated R, limpidi e con solo un desiderio in testa: spaccare tutto. La partenza è subito scottante, con il fritto misto ammaliante di surf accennato e riff granitici del primo singolo estratto Lonely Boy, ma non che il resto si faccia attendere. Perfetto esempio di ciò sono l' ipnotica Run Right Black o le possenti citazioniste Mind Eraser e Sister - quest' ultima con un ritorno elettrico formidabile - per non parlare di Little Black Submarines, la ballatona country del disco. Ma tra i Cramps ed i White Stripes il passo è breve: da non sottovalutare infatti sono anche le più moderne Stop Stop e Nova Baby, che tra coretti ed handclapping strizzano l' occhio anche al pubblico indie.

El Camino è la perfetta contraddizione di cui solo gli americani sono capaci. Nessuno infatti dopo la scorpacciata di premi del duemiladieci si sarebbe aspettato dei Black Keys ancora assiduamente sul pezzo, volti sì verso una inedita veste da giullari del blues-rock ma nonostante ciò sempre carismatici ed incisivi, pronti a metter la propria personalissima impronta ovunque se ne senta il bisogno.  El Camino, sotto questo aspetto, andrà ad identificarsi nella loro discografia come l' uscita più trascurabile, complice una produzione che rende il prodotto finale per la prima volta fruibile a tutti. Ma diffidate dagli aggettivi, perché le qualità e la capacità di coinvolgimento del duo si dimostrano ancora una volta impareggiabili. A questo punto, non mi resta che augurarvi un buon viaggio.

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