Voto: 
9.0 / 10
Autore: 
Paolo Cazzola
Genere: 
Etichetta: 
Regain Records/Self
Anno: 
2007
Line-Up: 

Nergal - voce, chitarra
Seth - chitarra
Orion - basso
Inferno - batteria, percussioni

Guest:
Warrell Dane - voce in Inner Sanctum


Tracklist: 

1. Rome 64 C.E.
2. Slaying the Prophets Ov Isa
3. Prometherion
4. At the Left Hand Ov God
5. Kriegsphilosophie
6. Be Without Fear
7. Arcana Hereticae
8. Libertheme
9. Inner Sanctum
10. Pazuzu
11. Christgrinding Avenue

Behemoth

The Apostasy

Nel fitto ed intricato panorama Death Metal attuale, un posto di assoluto privilegio è riservato ai Behemoth. La band polacca ha saputo conquistare, con gli anni, una posizione rispettabilissima all’interno del genere, usando la tecnica e la composizione ad altissimi livelli come assi nella manica. Il passato della band tuttavia è totalmente diverso: fino al 1998 la band era dedita ad un Black Metal di puro stampo est-europeo, molto simile a quello proposto dai primi Graveland, per intenderci. Tuttavia fin da allora si potè capire quale fosse la portata dei Behemoth: il loro black dalle tinte così mistiche, arricchito da inserti acustici non passò di certo inosservato.

Da Satanica in poi, la band guidata dal carismatico frontman Nergal ci ha regalato, uno dopo l’altro, solo dei capolavori, tanto particolari quanto progressivamente lontani dal Black degli esordi. In particolare, Demigod rappresentava la completa maturazione stilistica e compositiva della band, lasciando allibiti sia i fan che i non addetti ai lavori. Dopo un disco del genere, dopo aver aspettato tre anni e all’indomani dell’uscita del nuovo capitolo discografico del gruppo, la domanda sorge spontanea: i Behemoth hanno saputo far meglio di Demigod? Assolutamente si.

The Apostasy, non ha assolutamente niente da invidiare al pluripremiato Demigod, anzi per certi versi l’ultimo disco dei Behemoth è addirittura migliore. Esso rappresenta un ulteriore maturazione stilistica, e un innalzamento compositivo fuori dal normale. In poco più di quaranta minuti la band polacca riesce a creare una perfetta fusione tra violenza esecutiva ed epicità, partorendo l’anello più brutale e allo stesso tempo più evocativo di tutta la sua discografia. Parlando invece di tecnica, il miglioramento collettivo è più che evidente: in particolare Inferno riesce in questo disco a toccare livelli a dir poco spaventosi, elevandosi a vera e propria “marcia in più” della band.

E’ oltremodo impossibile segnalare quali siano i pezzi migliori di questo album. A partire dall’intro Rome 64 C.E., così marziale e potente, fino ad arrivare alla devastante Christgrinding Avenue si susseguono undici perle di rara bellezza e violenza. Slaying the Prophets Ov Isa ricorda per incedere la fantastica Sculpting The Throne Ov Seth (da Demigod), velocizzata e resa due volte più distruttrice di quest’ultima. La prima cosa che salta all’orecchio è la voce di Nergal. Infatti il vocalist ha affinato moltissimo la sua tecnica in questi anni, prendendo anche lezioni di canto, e arrivando ad accantonare quella voce così particolare e quasi effettata di Demigod, che aveva fatto storcere il naso a moltissima gente. Prometherion è invece uno dei pezzi di punta dell’album: il riffing così variegato e maestoso riesce a infondere un epicità non indifferente, anche supportato da doppie voci e da melodie tipicamente mediorientali. Si passa a At the Left Hand Ov God, picco epico di The Apostasy. La canzone, fiera debitrice del suono-Nile, riesce a mettere in pratica gli insegnamenti del gruppo di Sanders, risultando maestosa e oscura nel suo incedere. La maestria e la ricerca sonora sprigionata dal gruppo si riflette appieno in quelli che sono i testi dell’album, ispirati ai viaggi e alle riflessioni compiuti da Nergal in Turchia, Israele e Nepal.
A seguire due vere e proprie sfuriate in pieno stile Behemoth, ovvero Kriegsphilosophie e Be Without Fear. La prima crea un muro sonoro praticamente invalicabile supportato dalle ritmiche serratissime di Inferno, mentre la seconda, con il suo incipit così potente e fiero risulta addirittura più particolare. Arcana Hereticae si affida, per creare l’atmosfera e l’epicità giusta, ad un trio di ottoni e alle chitarre di Nergal e Seth, abilissime nel tessere melodie e riff devastanti. Inner Sanctum, oltre a vantare la presenza di Warrell Dane dei Nevermore, è la traccia più personale e particolare di tutto The Apostasy. Fin dall’intro di piano (suonato dal famoso pianista polacco Leszek Mozdzer) si intravede tutta il talento e la sincerità compositiva della band, dimostrata anche nella sapiente scelta degli stacchi e degli inserti acustici, volti alla ricerca epica sempre presente in tutti i solchi del disco. Si passa quindi dal massiccio andazzo di Libertheme alla furia cieca e impassibile di Pazuzu, per poi chiudere il disco con la già citata, magnifica, Chrisgrinding Avenue.

Arrivati alla fine, il giudizio di The Apostasy è chiaramente univoco: un disco senza punti deboli, senza canzoni sotto la media, che riesce a mettere d’accordo i difficili e variegati appetiti dei deathster sparsi per il globo. I Behemoth sono riusciti, in tre anni, a rivoltare il loro stile come un calzino, arrivando addirittura a superare quello che veniva considerato il loro capolavoro assoluto, ovvero Demigod. Riassumendo: se non il disco estremo dell’anno, qualcosa di molto vicino. Un peccato mortale non averlo.

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