Voto: 
6.0 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Sub Pop
Anno: 
2010
Line-Up: 

- Victoria Legrand - Voce, Organo
- Alex Scally - Chitarra, Batteria, Tastiere

Tracklist: 

1. Zebra
2. Silver Soul
3. Norway
4. Walk in the Park
5. Used to Be
6. Lover of Mine
7. Better Times
8. 10 Mile STereo
9. Real Love
10. Take Care

Beach House

Teen Dream

Entrare tra le fila della Sub Pop dev'essere piuttosto strano per un gruppo come i Beach House. Americani di Baltimora, Victoria Legrand e Alex Scally sono tra i nomi di punta del dream pop più barocco e ricercato, il tutto dovuto essenzialmente al successo dell'omonimo esordio nel 2006 e dell'acclamatissimo Devotion del 2008: da lì il passaggio dall'indipendente Carpark alla storica etichetta di Bruce Pavitt (ora interamente nelle mani del socio-nemico Jonathan Poneman e per metà della Warner Bros.), un tempo mecenate della Seattle tutta grunge e ribellione di Nirvana, Mudhoney e Soundgarden e adesso in affari col mondo dell'indie e del pop di nicchia. Si tratta in ogni caso di un cambio d'etichetta le cui conseguenze le avrà sentite esclusivamente in termini economici il duo statunitense, proprio perchè in quello che i Beach House hanno preparato nell'ultimo studio album non ribolle nulla (o quasi) di nuovo.

Teen Dream, o dell'eterno fascino dell'adoloscenza e della spensieratezza: l'ultimo lavoro del complesso del Maryland non si allontana troppo dall'impostazione dei due precedenti dischi e tenta in ogni modo di emularne, riprenderne e approfondirne situazioni e atmosfere, riuscendovi solo in rarissimi casi. In effetti ciò che non quadra in Teen Dream è il quanto i Beach House abbiano ulteriormente limitato e scarnificato un sound di per se già molto intimo e sommesso, che si ritrova così privo della sua energia onirica più profonda, annegando spesso in un'evidente mancanza di atmosfera e di mood.

Ma ciò che in realtà frena vistosamente l'ultimo prodotto del duo americano è la stanchezza melodica dei nuovi brani, poco efficaci e nella maggior parte dei casi privi di melodie in grado di rimanere veramente impresse nella mente. Al di là della pacatezza del gioiellino psichedelico Silver Soul, della sensualità onirica di Norway e del piacevole flusso sognante di 10 Mile Stereo (specialmente nel fragore percussivo di sottofondo), Teen Dream si ricicla continuamente sulle medesime fondamenta, riprendendo spesso il soul psichedelico dei Portugal. The Man (la comunque buona Walk in the Park e i suoi arrangiamenti morbidi e ovattati) e proiettandosi indietro nel tempo fino a riesumare in chiave dreamy l'erotismo pop anni '80 (la pacchiana Lover of Mine). A salvarsi sono principalmente gli episodi in cui i Beach House osano poco e rimangono fedeli ad uno stile intimo ma non per questo non atmosferico o piacevole (i soffici rintocchi di Better Times che cullano e ipnotizzano); quando a venire fuori sono però le masse sonore più barocche e luccicanti (le noie strumentali del singolo Used to Be e le timide apparizioni sintetiche della 'natalizia' Take Care che chiude l'album), Teen Dream è come se perdesse il suo spirito più essenziale e sincero, perdendosi in inutili ghirigori compositivi e smarrendosi sotto una sequenza di melodie piuttosto insipide e trascurabili.

Rispetto all'esordio e alle emozionanti pennelate di colore e atmosfera di Devotion, l'ultimo prodotto dei Beach House risulta essere molto meno incisivo e melodicamente intenso; anche se sarebbe eccessivo parlare di un vero e proprio passo falso (di episodi buoni ce ne sono, ma troppo in minoranza per far impennare le quotazioni del disco), Teen Dream è il primo lavoro dei duo statunitense che non riesce veramente ad avvolgere e a farsi apprezzare in maniera completa. Che poi, alla fine, sarà mica colpa della Sub Pop (o della parte di Warner dentro la Sub Pop)? Chissà cosa avrebbero tirato fuori se fossero rimasti 'indipendenti'...

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