Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Beppe Diana
Genere: 
Etichetta: 
Mechanic/MCA
Anno: 
1991
Line-Up: 

- Joe LeSte - voce

- Mark Knight - chitarra

- Kyle Stevens - chitarra, cori

- Kyle Kyle - basso, cori

- Tigg Ketler - batteria, percussioni

Tracklist: 

1. Soul To Soul
2. Untied And True
3. Emotions In Gear
4. I'm In Love
5. Big Line
6. Midnight Struck
7. Dancin' On Coals
8. My Saltine
9. Dressed Up Vamp
10. Last Kiss
11. Cactus Juice

Bang Tango

Dancin' on Coals

Los Angeles fine anni ottanta, una scena musicale viva e pulsante, anche se completamente dominata dall'avvento di decine e decine di band affamate di successo pronte a tutto pur di cavalcare l'onda anomala dell'esplosione dello street/glam genere in cui, molte volte, contava più l'immagine ed il look, che la proposta musicale ed artistica fine a se stessa, un genere che, dopo gli ultimi colpi inflitti dai vari Poison e Motley Crue con i loro Flesh and Blood e Dr. Feelgood, sembrava aver detto tutto o quasi. Potete ben capire che, per reiuscire ad emergere da questa sorta di marasma generale, servivano delle soluzioni alternative, qualcosa di diverso, di realemnte interessante e che non fosse sempre e comunque la solita "roba" trita e ritrita, insomma qualcosa che restituisse credibilità e vitalità ad un genere che, di li a poco, avrebbe esalato l'ultimo respiro.
Si, è sempre stato difficile essere degli innovatori, soprattutto in un genere musicale come l'hard rock di scuola statunitense in cui gli schemi propositivi e sonori propendono sempre verso un'unica direzione, ancor di più se si arriva ad incidere un disco totalmente agli antipodi del platter precedente che invece ha ottenuto i massimi riconoscimenti da parte di pubblico e critica, ed è stato acclamato da più parti come l'esempio da imitare per arrivare ad ottenere il sostegno dei media, quello stesso successo che ti regala fama e popolarità quando sei cool, ma che ti gira le spalle al primo segno di cedimento, ecco in poche parole cosa è successo realmente ai grandiosi Bang Tango ed al loro splendido Dancin' on Coals.

Fuori dagli schemi convenzionali, sempre e comunque in continua evoluzione stilistica ed artistica, ecco cosa erano i Bang Tango all'epoca, un'evoluzione che li ha portati ad essere dapprima un'ottima risposta ai vari Cult, Cinderella e Faster Pussycat, e che alla fine li ha invece condotti su un territorio sonoro molto personale e distante, tanto distante da renderli quasi irragiungibili.
Capaci di mettersi in discussione ad ogni loro singola uscita discografica, di reinventare e donare nuova linfa vitale ai classici stilemmi hard rock grazie a sapienti incursione in campo funky, i Bang Tango, ad onor di chi scrive, pagarono solo lo scotto di non aver avuto il totale appoggio della propria casa discografica che, solo all'apparenza, sembrava aver creduto nelle loro potenzialità, anche perchè, come accennato poc'anzi, il loro debut album Psycho Cafè non solo fruttò alla band il disco di platino in terra nordamericana, ben trecentomila copie vendute in pochi mesi, con il conseguente raggiungimento della posizione 47 nelle classifiche Billboard, ma anche, e soprattutto, un successo interplanetario del video del singolo Someone Like You passato in heavy rotation su MTV e sulla nostra Video Music.
Dancin' on Coals, ovvero ballando sopra i carboni ardenti, un titolo alquanto profetico se si analizza a posteriori quello che è successo alla band negli anni a venire, questo il titolo scelto dai nostri per la loro seconda fatica discografica, è un disco di rottura arrivato forse troppo in anticipo sui tempi, rappresentando nell'insieme la risposta hard rock alle divagazioni alternative dei vari Jane's Addiction e Red Hot Chili Peppers con i quali i nostri condividevano l'amore per il funky, quei ritmi spezzati, la batteria a levare ed un basso slappato sempre in bella evidenza, elementi distintivi che, unite alle divagazioni street rock da sempre nel DNA dei cinque losangelini, creava un melange sonoro variopinto, ricco nel contempo di sfumature sgargianti.

Undici brani frutto di un estenuante lavoro da studio durato ben tre mesi, sotto la supervisione del guru Jhon Jansen (già al alvoro con Warrant, Faster Pussycat e Cinderella), contraddistinti da un songwriting maturo e pregno di arrangiamenti curati ad un livello quasi maniacale che hanno il proprio apice qualitativo su brani ricchi di feeling come l'opening track Soul to Soul pervasa da un ritmo quasi danzereccio fra partiture prettamente funky, davvero fantastici gli interventi dei fiati della Holliwood trumpet quartet, e divagazioni in campo hard rock per un ix di EMF meets Aereosmith, o della più suadente e ritmata I'm in Love, condotta per mano verso la gloria dal bass player Kyle Kyle sempre al centro dell'attenzione con il suo magico basso fretless.
Ma i Bang Tango sapevano benissimo anche come piazzare il colpaccio e garantirsi il supporto del proprio pubblico, questo grazie anche a pose plastiche stile "belli e maledetti" ed un look vampiresco che anticipava di una decade quello dei vari 69 Eyes, Type O' Negative e compagnia bella, a tal uopo un ascolto particolare se lo merita la violenta Dresset Vamp, hard rock marcio e ruvido fra richiami a Generation X, di Stooges e New York Dolls, e a brani dai forti connotati con il passato non tanto remoto dei nostri come la graffiante title track Dancin' on Coals, sorta di sapiente mix fra funky, street/punk ed echi hard rock in grado di far resuscitare i morti, il tutto contornato da una strabiliante prova dietro al microfono dell'ex L.A. Guns Joe LeStè.
La straripante e ruffiana Last Kiss, dotata di un chorus dal forte retaggio airplay, è puro bubblegum/glam sullo stile dei Cheap Trick/Poison, mentre se Midnight Struck è la solita ballad "strappamutande" e da cena a lume di candele, Emotion Gear è ancora una grande prova di maturità espressa da questa band desiderosa di esprimere al massimo delle proprie possibilità un back ground musicale molto vasto ed eterogeneo che avrebbe meritato sicuramente molta più considerazione di quella che non ha sicuramente avuta.

Era il 1991, il fenomeno grunge era già alle porte, traditi da una critica non proprio magnanima nei loro confronti prima che con il loro disco, e da un pubblico sempre più desideroso di sonorità più sporche e dirette, Dancin' on Coals finì quasi subito fra i forati e le offerte, venedo denigrato sin da subito quando invece poteva avere un'ultima chance che spero voi vogliate regalargli, anche perchè se è pur vero che il passare del tempo aiuta restituisce sempre il vero valore ad ogni cosa, è bene che quest'album possa essere rivalutato nel migliore dei modi, se lo merita, giuro.

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