Voto: 
6.6 / 10
Autore: 
Emanuele Mancino
Genere: 
Etichetta: 
Interscope
Anno: 
2005
Line-Up: 

- Chris Cornell - Cantante
- Tim Commerford - Basso
- Brad Wilk - Batteria
- Tom Morello - Chitarra


Tracklist: 

1. Your Time Has Come
2. Out Of Exile
3. Be Yourself
4. Doesn’t Remind Me
5. Drown Me Slowly
6. Heaven’s Dead
7. The Worm
8. Man Or Animal
9. Yesterday To Tomorrow
10. Dandelion
11. # 1 Zero
12. The Curse

Audioslave

Out of Exile

Dopo poco più di due anni dall’uscita dell’album di debutto omonimo, gli Audioslave tornano sulla scena con questo secondo controverso lavoro dal titolo Out Of Exile. Li avevamo lasciati scatenati, pieni di grinta, desiderosi di creare qualcosa di nuovo senza però dover per forza rinnegare un passato più che illustre; avevamo lasciato un Tom Morello colto da vivide ispirazioni a metà strada tra Led Zeppelin e Rage Against The Machine, un Chris Cornell nel pieno della propria potenza ed espressività vocale ed una collaudata coppia Wilk – Commerford nella più completa efficacia ritmica. Considerato anche il calore con cui pubblico e critica hanno accolto il debut album, i presupposti per un secondo ottimo capitolo c’erano perciò tutti. Ma i fatti non sono andati secondo questa logica. A distanza di due anni ritroviamo degli Audioslave più appiattiti, più monotoni, più ripetitivi; meno grintosi, meno trascinanti, meno sorprendenti. Che sia stata la band ad essersi ritrovata in un’inattesa stanchezza o che siano stati i fan ad illudersi riponendo enormi attese rivelatesi poi vane, Out Of Exile convince tutti molto poco rispetto al precedente lavoro. E lo fa con disarmante evidenza.

La prima traccia, dal titolo Your Time Has Come, è stata da molti malignamente definita profetica; risparmiamo questo genere di “auguri” a quattro artisti che hanno più volte dato prova di grandissima competenza: anche i più importanti pilastri del rock, del resto, hanno spesso fatto passi falsi (gli esempi qui si sprecano). La canzone si anima su un energico riff firmato Morello che non può che farci tornare alla mente quello di Cochise, la canzone che apriva il precedente album. Rimembranze a parte, il disco sembra partire bene, forte di quell’impetuoso rock incandescente a cui gli Audioslave ci hanno fin dagli inizi abituato. Si prosegue con la title track, che, pur non essendo la perla dell’album, testimonia un certo spessore nel song-writing a discapito forse di una più attesa incisività (non è possibile avere entrambe le cose?); i più attenti avranno inoltre indiv iduato in questa Out Of Exile l’anima funky dei Rage Against The Machine riemergere a stento fra le sonorità della nuova band. La terza traccia, ruffiana nel titolo, è Be Yourself, ammaliante nei suoi ritmi caldi e malinconici grazie ad un Cornell molto espressivo e ad un ispirato Tom Morello; niente di eccezionale, in fin dei conti, anche se –va detto– ci sono gruppi che pagherebbero per fare pezzi come questo. Nella traccia successiva, Doesn’t Remind Me, soffia un leggero vento di southern rock a cui gli Audioslave spiegano le loro vele, andando a realizzare una piacevole ballata dai toni più audaci sul finale; molto bello è qui l’assolo di Morello, capace di far letteralmente impennare la canzone, trasformandola da ballad a power ballad. Drown Me Slowly parte molto bene su un accattivante rock ottimamente ritmato, ma va miseramente a finire nel solito ritornello che riporta l’ascoltatore in riflessioni quali “questa già l’ho sentita” o “questa m i ricorda qualcosa”; dopo il secondo ritornello si cerca di recuperare con assoli, effetti di chitarra e cambi di tempo, ma ciò che rimane è la delusione per un’eccellente idea iniziale rimasta poi scarsamente sviluppata.

Da ritmi concitati si passa al sound più lento di Heaven’s Dead, una morbida ballata che rispecchia soprattutto la bravura dei tre ex Rage Against The Machine, i quali dimostrano di saperci fare anche con sonorità che, come tutti sappiamo, in passato quasi mai si trovavano sui loro spartiti. Nella critica possiamo trovare anche chi si sbilancia dicendo che i migliori Audioslave sono proprio quelli delle ballate come questa o come la già citata Be Yourself. Rock più pesante per la successiva The Worm, caratterizzata da interessanti sospensioni di tempo su cui si introduce un gran Chris Cornell; rifinita con pregio dai musicisti della band, la canzone risulta strisciante, cattiva, viscerale ed infonde rinnovati rabbia e vigore proprio come suggerisce il testo nel suo significato più stretto. Man Or Animal dà l’idea che gli Audioslave vogliano continuare sulla stessa strada; il tentativo però fallisce penosamente: il pezzo risulta essere una gran confusione, una vera accozzaglia, una massa informe di riff, suoni, rullate ed effetti che talvolta davvero stonano con tutto il resto. Le altalenanti sorti musicali di questo album vengono risollevate nuovamente con Yesterday To Tomorrow, uno splendido rock leggero e introspettivo caratterizzato da un sound (quasi) limpido che permette al brano di emergere dal grigiore della tracklist e di porsi senza esitazioni sotto una luce differente: un buon pezzo. È quindi la volta di Dandelion, canzone che lascia un po’ perplessi, per la sua variegata composizione, su dove gli Audioslave vogliano andare a parare; di sicuro non può essere liquidata con un solo ascolto. C’è poi ancora spazio per un altro pezzo lento, questa volta dal titolo # 1 Zero, anch’esso caratterizzato da toni malinconici, ritornelli più heavy conditi da rabbiosi sfoghi di Cornell, effetti di cornice ed assolo vibrante ed esasperato: bello per gli amanti del genere, monotono a questo punto per tutti gli altri. L’ultima traccia è The Curse, una canzone piacevolmente distorta che denota una buona compattezza della band e che chiude in salita stilistica il disco.

Prima di passare alle conclusioni è doveroso menzionare un evento, legato a quest’album, che ha visto gli Audioslave come protagonisti. È a loro che va infatti il merito di aver superato un embargo musicale durato decenni, suonando a La Tribuna Antimperialista Jose, Havana (Cuba) il 6 maggio 2005 di fronte a 70.000 persone. “Il fatto di essere lì, a Cuba, in barba a qualsiasi embargo di sorta, è stata un’emozione fortissima” ha dichiarato Tom Morello; Chris Cornell è andato addirittura oltre dicendo: “Credo che abbiamo regalato loro un momento per non pensare ai loro problemi, abbiamo creato intorno a loro un mondo a parte in cui i problemi socio-politici sono l’ultima cosa a cui pensare”. Prodotto da Rick Rubin, Out Of Exile è un semplice disco rock che non ha le pretese di stupire, di passare alla storia o, più semplicemente, di voler essere ricordato; dato il talento degli Audioslave, è più che legittimo aspettarsi di più da una band del genere e non accontentarsi di un album che i più generosi hanno definito mediocre. Sta di fatto che Cornell, Morello, Wilk e Commerford sono degli artisti eccellenti ed hanno tutte le capacità necessarie per fare in modo che questo disco sia considerato solo una parentesi. È bello a questo punto concludere con le parole di Tom Morello che, sempre in relazione al concerto tenutosi a Cuba, ha affermato: “Il rock è l’unica forza al mondo in grado di unire le persone e di cancellare qualsiasi limite”.

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