Voto: 
6.5 / 10
Autore: 
Jacopo Prada
Genere: 
Etichetta: 
Victory Records/Venus
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Alex Varkatzas - voce
- Dan Jacobs - chitarra
- Travis Miguel - chitarra
- Marc McKnight - basso
- Brandon Saller - batteria


Tracklist: 

1. Creature (02:59)
2. Shameful (03:29)
3. Our Sick Story (Thus Far) (03:31)
4. The Theft (03:58)
5. We Stand Up (03:06)
6. Ex’s And Oh’s (03:31)
7. Your Private War (03:33)
8. My Fork In The Road (Your Knife In My Back) (03:25)
9. Untitled Finale (05:17)

Atreyu

A Death-Grip On Yesterday

Fra i gruppi più odiati dai puristi del Metalcore rientrano certamente gli Atreyu. In effetti, la band di Orange County (Ignite, The Offspring) non ha rivoluzionato assolutamente nulla nel suo genere, né tanto meno passerà alla storia per via di album memorabili. Tuttavia, vale comunque la pena dare un ascolto a questi ragazzi californiani, magari senza partire con stupidi pregiudizi nella mente. Gli Atreyu nascono nel 1998 e, grazie a due EP prodotti da label semisconosciute, ottengono ben presto un contratto con la Victory Records, una di quelle etichette molto brave nello sfruttare astutamente mode e tendenze del momento. Ecco quindi che la band americana si ritrova improvvisamente fra i big, amati dai teenager d’oltreoceano almeno quanto dalla stampa. Il primo full lenght del gruppo si intitola Suicide Notes And Butterfly Kisses ed esce nel 2002, seguito, a distanza di due anni, da The Curse, album che ne sancisce la definitiva consacrazione. Passano altri due anni e viene pubblicato A Death-Grip On Yesterday, su cui si è discusso e si discuterà molto, a partire dalla (pietosa) copertina.

Mettiamo subito in chiaro le cose: gli Atreyu non sono i Killswitch Engage, gli As I Lay Dying o i Caliban. Pertanto sarebbe un’autentica follia aspettarsi da A Death-Grip On Yesterday idee innovative, riff spaccaossa e canzoni magnifiche. Apprezzare il disco però non è difficile, basta rendersi conto di avere a che fare con una band mediocre, osannata dalla critica aldilà di quelli che sono i reali meriti di Alex Varkatzas (singer nonché leader) e soci. Le iniziali Creature e Shameful non aggiungono niente di nuovo all’attuale scena Metalcore, ma risultano comunque piacevoli e ben composte, soprattutto nelle fasi più concitate. Purtroppo la produzione smorza i suoni, relegando troppo spesso le chitarre in secondo piano. Peccato, perché i riff macinati da Dan Jacobs e Travis Miguel non sono poi così male e avrebbero senz’altro conferito A Death-Grip On Yesterday una maggiore aggressività.

Quelli che invece vengono curato nei minimi particolari sono, neanche a dirlo, i ritornelli. Quale elemento migliore per catturare l’attenzione dei teenager in cerca di qualche gruppo appetibile, magari un po’ ribelle? Tutti i refrain dell’album sono esplosivi, diretti, semplici da memorizzare dopo pochi ascolti, spesso contornati da un mieloso cantato pulito, che in questi casi non guasta mai. Facili ironie a parte, canzoni come We Stand Up o Your Private War sono rispettabilissime quanto a mescolanza di potenza e melodia, nonostante il solito difetto riguardante la produzione. Trascurabile invece la ballad The Theft (secondo singolo dell’album), fin troppo ruffiana e scontata. Dai capitoli più violenti di A Death-Grip On Yesterday traspaiono le potenzialità degli Atreyu, i quali, condizionati forse dai fini economici della propria label, si limitano purtroppo a riproporre un sound tradizionale, ormai abusato in campo Metalcore. In ogni caso, da qui a negare la discreta classe compositva del combo americano ce ne passa, e l’ottima My Fork In The Road (Your Knife In My Back) ne è una chiara conferma. Un altro aspetto riprovevole di A Death-Grip On Yesterday è la sua durata, indubbiamente breve a prescindere dalla qualità delle tracce in esso contenute. Fortunatamente l’album si chiude almeno con una canzone degna di nota: Untitled Finale, pregevole se non fosse per il discutibile cantato pulito a metà brano.

Contro gli Atreyu sono state mosse fin troppe accuse dai soliti integralisti musicali senza un minimo di apertura mentale. I cinque californiani rispondono con un album convincente, ben suonato e penalizzato unicamente da una produzione a tratti davvero vergognosa. Alla Victory dovrebbero imparare una volta per tutte ad accontentare anche i palati più esigenti, non solo le folte schiere di bambini in preda a crisi esistenziali. Giusto per la cronaca: a gennaio è prevista l’uscita di un Best Of targato Atreyu (tre full lenght all’attivo), tirate voi le dovute conclusioni…

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