Voto: 
6.0 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
Metal Blade/Audioglobe
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Tim Lambesis - voce
- Jordan Mancino - batteria
- Josh Gilbert - basso
- Phil Sgrosso - chitarra
- Nick Hipa - chitarra


Tracklist: 

1. Separation
2. Nothing Left
3. An Ocean Between Us        
4. Within Destruction        
5. Forsaken        
6. Comfort Betrays        
7. I Never Wanted        
8. Bury Us All        
9. The Sound of Truth        
10. Departed        
11. Wrath Upon Ourselves        
12. This is Who We Are

As I Lay Dying

An Ocean Between Us

Shadows Are Security del 2005 ha rappresentato una delle opere più significative e meglio strutturate del panorama Metalcore internazionale, perché all’ottima produzione si era affiancato un song-writing convincente e trascinante; sono trascorsi due anni da quell’album che, seppur derivato dallo stile dei Killswitch Engage, aveva evidenziato le ottime capacità della band e gli americani As I Lay Dying tornano proponendo An Ocean Between Us, quarto lavoro di studio.
Introdotto da una copertina ordinaria sia per la band di San Diego sia per il genere presentato, An Ocean Between Us appare da subito come un platter controverso, che poco ha da spartire con il capolavoro del 2005: gli As I Lay Dying infatti faticano non poco ad uscire dai canoni tradizionali del Metalcore e ad imprimere nuove melodie alle proprie composizioni, come si può notare accostandosi già la prima volta al full-lenght.

Trascurando la perfetta produzione e le indiscutibili doti tecniche del quintetto californiano, si deve invece sottolineare come l’album appaia povero di soluzioni originali e viaggi in una mediocre staticità di idee; i ritmi sono di certo più variegati del precedente, ma sia i riff di chitarra che le voci non si adattano in modo efficace nei loro intrecci. Dopo un’introduzione tessuta dalle chitarre clean che è ormai diventata troppo consueta e ripetitiva nel Metalcore, le danze si aprono con Nothing Left, clamorosamente banale nell’incedere dei ritmi sincopati: sembra che gli As I Lay Dying desiderino privilegiare il settore ritmico e i cori clean piuttosto che concentrasi sulla melodia e questo tratto non favorisce di certo il full-lenght.
Anche il lamento Hardcore è meno competitivo rispetto al predecessore e troppi sono gli inserti delle voci clean nei ritornelli, che si conformano a quelli dei vari Caliban, Atreyu e Killswitch Engage, sulla scia del singolo The Darkest Nights; la title-track comunque è una delle tracce più soddisfacenti di questo quarto episodio, mentre Within Destruction è votata a svilupparsi in un ritmo altalenante  che alla lunga viene percepito come estenuante e gratuito. A risollevare le sorti di An Ocean Between Us intervengono Forsaken e la vorticosa Bury Us All, mentre la sfacciatamente commerciale I Never Wanted lascia spazio a idee non degne di una band varia ed originale come gli As I Lay Dying.
The Sound Of Truth è forse la peggiore del platter per la sua commistione di Metalcore, Death Metal e Metal tradizionale dotato di cori clean orribili e inadatti al contesto dell’opera, mentre il finale dell’album è affidato a tracce come Wrath Upon Ourselves e This Is Who We Are, ottimi esempi in stile Shadows Are Security.

Giungendo alla conclusione di An Ocean Between Us viene spontanea una riflessione riguardo il mercato musicale odierno: dopo il successo clamoroso di Shadows Are Security, gli As I Lay Dying sono stati prima sfruttati parecchio in sede live, come la maggior parte delle bands Metalcore della scena mondiale, e poi impiegati per completare il quarto capitolo discografico, per non lasciar spegnere il periodo positivo di vendite. Pertanto esiste un motivo di natura strettamente economica se, dopo solo due anni da Shadows Are Security, gli As I Lay Dying hanno mutato il loro stile uniformandosi alle restanti formazioni in contratto per le majors e il risultato è un An Ocean Between Us abbastanza sconcertante, da cui traspare che una musica trendy come il Metalcore sta gradualmente morendo sotto il peso dei contratti discografici. Valutiamo quindi sufficiente il disco solo perché l'act in questione ha come moniker As I Lay Dying, ma la qualità è davvero scadente.

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