Voto: 
9.4 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Etichetta: 
Music For Nations/Misanthropy
Anno: 
1997
Line-Up: 

- Hugh Steven James Mingay - basso
- G. Wolf - voce
- Jan Axel von Bloomberg - batteria
- Knut M. Valle - chitarra
- Steiner Sverd Johnsen - tastiera

Guests:
- Simen Hestnæs - voce in The Chaos Path, cori in Master of Disguise e in Painting my Horror
- Carl August Tidemann - chitarra in Ad Astra e in Of Nails and Sinners
- Idun Felberg - corno in Ad Astra
- Erik Olivier Lancelot (AiwarikiaR) - flauto in Ad Astra



 

Tracklist: 


1. Master of Disguise (06:43)
2. Ad Astra (07:36)
3. The Chaos Path (05:32)
4. La Masquerade Infernale (01:59)
5. Alone (04:39)
6. The Throne of Tragedy (06:33)
7. Painting my Horror (05:59)
8. Of Nails and Sinners (06:06)

Arcturus

La Masquerade Infernale

La Masquerade Infernale è sinonimo di sperimentazione. Gli Arcturus, a solo un anno e mezzo da quell’ottimo lavoro Black sinfonico chiamato Aspera Hiems Symphonia, compongono l’opera più inaspettata e originale di tutta la produzione Metal del 1997, La Masquerade Infernale appunto, concept angosciante e teatrale sull’occulto.
Inizialmente l’album doveva essere intitolato The Satanist, ma in seguito Sverd e compagni cambiarono idea, optando per un nome meno scontato, che potesse stamparsi nella memoria del pubblico internazionale in modo indelebile: così prende forma la scenografia in maschera degli Arcturus. Tante sono le particolarità di questo full-lenght, che può essere considerato il punto di avvio dell’Avant-Garde Metal, genere alquanto difficile da definire, misto fra metal ed elettronica, ricco di soluzioni ai limiti dell’immaginabile, a cavallo fra il Black più sperimentale e il Progressive più estremo.
Per registrarlo occorsero ben sei mesi e la band si avvalse dell’aiuto di un quartetto di archi, per conferire alle tracce una maestosità diabolica e della collaborazione con Simen Hestnæs, alias Vortex, guest vocalist in The Chaos Path.

L’atmosfera è carica di tormento e di malvagità, come dimostra l’opener Master of Disguise: voci filtrate e liriche si sovrappongono in un intreccio satanico, mentre il pianoforte di Sverd descrive una danza, supportato dagli archi in sottofondo. Ottimo l’approccio della chitarra virtuosa, potente e ritmata, sempre pronta ad intervenire con risposte efficaci e riffs coinvolgenti.
Dopo quasi sette minuti, Master of Disguise lascia spazio alla seconda canzone di La Masquerade Infernale, forse la più celebre scritta dal quintetto norvegese, la straordinaria e oscura Ad Astra. Questo è il punto di massima tensione dell’album, poiché la sinfonia Dark descritta dagli archi, unita ad un’elettronica dal sapore misterioso ed inquietante, penetra nel profondo dell’ascoltatore, trascinandolo in un’altra dimensione. Ad Astra rappresenta non solo l’aspetto più cupo della band, quello legato a motivi classico/teatrali di enorme rilievo, ma anche quello più virtuoso, espresso nel finale: un’esplosione di assoli velocissimi, tutti precisi e soprattutto mai scomposti, delizia ed appassiona, esalta e commuove.
Si giunge così a The Chaos Path, interpretata da Vortex alla voce: una follia musicale, fatta di sferzate neo-classiche di tastiera, di un cantato espressivo ma stravagante e di un’elettronica costante che turba nel profondo.

Breve intervallo strumentale è l’omonima La Masquerade Infernale, fatta di elettronica (voci campionate) e accompagnamento di pianoforte; anche in questo caso si sviluppa una vera e propria piccola danza, dai toni tenebrosi e angoscianti, che presto è seguita dalla veloce e ritmata Alone. Hellhammer alla batteria si abbandona a sferzate tipicamente Black Metal, facendo procedere rapidamente la canzone verso la cavalcata finale.
Si apre l’ultima sezione dell’album con The Throne of Tragedy, altro episodio parecchio coinvolgente, forse il più teatrale dell’opera, poiché chiuso nella sua sinfonia allo stesso tempo drammatica e scorrevole. Trombe infernali si susseguono su voci filtrate e temi di chitarra elettrica accattivanti, facendo impregnare la composizione di uno sperimentalismo ambiguo ma affascinante.
Painting my Horror segue la scia delle precedenti per il suo alone demoniaco: scale vorticose di pianoforte e costanti sezioni di archi in sottofondo lasciano spazio ad un nuovo e più entusiasmante intervallo centrale, in cui due voci dissonanti, quella grave di Garm e quella acuta di Vortex, si intrecciano su una parte di xilofono, prima di essere interrotte dall’impetuosa voce elettronica. Più aperto ad un approccio Progressive è il conclusivo Of Nails and Sinners, splendido brano dalle magiche scale di pianoforte e probabilmente il capitolo più connesso alle composizioni atmosferiche di Aspera Hiems Symphonia: la batteria è sempre spinta a livelli estremi, sostenuta dagli organi da chiesa di Sverd, l'onnipresente protagonista di La Masquerade Infernale.

Non un album, ma un’opera ricercata e curata nei minimi particolari, che va ad esplorare la psicologia umana attraverso la descrizione del male; Garm e compagni arricchiscono il booklet con citazioni di Baudelaire e De Sade, a testimonianza della passione con cui è stato sviluppato il concept. Da qui si plasma l’Avant-garde, che vedrà ben presto nascere ottime realtà come gli In the Woods (Omnio - 1997), i Solefald (The Linear Scaffold - 1997) e gli Ulver dello stesso Garm (Perdition City - 2000), tutti esploratori di sonorità inedite e di tematiche filosofico/mistiche.
 

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