Voto: 
6.5 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Etichetta: 
Independiente Ltd.
Anno: 
1999
Line-Up: 

- Darius Keeler - basso, programming
- Danny Griffiths - chitarra
- Suzanne Wooder - voce
- Matt Martin - batteria, percussioni
 

Tracklist: 

1. You Make Me Feel
2. The Way You Love Me
3. Brother
4. Well Known Sinner
5. The Pain Get Worse
6. Woman
7. Cloud in the Sky
8. Take My Head
9. Love in Summer
10. Rest My Head on You

Archive

Take My Head

Dimenticatevi di Londinium. La parola che meglio rappresenta Take My Head, secondo disco studio degli inglesi Archive, è "metamorfosi".
Sì, perché in quest'album la formazione inglese cambia completamente volto, rilasciando un disco totalmente differente dal precedente, decisamente pop nei suoi stilemi pur mostrando qualche variazione in certe canzoni.

La genesi di quest'album è travagliata: dopo aver pubblicato il debutto la band si sciolse immediatamente per dispute interne, ma già nel 1997 veniva riformata dai due leader fondatori Keeler e Griffiths assieme ad una nuova voce femminile, Suzanne Wooder. Questo scompaginamento delle carte in tavola influìisce sicuramente sulla situazione del gruppo che si presentò così ai nastri di partenza del loro secondo corso con nuovi propositi.
Dicevamo del cambiamento musicale. Difatti quel che troviamo in Take My Head non è più quel trip hop soffuso e malinconico, composto dalle ritmiche di un hip hop morbido abbinato ad un velo leggero di elettronica, tonalità ambient evocative, atmosfere dense e notturne; ma un disco in cui il testimone viene passato ad un'anima di moderno pop libera e sciolta, anche ballabile in certi frangenti volendo, esaltata nell'impatto melodico, resa più diretta e condita con la produzione moderna e l'impianto effettistico di un disco di fine anni '90 da settore radiofonico. Le tastiere che avvolgono e pervadono l'ascolto ora si fanno semplice contorno alla melodia portante del brano, non c'è più canto rappato ogni tanto, la nuova voce femminile rinuncia a tonalità più melanconiche per altre più vivaci, la componente pop si inserisce e diventa rapidamente predominante, anzi, diventa proprio il cardine di tutta la musicalità del disco. Volendo essere precisi, comunque, di trip hop è rimasto qualcosa che contamina alcuni brani, ma quest'elemento riveste un ruolo marginale ed è filtrato dall'attitudine più incisiva ed energica del disco, oltre che immerso in arrangiamenti ben più "orchestrati" (in un certo senso) dei canoni del genere.

Vien da fare a questo punto qualche paragone con un altro gruppo che si è evoluto verso lidi simili: i Morcheeba. Il loro primo disco del 1996 presentava al suo interno una componente trip hop tinta da varie influenze tra cui un'attitudine più pop e aperta, mentre il secondo, uscito giusto un anno prima di Take My Head, si allontanava dalla base per aprirsi ancora di più a territori maggiormente pop, e probabilmente gli stessi Archive, seppur il loro sia un cambiamento ben più drastico e dalle minori affinità col passato, hanno preso spunto dai loro "cugini" per alcuni elementi di questo loro secondo album.
Il songwriting in TMH, tuttavia, con questo cambiamento perde evocatività ed freschezza, lasciando troppo spesso il passo a stilemi che suonano meno personali e più banalotti, oltre che senza il medesimo fascino del precedente disco. Tutti i brani sono potenziali singoli per la loro alta melodicità, ma molti si avvicinano troppo ad uno standard poco originale come tanti, nonostante gli Archive ci mettano dentro tutta la loro raffinatezza e capacità compositiva (e gli stessi Morcheeba ironicamente mostrano maggiori personalità e creatività). Non sempre comunque è così, alcune canzoni invece mostrano un piglio ed un'inventiva nettamente superiori alle altre, risultando molto più creative e personali. Si può dire, in pratica, che TMH è un disco riuscito a metà.

L'iniziale You Make Me Feel è un'interessante hit energica, trascinante, pulsante, infuocata, dove l'acidità di bassi ed elettronica si mescola ad una sezione ritmica implacabile, chitarre elettriche urlanti, refrain dalle note ossessive. Il contrasto generato dai dolci bridge di chitarra acustica e dalla limpida voce di Suzanne Wooder contribuisce a ricreare una sensazione straniante che permea l'atmosfera del brano, un dolceamaro memorabile (amplificato dal contrasto fra le liriche d'amore e i suoni lancinanti che le accompagnano, quasi a stravolgerne il significato). Aggiungiamo un gusto per le melodie furbetto ma dannatamente accattivante ed abbiamo un singolo d'apertura semplicemente spiazzante. Fossero tutte così le canzoni di pop effettato più mainstream... ma la seconda The Way You Love Me ha molta meno personalità, assestandosi su sonorità più ordinarie, e neanche una briciola dello stesso carisma. Tappeti di tastiere eteree su cui si adagia l'intensa batteria e il canto femminile cristallino la compongono, come in molti, tanti altri gruppi pop, senza avere nulla che non sappia stancamente di già sentito. Brother è una semi-ballad di pianoforte ed effettistica, linee vocali in perfetto pop d'oggi giorno, atmosfere gioiose e qualche string di contorno. Si lascia ascoltare in tutta scorrevolezza e godibilità, è un brano in tutto e per tutto orecchiabilissimo e piacevole - ma anche qua, nulla di particolarmente originale e un bel po' di ridondanza di tratti fin troppo spenti. Well Known Sinner suona ancora meno originale, quasi più adatta a far da sfondo ad uno spot pubblicitario con la sua orecchiabilità che a farsi ricordare per qualche spunto che non sembri blando; anche il picco d'intensità sul finale che la rende più rocker non stupisce, mentre meno prevedibile è la conclusione vera e propria che riprende ritmiche da trip hop velocizzate, probabile retaggio del background musicale del gruppo. The Pain Get Worse è una ballata melensa che a questo punto suona davvero piatta e monotona, mentre il climax di emotività e intensità verso metà brano risulta prevedibile ed uguale a quello di plurime altre canzoni del genere - certo, possono anche risultare godibili e piacevoli, ma seguire qualche luogo comune compositivo non è certo una dimostrazione di creatività o chissà quale estro.
Fino a questo momento, comunque, questa canzone è "il fondo" del disco assieme alla successiva Woman, pezzo che non ha molto da aggiungere al disco; giusto in sottofondo le linee di basso tese e le chitarre leggermente inacidite mostrano comunque la cura riposta nel suono dagli Archive, difatti non una nota è lasciata al caso, nessun fraseggio viene inserito a vuoto, tutto suona come dovrebbe suonare. Il problema, come già detto, è l'ordinarietà del tutto, che ormai inizia a far anche sembrare parecchio fini a sè stesse le melodie del disco.
Cloud in the Sky inizia con un motivo di tastiere (forse in futuro ripreso dai Rammstein per la loro Morgenstern, c'è qualche somiglianza) che pare riprendere una certa atmosfericità intensa ed evocativa, reinterpretata dall'ottica più leggera e meno mesta del disco, assieme a certi effetti e a ritmiche che riportano improvvisamente vicino il trip hop. L'oscura titletrack Take My Head è il picco dell'album assieme alla opening, di cui ne è un po' un seguito: dopo una breve introduzione di tastiera e voce ripetute che suonano prima ossessive per poi diventare ben più mute, c'è un'esplosione di effetti e distorsioni che si riallacciano direttamente (assieme ad alcuni intermezzi più dolci, lo schema seguito è effettivamente il medesimo) alla melodia molto simile di You Make Me Feel, mentre l'intensità e le ritmiche scandite con fermezza riportano di nuovo vicino un certo lato trip hop al gruppo. Bruciante, trascinante, peccato che gran parte dei pezzi di questo disco siano invece ben più scontati e banali, l'unica pecca è che forse c'è un po' troppa somiglianza con la struttura del primo brano, ma nulla di esagerato.
La strumentale Love in Summer procede su binari più dolci, conditi da qualche sonorità latino-americaneggiante, elementi ritmici esotici, effettistica come sempre che arricchisce il lavoro e sassofoni che si inseriscono nell'esplosione finale. Un brano che dimostra che gli Archive possono tirar fuori pezzi gustosi e che non siano piatti e triti senza bisogno di fare chissà quale opera rivoluzionaria e intricata... come anche Rest My Head on You, brano dolce e malinconico senza risultare frivolo, che per atmosfere è il brano più vicino a Londinium (invero anche la batteria sembra uscita direttamente da esso). C'è anche una hidden track, una ballata triste di pianoforte di appena due minuti.

Insomma, il disco è ben suonato, arrangiato e prodotto. E' ricco di spunti melodici ed alcuni brani sono fantastici o come minimo molto ben fatti, prova che gli spunti per il gran lavoro ci sono lo stesso. Ma il cambio di stile non ha portato rinnovamento e crescita musicale agli Archive, il risultato finale è una parentesi dove molti elementi che la compongono sono abbastanza triti e stanchi, in cui vi è come una sensazione di incompiutezza e discontinuità di fronte alle differenze fra certi brani ed altri, una parentesi che lascia non poche perplessità e domande tipo "tutto qui?" in mente.
Non si può dire comunque che il cambiamento sia stata solo una scelta modaiola per sfondare le classifiche, visto che la presenza di canzoni più ricercate lascia aperti molti spiragli di evoluzione, che in seguito lo stesso gruppo avrebbe considerato questo disco il loro meno riuscito e che già dal successivo You All Look the Same to Me c'è una nuova trasformazione musicale (ma questo lo vedremo in seguito).
Buona parte del disco mostra solo poca inventiva e scarsa originalità... però rimangono apprezzabilissimi il senso melodico proprio degli Archive, la loro classe e il loro gusto per gli arrangiamenti grazie ai quali anche le canzoni più fritte e rifritte suonano comunque molto più curate e fini della media, motivo per cui, assieme ai pezzi migliori (come nella crescita qualitativa dell'ultima parte del disco), viene il voto che potrebbe esservi sembrato un po' altino. Consideratelo quindi una specie di media fra la parte più blanda e piatta del disco e fra la parte più coinvolgente ed intrigante - quella su cui gli Archive, insomma, si sarebbero dovuti concentrare e avrebbero dovuto approfondire al momento di ideare quest'album.

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