Voto: 
6.0 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Etichetta: 
East West
Anno: 
2004
Line-Up: 

- Craig Walker - vocals
- Danny Griffiths - guitar, harmonica, percussion
- Darius Keeler - bass, programming

Additional Musicians:
- Steve Harris - guitar
- Pete Barraclough - guitar
- James Tonkin - guitar
- Smiley - drums
- Matt Martin - drums
- Carl Holt - bass
- Lee Pomeroy - bass
- Steve Watts / Hammond
- Graham Preskett - strings

Tracklist: 

1. Noise
2. Fuck U
3. Waste
4. Sleep
5. Here
6. Get out
7. Conscience
8. Pulse
9. Wrong
10. Love Song
11. Me and You

Archive

Noise

Dopo aver ottenuto un discreto successo con la colonna sonora del film Michael Valliant, gli Archive danno alla luce nel 2004 il loro quarto album studio: Noise.
Il lavoro è fortemente ambizioso, con arrangiamenti alt-rock adagiati su di uno sfondo elettronico (in cui non mancano echi IDM, scioltezza club e passaggi trip-hop), strutturati con un'enfasi barocca degna di certo prog e accompagnati da stratificazioni di archi, filtri, droni tastieristici, sintetizzatori modulati, intrecci elettro-acustici; il tutto condito da immediatezza pop, atmosfericità emotiva ripresa dal post rock, psichedelia stemperata e "romanticizzata", esistenzialismo britpop, persino soul.
Purtroppo il disco segna anche il passo più lungo e non convince del tutto. Il problema consiste nel fatto che nel loro tentativo di risultare a tutti i cosi sperimentali e innovativi, attingendo da un crogiolo di suoni diversissimi per assemblarli in qualcosa di inedito, gli Archive finiscono per mettere troppa carne al fuoco e andare fuori fase, mancando la concretezza dei contenuti per concentrarsi con maniera sull'enfasi dell'aspetto esteriore, della superficie - come se nel privilegiare una forma il più possibile intrigante e attraente si fosse dimenticato di sviluppare la sostanza.
Ne risulta un lavoro pretenzioso e a tratti anche troppo sentimentalista, un incrocio sconnesso e artificioso di Mogwai, Radiohead (spesso la voce di Craig Walker inoltre ricalca troppo quella di Thom Yorke), Pink Floyd, Oasis, Verve, U2, Groove Armada, Air, Sigur Ròs, Massive Attack, My Computer...
Ancora una volta nutrito l'elenco di guests.

Ad aprire il disco c'è la titletrack Noise, una miscela di chitarre acustiche, riverberi elettronici radioheadiani, campionamenti di sirene della polizia, batteria cadenzata che scandisce l'atmosfera; a piccoli spruzzi riesce ad essere evocativa, ad altri ripetitiva, e i dejavù negli arrangiamenti dai Radiohead sono forse troppi.
La successiva Fuck U inizia con un soffuso e leggerissimo gioco di tastiere in sottofondo alla voce mordace che insulta con disinvoltura accattivante un losco figuro non meglio specificato. Dopo un po' si aggiungono la batteria e riverberi chitarristici a preparare per il ritornello distorto. Si inseriscono ad un certo punto anche sporadici archi a far da contrasto con le loro sonorità dolci al testo sprezzante.
Wasted è una lunga (quasi dieci minuti) traccia introdotta da una sorta di placido elettro/ambient minimale, occasionalmente enfatizzato da looping di synth ossessivi, archi e piccoli arpeggi da Explosion in the Sky, che poi finisce per ricalcare gli ultimi Massive Attack (riprendendo purtroppo anche l'eccessivo dilungarsi del periodo 100th Window che smorza l'efficacia sonora del brano).
Sleep è una ballata trip hop di pianoforte, archi e downtempo, dolce e godibilmente melodica, ma forse troppo melensa e ancora una volta un po' troppo prolungata.
Here è una breve intro di distorsioni noise, elettronica ossessiva e giri di note che riprendono la new wave, preludio a Get out, ripetuto e straniante accumulo di chitarre catchy, batteria uptempo e linee vocali che riciclano Stop Crying Your Heart Out degli Oasis. Le soluzioni orchestrali sono interessanti ma spezzano un po' l'aura alienante che avrebbe potuto avere il brano, fra l'altro dal sentore troppo derivativo, con la sua ossessività senza stratificazioni emozionali.
Conscience è un pop/ambient sporcato dalle ballate dei Radiohead e dei Sigur Ròs a cui si aggiungono poi riff bassi e cadenzati da Smashing Pumpkins a generare un effetto dolceamaro con il canto dolciastro e malinconico. La canzone è ascoltabile in tutta naturalezza, senza mai suonare indigesta, ma è anche un po' troppo manierista.
Pulse è pop futurista che gioca sull'ossessionante ripetersi dei ritmi sintetici, delle distorsioni noise, dei riempimenti elettronici e rumoristici, ma soprattutto del canto femminile alienante, filtrato e quasi raggelante - ma anche bruciante, passionale e catturante.
La successiva traccia Wrong è solo un pezzo acustico accompagnato da rarefatte tastiere oniriche, senza sviluppi o approfondimenti.
Invece Love Song è una canzone per contrasto molto più dinamica, dall'incipit tenue, placido ed emotivo (leggero tappeto d'organo, voce dolente, effetti elettronici sbarazzini), il successivo sviluppo ben più acceso (voce filtrata e stratificata, feedback chitarristici, riff brucianti lo-fi, batteria upbeat) e la conclusione distensiva (elettronica radioheadiana, downtempo e outro in cui ci si riallaccia all'inizio).
Il brano finale è Me and You, una lunga ballata a la Radiohead con progressioni di tastiera melodica che ricordano i Bark Psychosis, spunti folk, hammond acido, tenue batteria che naviga sui giochi di silenzio e suono, climax emotivo distorto e noisy. Esecutivamente e formalmente godibile dal punto di vista melodico, ma anche tendenzialmente monotona e noiosetta.

Decisamente un passo indietro per gli Archive, che dopo l'interessante You All Look the Same to Me (sintesi molto più efficace e creativa di psichedelia-prog pinkfloydiana ed elettronica spaziale con climax emotivi post-rock e tenue battito downtempo d'accompagnamento), il controverso Take My Head (pop melodico banalotto ma spezzato da esperimenti elettronici riuscitissimi) e l'esordio Londinium (trip-hop meditato, riflessivo e autunnale, fra le interpretazioni più personali e meritevoli della corrente) sembrano aver imboccato una strada eccessivamente pretenziosa senza essersi fermati a sufficienza a riflettere su come attraversarla senza andare fuori strada.
Ma non è tutto da buttare, visto che molti brani mantengono una discreta vena melodica, e non mancano interessanti esperimenti sonori, riff accattivanti e pulsazioni elettroniche coinvolgenti. Peccato solo siano soffocate dalla totalità del full-lenght e che il tutto suoni troppo debole alla luce di quasi contemporanee pubblicazioni simili come No CV dei My Computer che mostrano un approccio di gran lunga più ispirato all'idea, con risultati ben maggiori.

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