Voto: 
6.3 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
In At The Deep End/Andromeda
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Matt Johnson - voce
- Tom Searle - chitarra
- Tim Hillier-Brook - chitarra
- Ali Dean - basso
- Dan Searle - batteria

Tracklist: 

1. To The Death
2. You Don't Walk Away From Dismemberment
3. Minesweeper
4. They'll Be Hanging Us Tonight
5. This Confession Means Nothing
6. A Portrait For The Deceased
7. In The Desert
8. The Darkest Tomb

Architects

Nightmares

I giovanissimi Architects, originari di Brighton, Inghilterra, dopo aver autoprodotto un demo e un mini album ed essere approdati alla In At The Deep End Records, debuttano nel 2006 con l’album Nightmares, un lavoro complesso e brutale, che riunisce sotto le sue otto tracce la tradizione Metal con quelle Hardcore e Noise moderne: ispirato parecchio al sound di formazioni quali Deftones, Killswitch Engage e Decapitated, il quintetto inglese mostra un song-writing parecchio elaborato, sebbene troppo spesso confusionario.

Procedendo con ordine, Nightmares si apre con To the Death, tecnicamente contorta nei suoi ipnotici intrecci delle chitarre distorte, che si affiancano sia al tipico cantato sporco Hardcore, ricco di effetti elettronici, sia ad un’alternanza di sfuriate e di patterns più moderati di batteria.
Sebbene il primo episodio non sia completamente convincente, il successivo You Don’t Walk Away From Dismemberment spazza via tutte le incertezze, con il suo ritmo intricato e le sue atmosfere avvolgenti, non distanti dall’approccio degli Isis più distesi.
Le capacità tecniche in possesso della band Noisecore che ha aperto i concerti di celebri realtà della scena estrema, quali Napalm Death, Nile e God Forbid, sono notevoli e si manifestano in tutta la loro tenacia ed aggressività in capitoli veloci e caotici, come Minesweeper o They’ll Be Hanging Us Tonight, in cui viene dato poco spazio a respiri e melodie portanti.
La disorganicità e il caos strutturale sono le caratteristiche principali degli Architects, che evolvono ogni pezzo in maniera devastante, pur lasciando intravedere ottimi spiragli di luce, scanditi dalle chitarre clean, come This Confession Means Nothing, un Post Metal di enorme interesse per i suoi intenti sperimentali.
In the Desert assume una direzione molto più vicina alle sonorità dei Dillinger Escape Plan, estrema e quasi insostenibile nel miscuglio dei riffs di chitarra: Matt Johnson si destreggia abbastanza efficacemente alla voce, sebbene la sua estensione tonale non sia ampia, mentre Tom Searle e Tim Hillier-Brook tessono aperture sonore parecchio trascinanti con le chitarre.
Giunti a questo punto dell’album, le ultime A Portrait for the Deceased e The Darkest Tomb diventano alquanto intollerabili, perché quasi totalmente votate ad una violenza che ha già pervaso il platter in tutta la sua lunghezza.

In definitiva, gli Architects propongono un Noisecore ben concepito, suonato e prodotto in studio, ma non aggiungono nulla di nuovo al calderone di bands Metalcore nate all’inizio del terzo millennio negli Stati Uniti e in svariate aree europee. Tuttavia, per gli amanti del genere, essi costituiscono una proposta veramente meritevole, dotata di elevate capacità tecniche e di una buona creatività di song-writing. Né trascurabili, né fondamentali questi Architects, che però avranno un futuro tutto in discesa dopo la pubblicazione di un album di esordio così ben costruito alla giovane età di diciotto anni.

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