Voto: 
6.0 / 10
Autore: 
Andrea Rubini
Genere: 
Etichetta: 
Century Media
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Angela Gossow - Voce
- Michael Amott - Chitarra
- Christopher Amott - Chitarra
- Sharlee D'Angelo - Basso
- Daniel Erlandsson - Batteria

Tracklist: 


1. Blood On Your Hands
2. The Last Enemy
3. I Will Live Again
4. In This Shallow Grave
5. Revolution Begins
6. Rise Of The Tyrant
7. The Day You Died
8. Intermezzo Liberte
9. Night Falls Fast
10. The Great Darkness
11. Vultures

Arch Enemy

Rise of the Tyrant

Ritornato alla base Chris, gli Arch Enemy si apprestano ad elaborare il quarto album dell'era Gossow dopo un album spacca critica quale fu Doomsday Machine. Infatti il precedente platter era si dotato di maniacale cura e di ogni sorta di fronzoli, ma risultava nella maggior parte dei brani scarno e privo di mordente. Questo trend iniziò progressivamente con Wages Of Sin, il debut di Angela, proseguendo lentamente quanto in modo inarrestabile fino ai giorni nostri. Forse per le doti canore dell'avvenente singer, o semplicemente per una sterzatura degli Amott, il sound degli Arch Enemy attuale è un lontano parente del periodo Liiva, vocalist con tutti i difetti del caso, ma che riusciva senza spiccate doti a conferire ai platter quella incisività che ormai sembra essere dissolta.

Rise Of The Tyrant
non fa che confermare quanto già detto; le schitarrate di Michael e Chris ormai sanno di già tremendamente sentito, pochi picchi e molto riciclaggio. I pochi singoli ben congeniati non riescono a spiegare l'involuzione in fase song-writing di questi musicisti infatti. Nello specifico, l'album è introdotto dalla potente Blood On Your Hands, classico singolo catchy di forte richiamo grazie ai riff collaudati ma reinventati e gli assoli di derivazione classica tanto cari al vecchio Michael, tecnica che usa ormai abbondantemente in tutte le sue composizioni. Ma non scambiamo lucciole con lanterne. Gli Arch Enemy hanno saputo vendere e lo sanno ancora fare, dettagli curati, produzione cristallina, ottima esecuzione. Se ci si accontenta così accaparratevi il disco senza nemmeno leggere la fine della recensione. Vorrei stabilizzarmi di più sul livello compositivo: le proposte sono sul discreto se ci basiamo su parametri come esecuzione e immediatezza, il trend della band è rispettato, il trittico iniziale, che oltre alla citata vede The Last Enemy e I Will Live Again, è il punto più aulico del disco, dove si è cercato un minimo di invettiva. Infatti, salvo sporadici elementi della conclusiva Vultures, tutto è un rimescolare riff e metriche di Anthems Of Rebellion specialmente; non a caso, in molti frangenti le lyrics della canzone Dead Eyes See No Future vi verranno spontaneamente alla mente, rispolverando i ricordi del tempo in cui gli Amott ancora erano considerati due fratelli in grado di inanellare note in grado di suscitare emozioni e seppur ammorbiditi rispetto agli esordi, di proporre una certa verve. Questo album oltre alle solite sollecitate battute di Daniel di verve ne ha pochissima. Lo stesso D'Angelo è praticamente sparito dal platter e rilegato alla sola funzione di sessionist, in quanto oltre all'accompagnamento non ha un ben che minimo ruolo rilevante. La noia infatti che suscita la quarta proposta In This Shallow Grave, così come lo spudorato ripristino delle strutture della seguente Revolution Begins sono indici di quanto purtroppo era già nell'aria già da Wages Of Sin, ovvero una band che si sta lentamente affosando nell'ispirazione e che si accontenta di sfornare con scadenza il nuovo platter, quasi per accontentare più la label che i fans. Anche la immancabile traccia strumentale, Intermezzo Liberte, da sempre uno dei punti di forza dei fratelli Amott, non incide sull'andamento dell'album, consegnandoci un brano che da dirci ha solo il modo in cui è eseguito.

Un forte rammarico dunque suscita questo Rise Of The Tyrant, perchè la sufficienza è innegabile, ma da una band di questo calibro ci si aspetta molto di più. Forse però a livello compositivo sono finiti, e fino a quando non si troverà la giusta musa, questo è ciò che il gruppo "svedese" ha da regalarci.


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