Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Etichetta: 
Atp
Anno: 
2009
Line-Up: 

- Michael Gundlach - Chitarra
- Bobby Toher - Voce, Chitarra
- John Mordecai - Basso
- Jed Armour - Tastiere, Synth, Chitarra
- Brandon Collins - Batteria

Tracklist: 

1. Blown Doors
2. 3.1
3. All Mine
4. Rook
5. In Gold
6. The Age
7. Tropica
8. The Whip
9. Lie
10. The Return
11. Climb Up
12. Closure

Apse

Climb Up

Freak con il viso dipinto di nero, cabarettisti malinconici, giocolieri carnevaleschi dal cuore oscuro e infranto. Gli Apse sono tutto ciò che un magnate del mercato musicale non vorrebbe mai avere tra i propri "dipendenti". Lontani anni luce da qualsiasi regola di mercato, diametralmente opposti alle mode e ai trend commerciali degli ultimi anni, gli Apse si sono creati un mondo tutto loro, un mondo diverso proveniente da una galassia sperduta in cui non c'è spazio per riflettori ed esaltazioni televisive ma solo per un sogno musicale estemporaneo, intimo e profondo: si scava indietro nel tempo, si fa ritorno verso ambienti dimenticati ma riesumati con efficace poesia, si riabbracciano le emozioni di un limbo spazio-temporale scomparso eppure mai così attuale. Climb Up è un treno verso l'ignoto, è un viaggio lisergico che ci guida nei meandri di un pianeta alieno eppure estremamente eccitante, dalle sembianze floreali e al contempo abitato dai più silenziosi fantasmi della propria mente.

I colori sgargianti del pop-soul sessantiano (Closure), le ricerche art/prog dell'Inghilterra freak e la mesmerizzante estasi psichedelica dell'America woodstockiana (la caleidoscopica opener Blown Doors) sono qui lineamenti della medesima silhouette eppure, a persistere sotto questo voluminoso mantello di onirismo retrò, vi è una straniante cupidigia esistenziale che improvvisamente viene fuori trascinando con se suoni, atmosfere e sapori. Un'alchimia perfetta quella degli Apse, in grado di fondere pure esplosioni esotiche con riflessioni immortalate da sbiadite fotografie in bianco e nero, richiamando ora i deliri alt-rock dei Portugal. The Man (specialmente nel mood, nelle voci ovattate e nelle evoluzioni strumentali tipicamente psych/prog) ora le atmosfere più inquiete e intime dei Black Tape For A Blue Girl di 10 Neurotics.

In questo continuo abbandono tra reminiscenze art rock e improvvise discese dark non c'è spazio per il pensiero, perchè l'onda d'urto e la potenza espressiva degli Apse colpisce sin dai suoi primi, fragilissimi vagiti, espandendosi in un continuo ululato di emozioni infrante e di una solarità a dir poco dirompente (l'arioso arcobaleno melodico di The Age). Il dolce esoterismo di Tropica, la cavalcata strumentale di Rook, il quasi-shoegaze ottantiano di 3.1 e le veloci impennate prog di The Whip si scontrano continuamente con la barriera gotica innalzata dagli Apse mediante quelli che risultano essere i momenti più intensi del disco: il retrogusto psichedelico di In Gold, la radiohediana litania di Lie, l'atmosfera sognante e i sensazionali arrangiamenti di The Return e, su tutti, il malinconico cuore che ribolle nelle note del gioiello All Mine che coi suoi toni sommessi e sotterranei tratteggia splendidamente i contorni più fragili e i sapori più rarefatti del disco.
Nella sua alienante eterogeneità di stili e atmosfere, nel suo spossante movimento tra le barriere di una landa in effetti sterminata, Climb Up è un carillon che vomita senza sosta emozioni e affreschi interiori in continuo mutamento, rievocando grazie alle proprie qualità espressive uno sfavillante carnevale art rock ricercato e sapientemente costruito tanto nelle sue travolgenti scariche strumentali quanto nei suoi momenti più intimi e riflessivi.

Che si tratti di istinti psichedelici o di struggenti malinconie il risultato prodotto dagli Apse non cambia: Climb Up risulta essere (quasi) perfetto in ogni sua espressione e nella sua perenne, avvolgente vis atmosferica, sebbene sul complesso statunitense pesi in troppi casi l'ombra dei connazionali e stilisticamente più che affini Portugal. The Man, di cui vengono qui principalmente ripresi e rielaborati gli arrangiamenti (spessi ma equilibrati) e, in chiave decisamente più "gotica", le tavolozze melodiche e l'atmosfera di fondo.
Il passato non muore mai. E quando viene riesumato con tale efficacia l'unica cosa da fare è abbandonarvicisi.


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