Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Secretly Canadian
Anno: 
2009
Line-Up: 

- Antony Hegarty - Voce
- Julia Kent - Violoncello
- Doug Wieselman - Fiati
- Parker Kindred - Batteria
- Jeff Langston - Basso
- Maxim Moston - Violino
- Rob Moose - Chitarra, Violino

Tracklist: 

1. Her Eyes Are Underneath the Ground
2. Epilepsy Is Dancing
3. One Dove
4. Kiss My Name
5. The Crying Light
6. Another World
7. Daylight And The Sun
8. Aeon
9. Dust And Water
10. Everglade

Antony and the Johnsons

The Crying Light

Non è un parere ingenuo nè tantomeno fantasioso quello secondo cui Antony Hegarty rappresenti uno dei più brillanti e particolari songwriter del cantautorato internazionale; giudizio che, d'altronde, non ha nemmeno faticato troppo per venire alla luce dato i positivissimi pareri riscontrati già dalla sua opera prima, quell'omonimo Antony And The Johnsons che nel 2000 ci presentò per la prima volta il talento di un artista estremamente ambiguo (non solo sotto il profilo sessuale) ma straordinario nella sua semplicità. Talento, quello di Antony, che con il secondo full-lenght I Am A Bird Now (2005) si svelò in maniera ancor più decisa, tanto che l'album in questione viene tutt'ora considerato il suo vero gioiello, la testimonianza più limpida della sua peculiarità compositiva. A questo punto The Crying Light, ultimo full lenght del songwriter statunitense, diviene fondamentale in quanto, come se ce ne fosse stato davvero bisogno, afferma e consacra una volta per tutte la bellezza e la profondità della musica di Antony Hegarty.

Un cullarsi malinconico e ondeggiante, un'introspezione dolcemente nostalgica quella di The Crying Light, disco in cui la dimensione cantautorale si fa sempre più intensa e sentita, continuando il suo percorso sulle coordinate stilistiche e 'liriche' di I Am a Bird Now, ma aggiungendo un pizzico di emotività in più, il che rende l'album in questione ancora più soffuso e decisamente toccante. Quella di Antony And The Johnsons è in fondo una musica che non necessita di troppe spiegazioni e introduzioni: un pop molto leggero e melodico, affascinante nella sua dimensione 'colta' ma allo stesso tempo semplice e diretto, come l'infinità di pensieri e ricordi che ogni canzone porta con sè.

Attraverso arrangiamenti brillanti e curatissimi, The Crying Light si dissolve lentamente, con una pacatezza incorruttibile ed un'intensità emotiva di fondo che nello splendido cantato di Antony trova la sua espressione più commovente. Prima parlavamo di maggiore emotività, di un senso introspettivo ancora più marcato; il disco non aspetta infatti un solo momento per evocare questo stato interiore e lo fa immediatamente attraverso quello che, a conti fatti, risulta essere il capolavoro del lotto: Her Eyes Are Underneath The Ground è una ballata lenta e soffice da cui timidamente gronda una malinconia che se all'inizio avvolge in maniera dolce, nel suo protrarsi risulta essere quasi straziante nonostante per tutto il brano l'apparato strumentale (perfettamente arrangiato) rimanga ancorato ad un mood dolce e intimo, privo di veri e propri picchi d'intensità. Stesso discorso vale per la successiva Epilepsy Is Dancing, altro brano in cui l'ispirazione emotiva di Antony sgorga soavemete, senza rovinarsi in inutili barocchismi e senza cadere nel manierismo ormai tipico di gran parte del pop 'colto': in The Crying Light nulla è lasciato al caso ma allo stesso tempo le costruzioni armoniche e melodiche risultano essere semplici e decisamente toccanti, anche per far si che la voce di Antony, come sempre 'piena' e tremante d'intensità, si imponga in tutto il suo lirismo.
A partire dalla soffice One Dove ed escludendo la più 'elettrica' e banale Aeon, tutte le canzoni del disco nascondono al loro interno vortici di stati d'animo ora più eterei (l'atmosfera rarefatta e sospesa di Dust And Water) ora più drammaticamente tangibili (Everglade), spesso contrastanti tra loro (le aperture solari e le cadenze malinconiche di Kiss My Name) o addirittura inquietanti, come accade nella splendida Daylight And The Sun che con i suoi toni distesi e avvolgenti si pone come uno degli episodi di spicco dell'album.

Per la terza volta Antony Hegarty ha lasciato il segno, forse in maniera più intima rispetto ai precedenti (e apprezzabilissimi) lavori, dimostrandosi in ogni caso cantautore raffinato e ricercato, poeta del sentimento più nostalgico e introspettivo, esteta della solitudine e della diversità. In poche parole, un personaggio unico, capace di portarsi al di là dei limiti del music business e non solo, perchè quello del compositore statunitense è un distacco emotivo (i più superficiali ne parleranno probabilmente in termini esclusivamente estetici) che rispecchia tutto il suo essere in una musica si autobiografica, ma capace di commuovere in maniera universale.
Se solo potessero, anche le foglie piangerebbero.

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