Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Genere: 
Etichetta: 
SPV Records/Audioglobe
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Andre Matos - voce, pianoforte
- Andre Hernandez - chitarra
- Hugo Mariutti - chitarra
- Luis Mariutti - basso
- Fabio Riberio - tastiera
- Eloy Casagrande - batteria

Tracklist: 

1. Menuett (00:48)
2. Letting Go (06:04)
3. Rio (06:00)
4. Remember Why (05:55)
5. How Long (Unleashed Away) (04:50)
6. Looking Back (04:56)
7. Face The End (05:12)
8. Time To Be Free (08:33)
9. Rescue (05:58)
10. A New Moonlight (08:57)
11. Endeavour (07:02)

Andre Matos

Time to Be Free

Nell’ormai lontano 1992 Andre Matos iniziò il suo cammino musicale con gli Angra, band brasiliana che rivoluzionò il panorama Speed con le sue tinte Progressive; l’esperienza con alcuni dei compagni di gruppo si concluse nel 2001, con la sua dipartita dal progetto Angra, mentre la collaborazione con Luis Mariutti e Ricardo Confessori proseguì anche con il nuovo gruppo Progressive/Power che prese forma tra il 2000 e il 2001, gli Shamaan. Giunto nel 2006, il carismatico ed abile cantante decise di chiudere anche il capitolo Shamaan, voltando pagina per la propria carriera musicale ed intraprendendo la via solista.
Il frutto di questa scelta alquanto egocentrica ed azzardata è rappresentato da Time To Be Free, full-lenght con cui Matos debutta nel 2007, raccogliendo tutte le tradizioni musicali esplorate nella sua lunga permanenza nel mondo del Metal.

Un tratto sicuramente positivo del disco, oltre alla registrazione/produzione più che onorevole, è la presenza di sezioni etniche che colorano il Power/Heavy di Matos, rendendolo più variegato e sostenibile. Ricco di passaggi debitori dello stile del meraviglioso Angel’s Cry, come la quarta Remember Why, Time To Be Free procede ad alti e bassi, alternando tracce ripetitive e prive di mordente ad altre elaborate e più consapevoli: le eccezioni sono raffigurate da brani che sono intrisi delle sonorità Heavy Metal degli anni Ottanta, come How Long (Unleashed Away), carico dei fraseggi tipici dei migliori Iron Maiden.
La melodia rimane centrale in ciascun episodio, perché Matos cerca di far correre parallelamente i temi delle chitarre e la sua voce, espressiva nelle parti più sommesse e precisa e determinata sui caratteristici acuti del Power.
Convincenti poi la settima Face The End, dove pianoforte, chitarra e archi di sottofondo tessono un dialogo colmo di emozione e di passione musicale, e la title-track, in cui le orchestrazioni si uniscono efficacemente alle architetture delle chitarre.

Non stupisce quindi che l’album di Matos abbia riscosso un ampio successo in Giappone, dove è approdato direttamente alla seconda posizione nella chart nazionale, un risultato neanche raggiunto da Metallica o Heaven & Hell. Di certo Time To Be Free non costituisce un capolavoro del genere ma Matos è bravo a conciliare soluzioni del passato e del presente, delineando un sound a cavallo tra Speed e Heavy con evidenti punte Progressive. Inoltre l’inconfondibile tono vocale del brasiliano è un’ulteriore sicurezza per la buona riuscita di un album eseguito professionalmente e decisamente ricercato nella sua forma, affinata anche grazie agli inserti tradizionali della musica brasiliana, altro motore fondamentale dell’opera a cui Matos si sente particolarmente legato. Si auspica quindi che il futuro dell’artista sudamericano possa continuare sulla scia positiva tracciata nel lungo quindicennio che separa il 1992 dal 2007, senza scadere nella banalità dimostrata dalla maggior parte degli ex-membri di celebri bands dopo l’abbandono definitivo della loro collaborazione.

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