Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Damiano Cembali
Genere: 
Etichetta: 
Roadrunner Records
Anno: 
2010
Line-Up: 

:
- Myles Kennedy - vocals, rythm guitar
- Mark Tremonti - lead guitar, backing vocals
- Brian Marshall - bass guitar
- Scott Phillips - drums 

Tracklist: 

:
01. Slip To The Void
02. Isolation
03. Ghost Of Days Gone By
04. All Hope Is Gone
05. Still Remains
06. Make It Right
07. Wonderful Life
08. I Know It Hurts
09. Show Me A Sign
10. Fallout
11. Breathe Again
12. Coeur d'Alene
13. Life Must Go On
14. Word Darker Than Their Wings

Alter Bridge

AB III

Per quanto in qualunque forma artistica il gusto personale e soggettivo debba necessariamente prevalere su considerazioni di tipo più o meno tecnico, esistono tuttavia delle rarissime eccezioni per le quali critica e opinione si sposano perfettamente, in un connubio inscindibile, e diversamente non potrebbero. Non è questione di riflessioni, di analisi, di discussioni: dinanzi a certe espressioni umane  occorre solamente fermarsi, aprirsi e arrendersi all'evidenza, mai così piacevole, che non esiste nulla di meglio al mondo. Se un simile preludio potrà sembrare del tutto spropositato, ebbene: la ragione di tanto cappello è perché non abbiamo trovato modo più consono per descrivere la dimensione artistica ormai raggiunta nonché già ampiamente consolidata dagli Alter Bridge. La creatura fondata ben 7 anni or sono dalla sezione strumentale dei (per nulla, da parte nostra) compianti Creed e dal semi-sconosciuto vocalist Myles Kennedy si era affacciata a questo arido duemiladieci con la consapevolezza di dover nuovamente ribadire un primato glorioso e meritatamente conquistato con lo stupefascente album d'esordio One Day Remains, nel lontano 2004, e l'altrettanto mostruoso successore Blackbird, appena tre anni fa: quello di leader assoluta del movimento rock mondiale.

Senza dilungarci ulteriormente sull'importanza storicamente cruciale del terzo disco, è chiaro come le aspettative fossero assolutamente elevate, sia in merito all'effettiva consistenza dei nuovi pezzi (quante altre band, nonostante gli esordi folgoranti, hanno poi smarrito completamente l'ispirazione già alla loro terza o quarta uscita?) che relativamente alla sua colorazione emotiva: One Day Remains e Blackbird, infatti, pur avendo il comune denominatore di una tecnica strumentale di primissimo ordine e di una capacità di plasmare dinamiche melodiche accattivanti eppure raffinate decisamente fuori dal comune, rappresentavano due facce della stessa medaglia eppure diametralmente opposte, il primo vantando un'esplosività dilagante ed una brillantezza quasi cristallina in grado di penetrare agevolmente anche un pubblico principalmente votato alla musica commerciale, il secondo esibendo invece una carica cupa e una solidità metallica capaci di suscitare l'attenzione di frange solitamente devote alla musica estrema. 

A dispetto della tradizione solitamente nefasta in fatto di annunci (nei mesi precedenti alla sua pubblicazione, datata 11 ottobre 2010, il cantante Myles Kennedy ed il chitarrista Mark Tremonti avevano annunciato un sensibile indurimento delle sonorità, più cupe e spinte rispetto ai loro trascorsi), AB III (titolo essenziale almeno quanto la cover, piuttosto rude e deludente) manifesta effettivamente un ulteriore step evolutivo che sintetizza perfettamente la contraddizione latente dei suoi 2 predecessori: dalla teatralità vorticosa di una perfetta live opener quale Slip To The Void alla nostalgia serena e combattiva di Ghost Of Days Gone By, passando per il sentimentalismo genuino e commovente di Wonderful Life o il feroce disincanto di All Hope Is Gone (i cui intrecci di chitarra rasentano davvero il sublime), AB III manifesta una maturità compositiva assolutamente completa, talvolta ai limiti dell'allucinante, tanto più se paragonata alla diffusa mediocrità circostante, che dimostra ancora una volta (se davvero ce ne fosse il bisogno) come gli Alter Bridge sappiano raccontare e raccontarsi con perfetta coscienza, senza mai eccedere in manierismi asfissianti, sempre imprimendo quel tratto personale e distintivo che trasforma il canone in manufatto. L'irresistibile primo singolo estratto Isolation, l'arrembante I Know It Hurts (contraddistinta da un impatto live assolutamente debordante che potremmo testimoniare in prima persona) e persino l'ipnotica Still Remains ribadiscono con ulteriore veemenza quanto appena espresso: nonostante l'apparente banalità delle strutture melodiche ed il conseguente, elevatissimo coefficiente di rischio-riciclo (trappola insidiosa eppure ben nota della quale moltissime formazioni rock decidono palesemente di non curarsi), le tre tracce sopracitate non manifestano alcuna cedevolezza e mantengono perfettamente intatto quel profumo inebriante che è proprio delle idee, se proprio nuove, almeno ancora fresche.

L'unico difetto realmente imputabile ad AB III è la netta disparità fra le 2 metà dell'album in termini di tracklist, individuando nella sopracitata I Know It Hurts proprio lo spartiacque ideale: se la prima parte è un susseguirsi inesauribile di hit moderne e dannatamente convincenti, infatti, la seconda pare indugiare talvolta sugli allori appena conquistati, dissimulando un vago sospetto di riempitivo; nonostante alcuni dettagli stilistici ravvivino costantemente il sacro fuoco di Euterpe, pur tuttavia da pezzi quali Show Me A Sign, Fallout o Breathe Again emerge una certa stanchezza, l'entusiasmo pare come improvvisamente ridimensionato, e se è vero che giammai si fa incombente la tentazione pungente di premere il pulsante di skip e procedere verso quell'approdo paradisiaco che è Life Must Go On (assoluto capolavoro di espressività e commozione), certo non si può negare che faccia capolino il fugace desiderio di tornare indietro e riascoltare immediatamente le sette tracce iniziali. Ciò detto, ci auguriamo che ogni ulteriore puntualizzazione diventi assolutamente superflua: non stiamo assolutamente parlando di momenti di noia o frustrazione, di ovvietà o mediocrità, al contrario è più probabile che un simile calo, che altrove sarebbe giudicato come fisiologico, venga clamorosamente amplificato proprio in considerazione del fatto che stiamo parlando degli Alter Bridge e non di una discreta band qualunque.

A questo punto viene da domandarsi cosa potranno proporci, di nuovo, nel prossimo futuro: One Day Remains, Blackbird e AB III costituiscono una tripla difficilmente eguagliabile che se da un lato li colloca sulla vetta più alta del rock contemporaneo, dall'altro li mette dinanzi ad un bivio delicato, li obbliga a decidere se proseguire sulla via già tracciata affrontando a viso aperto il consueto rischio di ricalcare sé stessi oppure se cambiare direzione non soltanto espressiva (come già accaduto e spiegato in precedenza) ma anche tecnica e strumentale. Inutile azzardare ipotesi, di una sola questione possiamo restare certi: com'è vero che gli Alter Bridge incarnano come nessun altro, oggi, l'anima rock dei tempi che furono, calandola in una veste moderna e attuale eppure sanguigna  e genuina, altrettanto vero è che non la tradiranno in futuro - ciò che non si è verificato con One Day Remains, ciò che non è accaduto con Blackbird, ciò che non è capitato nemmeno col sensazionale (ma, lo sottolineiamo, leggermente inferiore al suo predecessore) AB III.  


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