Voto: 
8.4 / 10
Autore: 
Paolo Cazzola
Genere: 
Etichetta: 
Sony
Anno: 
1994
Line-Up: 

- Layne Staley - Voce, Armonica
- Jerry Cantrell - Chitarra acustica, Chitarra elettrica
- Mike Starr - Basso
- Sean Kinney - Batteria, Percussioni


Tracklist: 

1. Rotten Apple (06:59)
2. Nutshell (04:19)
3. I Stay Away (04:14)
4. No Excuses (04:15)
5. Whale and Wasp (02:37)
6. Don't Follow (04:22)
7. Swing On This (04:05)

Alice in Chains

Jar of Flies

Arriva per tutti i gruppi il momento di mettersi alla prova, il momento di fare una scommessa con se stessi, cercando di esplorare nuove mete e nuove soluzioni (a volte diametricalmente opposte rispetto alle originarie). Questo momento arrivò anche per gli Alice In Chains, nel settembre del 1994. Arrivò soprattutto quando il gruppo era in una situazione molto difficile, dovuta alla dipendenza del leader Layne Staley dalle droghe, che si faceva sempre più marcata. E’ proprio in questo periodo che essa raggiunge il culmine, andandosi a riflettere sulla produzione del gruppo.

Proprio nel 1994, quando tutta la scena mondiale era ancora in lutto per la gravissima perdita di Kurt Cobain, gli Alice In Chains escono sul mercato con Jar Of Flies, un EP acustico di pregevole fattura. E’ proprio con questa scelta così azzardata che si percepisce l’intenzione del gruppo: portare un po’ di pace, armonia e tranquillità in un mondo, quello rock, così sconvolto e provato. Jar Of Flies rappresenta l’altra faccia degli Alice In Chains: mette da parte il muro sonoro delle distorsioni lasciando spazio alla grazia e alla leggerezza delle chitarre acustiche. Inoltre fu il primo EP della storia ad esordire nelle charts statunitensi al primo posto.

Il disco si apre con Rotten Apple, un ottima canzone dai toni blueseggianti, sulla quale si posa la sgraziata e sofferta voce di Staley. Tutto ciò a creare un perfetto connubio di intensità e sentimento, impreziosito da un ottima prestazione ritmica di Sean Kinney. Fin dalla prima traccia si può notare il tipo di arrangiamento che poi sarà presente in tutto il resto dell’album, incentrato sulla delicata acustica di Cantrell.
Nutshell, tanto bella quanto maledetta, è la seconda canzone del disco. Qui il grado di sofferenza si alza non poco, aumentando l’atmosfera trasognata già palpabile. Dal punto di vista strumentale è una canzone molto semplice, strutturata su pochi accordi, che lascia spazio all’ugola di Staley che raggiunge picchi emotivi non indifferenti. Si procede con I Stay Away, vagamente più movimentata delle precendente, ma non per questo meno sofferta. In questa canzone fanno il loro ingresso archi e violini, aumentando di molto il grado di alienazione generale, portato al massimo. Il primo singolo dell’album, ovvero No Excuses si presenta come quarta song del disco. Si tratta di un pezzo dai sapori country marcatissimi, nel quale ogni componente da il meglio di se, con una nota di merito alla parte di basso di Starr e all’insuperabile prestazione canora di Staley. Proprio in questa canzone le parti vocali sono curate, oltre che dallo stesso Staley, da Cantrell (autore di un fantastico assolo successivamente).
Si arriva poi ad una canzone strumentale, Whale & Wasp. Si tratta di un pezzo di indubbio gusto, nel quale la chitarra elettrica sembra quasi gridare su un tappeto di acustica e di archi, disegnando quadri e paesaggi soltanto grazie a poche note collocate al punto giusto di un arpeggio.
La seguente Don’t Follow si apre con una delicata acustica, sulla quale Staley tesse una meravigliosa ballata dalle soavi sfumature country, dotata di un bellissimo testo. La canzone sale di intensità e di ritmo successivamente, per poi attenuarsi nuovamente, in un finale da lacrime.
Swing On This si apre con un efficace intro di batteria, sul quale si costituisce il giro che forma la canzone (forse la più dura del disco, quella con la componente acida più marcata). Fondamentalmente si tratta del pezzo meno bello dell’album, ma comunque dotato di un buon groove e di una buona base ritmica. Ancora una volta la solita ottima prestazione vocale.

E così finisce il viaggio iniziato con Rotten Apple, un viaggio intimista e sentito, tessuto dall’ugola di un angelo decaduto e dalle soavi note di strumenti particolarmente ispirati. Un viaggio acustico, costellato di emotività e di alienazione. Dimenticatevi le sonorità Heavy Rock dei primi dischi per tuffarvi in questa esperienza totalmente diversa, che non vi deluderà nemmeno per un istante.
La voce straziante di Staley, intrisa di dolore e di rassegnazione, dipinge su una tela vuota il percorso che da lì a poco avrà inizio.

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