Voto: 
8.0 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Genere: 
Etichetta: 
Important Records
Anno: 
2011
Line-Up: 

- Vampillia - voci, archi, pianoforte
- Jarboe - voce
- Merzbow - programming, noise

Tracklist: 

1. Sea (24:43)
2. Land (24:36)

Vampillia

Alchemic Heart

 

Un’orchestra di musicisti insani, vestiti come manichini al di là di qualunque immaginazione estetica. Sono tanti, brutti, geniali. E, guarda un pò, giapponesi. I Vampillia, denominati The Brutal Orchestra, hanno recentemente sperimentato un delirante mix di noise, pop, metal, sonorità orchestrali e distensioni elettroniche, diventando immediatamente uno dei gruppi maggiormente in risalto del panorama sperimentale del Sol Levante. Al contrario di molti altri progetti connazionali, però, l’approdo dei Vampillia nel mercato e nell’underground europeo e americano stenta ancora a decollare. Di sicuro, Alchemic Heart non è un disco semplice e diretto ma – anche se saranno in pochi a seguire il consiglio – è destinato a rimanere come una delle creazioni musicali più affascinanti e coinvolgenti degli ultimi anni. A testimoniarlo, quasi come una sorta di garanzia sulla qualità del prodotto, ecco la simultanea presenza di Jarboe e Merzbow, due mostri sacri chiamati a far valere la propria auta sotterranea e malata in un disegno musicale votato ad un ideale globale, in perenne divenire.

Suddiviso in due sole, lunghissime tracce, Alchemic Heart è un album come non se ne sentivano da veramente molto, troppo tempo. Provvisoriamente messe da parte le schizofrenie (avant-) orchestrali, il progetto nipponico si concentra nella folle rappresentazione di un mondo sonoro scomparso e remoto. Il microcosmo delle più tragiche emozioni umane nel macrocosmo dell’anelito cosmico: in Alchemic Heart grande e piccolo si uniscono così come il sublime e l’intimo, il rumoroso e il soave, l’epico e lo straziante.

Sea, il primo capitolo del disco, si apre come un vero e proprio incantesimo atmosferico. Jarboe, non chiamata nel progetto per le sue sconvolgenti litanie vocali, stende la propria voce narrante lungo un sottile tappeto di archi. Le sue parole si affacciano sulla solitudine, la perdita e l’abbandono mentre, dietro di essa, il magma dei Vampillia comincia lentamente a muoversi. Gli archi crescono, i respiri di Jarboe anche, eppure tutto è ancora avvolto in una dolcezza atmosferico-melodica inaspettata. Quando i violini cessano il loro moto, è un pianoforte isolato a condurre silenziosamente le trame della suite. Dopodichè, l'improvvisa risalita del sublime. Lente e pesanti come macigni, le chitarre distorte dei Vampillia fanno il loro ingresso, dipanandosi in un divenire melodico straziante, che nei restanti dieci minuti di Sea raccoglie al proprio interno nuove ascese violinistiche e sconvolgenti intrecci di voci operistiche. Poi, di nuovo il silenzio, con un timido pianoforte e la voce di Jarboe, rotta e vibrante.

Se Sea era un progredire musicale dettato da una crescita sinuosa e (quasi) naturalistica, Land è la sua traduzione in un ambiente diverso, più caotico e contratto. L’apertura atmosferica del mare scompare per far posto alla catarsi psichedelico-rumoristica della terraferma e della città contemporanea. I violini ritornano ma sembrano danzare come api inquiete in un cielo trafficato di noise e pubblicità elettroniche. Eppure, ancora una volta, tutto sembra così illusorio e dolce. I sottofondi rumoristici di Merzbow crescono man mano d’intensità, inglobando al proprio interno tutto ciò che trovano davanti. Stridii e lamenti informatici che solo la dolcezza del pianoforte e degli archi sono in grado di mettere a tacere per qualche secondo. Una pausa ambientale di qualche minuto, suoni pacati e la testa che vaga senza meta in un limbo improvvisato tra il caos dell’uomo moderno. La città della tragedia tecnologica - com’era da aspettarsi - viene però rievocata, e le sue sembianze sono ancora più epiche e travolgenti. Supportati dalle lacerazioni elettroniche di Merzbow, i drone chitarristici dei Vampillia si caricano di tenebre e di un’atmosfericità avvolgente: una cavalcata di distorsioni, noise, voci liriche, archi e pianoforti che si stende in tredici minuti di pura catarsi emotiva.

Alchemic Heart è un’opera di una forza drammatica semplicemente sconvolgente, come un melodramma seicentesco intervallato da momenti di teatro dell’assurdo, di cinema espressionista e di pittura astratta. Quella dei Vampillia è un’ascesa trascendentale e disperata verso un Dio che non c’è, ed è per questo che il senso di elevazione evocato dalle musiche del disco è perennemente accompagnato da un senso di vertigine assoluta, come se ci fossero gli artigli dell’abisso a conficcarsi in questo costante, commovente movimento verso l’alto.

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