Voto: 
7.4 / 10
Autore: 
Salvo Sciumè
Genere: 
Etichetta: 
Columbia Records
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Brian Johnson - voce
- Angus Young - chitarra
- Malcolm Young - chitarra
- Cliff Williams - basso
- Phil Rudd - batteria

Tracklist: 

1. Rock 'N' Roll Train
2. Skies On Fire
3. Big Jack
4. Anything Goes
5. War Machine
6. Smash 'N' Grab
7. Spoilin' For A Fight
8. Wheels
9. Decibel
10. Stormy May Day
11. She Likes Rock 'N' Roll
12. Money Made
13. Rock 'N' Roll Dream
14. Rocking All The Way
15. Black Ice

AC/DC

Black Ice

Sono state poche, anzi pochissime, nella storia del rock le band che sono state in grado di creare, ritagliarsi e cucirsi addosso uno stile proprio, così unico ed inconfondibile da potersi permettere il lusso di non guardare in faccia lo scorrere del tempo, snobbarlo e rimanere uguali a prima, giovani, selvaggi e ribelli da arzilli ultra-cinquantenni proprio come lo erano da ventenni, di rimanere sempre gli stessi senza per questo ripetersi o riciclarsi, da poter vantare una carriera così longeva e costellata di successi ed innumerevoli tentativi di imitazione. Tra queste non possiamo non citare Ramones, Motorhead ed appunto AC/DC.
L’attesa per l’ultimo lavoro dei cinque australiani è stata molto lunga, infatti sono passati ben otto anni dall’ultimo Stiff Upper Lip, ed era diventata addirittura febbrile e spasmodica per tutti i loro fan ed estimatori da quando nel 2004 era stato dato il primo dei tanti annunci della ormai prossima uscita del loro nuovo disco.

Alla fine Black Ice è arrivato quando tutti meno se lo aspettavano, e forse non ci credevano nemmeno più, in un mondo che corre troppo veloce per poi rimanere sempre più fermo, troppo uniformato, tecnologico e moderno, perché si possa pensare che intraveda ancora in quel rock n’ roll primordiale ed immutabile una forma espressiva ancora in grado di scuotere gli animi, un mondo sempre più finto e costruito e proprio per questo incapace di creare nuovi eroi. Eppure la voglia di rock n’ roll non è andata mai del tutto sopita, come la necessità umana di avere qualcuno o qualcosa in cui valga ancora la pena credere, tant’è che l’attesa per il nuovo album della band che più di ogni altra impersona lo spirito del rock n’ roll è uno di quegli eventi che non lascerà indifferenti nemmeno chi in cuor suo avrebbe preferito che Chuck Berry e Jerry Lee Lewis non fossero mai neanche nati.
Prodotto da Brendan O’Brien (Bruce Springsteen, Pearl Jam, Rage Against The Machine, Offspring e Stone Temple Pilots tra i tanti), il nuovo arrivato di casa AC/DC, il diciassettesimo in studio per la cronaca, non lesina nemmeno qualche lieve sfumatura distintiva rispetto al passato, senza tuttavia dare adito al semplice pensiero che sia cambiata la loro inconfondibile visione ed interpretazione del rock n’ roll. La mano esperta e sapiente del produttore si vede infatti quando si nota un migliore equilibrio in fase ritmica, che permette al basso di Cliff Williams di spiccare come non mai, all’interno peraltro di una proposta che appare più varia tanto quanto basta per permettere loro di risultare appena un po’ diversi ma al contempo sempre uguali a sé stessi.

Rock 'N' Roll Train, opener e singolo di lancio, chiarisce, se mai ce ne fosse bisogno, che si tratta dell’ennesimo solito disco degli AC/DC, un rock n’ roll elettrizzante ed imbevuto di blues, che riprende un po’ tutti i cliché degli anni ‘80 tra riff memorabili, tanto groove, e cori da stadio ariosi e liberatori in pieno stile arena rock, seguito a ruota dalla più lenta ma accattivante Skies On Fire, melodicamente losca con il suo riffing efficace e pungente, e da Big Jack, pezzo di grezzo e sporco rock n’ roll marchiato a fuoco con il tipico “AC/DC-sound”, esattamente come lo sono Spoilin' For A Fight e War Machine.
La prova di Brian Johnson appare talvolta meno graffiante del solito, mostrando quasi la corda in alcune sporadiche occasioni, e forse il suo recente annuncio secondo cui il prossimo tour sarà per lui anche l’ultimo non è tanto campato per aria, ma in linea di massima la sua performance è di quelle che lasciano il segno, come dimostrano il selvaggio mid-tempo Wheels, graziato da buone aperture melodiche, o ancor di più il seguente blues sporco e disinvolto di Decibel, con un retrogusto southern che ricorda gli ZZ Top di Waitin’ For The Bus, mentre il guitar-work dei fratelli Young è inconfondibilmente quello che li accompagna ormai da oltre trenta anni.

Si avverte però lungo le quindici tracce di Black Ice, come già detto, una certa varietà, talvolta però combinata con qualche citazione ad altri nomi storici del rock, basti ascoltare brani come Stormy May Day, introdotta da uno slide guitar “zeppelin-esco” e con i suoi riff che sembrano presi in prestito da In My Time Of Dying degli stessi Led Zeppelin, i chiari richiami a certo southern rock dei ZZ Top nella già citata Decibel o in Rocking All The Way, anche se poi quest’ultimo si snoda su coordinate tipicamente AC/DC-iane ma più legate agli anni ‘70, o la più radiofonica e catchy Anything Goes, perfetta per essere lanciata come singolo e destinata ad essere la nuova Money Talks, anche se ricorda non poco Darlington County (da Born In The USA) di Bruce Springsteen, ma venata da certe sonorità tipiche della Scozia (i fratelli Young hanno sangue scozzese, essendo nati a Glascow) ed un retrogusto glam, un po’ à la Def Leppard, o ancora le melodie elegiache di Rock 'N' Roll Dream e la “striptease-song” She Likes Rock 'N' Roll, che sembrano un po’ esulare da quell’approccio melodico meno curato e scarno tipico del loro stile.
Qualche brano sottotono come il mid-tempo Money Made, spento e poco ispirato, a tratti persino irritante nel suo andamento sincopato, o la stessa oscura ed incalzante title-track, erano in un certo senso da preventivare, considerando anche la lunghezza della tracklist, probabilmente dovuta al prolungato processo di gestazione dell’album, ma di veri e propri filler non ce ne sono, tanto che pure quei brani che meno saltano agli occhi inizialmente si rivelano poi trascinanti ed elettrizzanti, come avviene ad esempio con Smash 'N' Grab.

Non è di certo questo il disco per il quale gli AC/DC saranno ricordati, ma l’atteso ritorno della band australiana è di quelli che non lasceranno delusi i loro numerosi fan ed estimatori, infatti Black Ice continua, quanto possibile, nel migliore dei modi una tradizione più che trentennale, impregnata di sporco e grezzo rock n’ roll, fatto di sfrontataggine, alcool e sudore.
Ancora una volta, per l’ennesima volta... it’s only Rock n’ Roll, questi sono gli AC/DC. Prendere o lasciare.

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