Voto: 
6.5 / 10
Autore: 
Andrea Rubini
Genere: 
Etichetta: 
EMI
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Jyrki - voce
- Bazie - chitarra
- Timo-Timo - chitarra
- Archzie - basso
- Jussi 69 - batteria


Tracklist: 

1. Angels
2. Never Say Die
3. Rocker
4. Ghost
5. Perfect Skin
6. Wings & Hearts
7. Star of Fate
8. Los Angeles
9. In My Name
10. Shadow of Your Love
11. Frankenhooker

69 Eyes, The

Angels

Avevamo lasciato i The 69 Eyes tre anni fa e al loro lavoro Devils, album controverso dal punto di vista della critica, visto il cambio di rotta verso sonorità più accessibili. Ma è appunto grazie ad un sound molto meno soffisticato e più "alla mano" che i Vampiri di Helsinki si sono affermati ed imposti negli States, grazie anche al tour seguente che li ha visti letteralmente spopolare tra i giovani rockers americani.

Torniamo al presente, e ad Angels, capitolo successivo che vede non poche analogie con il precedente capitolo. A partire dall'artwork, dove Jyrki è sostituito da una bionda modella, capiamo che questo Angels è più che un seguito, un proseguimento, ma a dir il vero, è lo stesso album rivisitato.

La struttura dell'album, undici tracce, è identica, così come quasi identica la durata complessiva del platter; così come Devils aprì l'omonimo disco, qui tocca ad Angels, brano fotocopia che apporta agli stessi identici riff e chorus soltanto lyrics differenti. Ed è così che pian piano scopriamo sempre più analogie tra i due lavori, tipo come non notare la netta somiglianza tra Never Say Die e Lost Boys, singolo che spopolò per la sua ritmica catchy e i suoi richiami al goth 'n' roll che tanto i nostri portano fieramente avanti. Dunque, in una cinquantina di minuti, Jyrki e compagni si cimentano in uno street-rock contaminato da atmosfere cupe e glam, rievocando per l'ennesima volta i connazionali HIM e Hanoi Rocks, band che loro stessi citano (non a caso) come maggiori influenze. A volte però il prodotto musicale non è degnamente sopportato dai testi, come in Rocker e In My Name, ad esempio, dove oltre alla banalità ci si mette una ripetizione snervante di un chorus che sta bene soltanto in metrica che per concetto (Baby, I am a rocker, a goddamn rocker...). Da domandarsi dunque a questo punto è se i The 69 Eyes hanno volutamente fatto questo album visto il successo, per lo meno mediatico, del precedente, se sia stato concepito addirittura durante la registrazione di Devils o se non hanno più idee e hanno riciclato il materiale a disposizione. Perchè onestamente, il lavoro è orecchiabile, emotivo quanto basta, e trascina l'odience in un sound catchy ma dalla indubbia resa. Tuttavia i cinque di Helsinki ci avevano abiutato ad un sound più forte e maturo, ripensando ad album quali Savage Garden e specialmente Blessed Be.

Album dunque per chi ormai è affezionato alla band e non perde l'appuntamento con le loro uscite, e per chiunque vuole iniziare ad ascoltare determinati generi storici partendo comunque con qualcosa di molto semplice e accessibile.

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