Voto: 
8.3 / 10
Autore: 
Samuele Boschelli
Etichetta: 
International Artists
Anno: 
1967
Line-Up: 

- Roky Erickson - Voce, Chitarra
- Dan Galindo - Basso
- Stacy Sutherland - Chitarra
- Danny Thomas - Batteria
- Tommy Hall - Jug Elettrico

Tracklist: 

1. Slip Inside This House
2. Slide Machine
3. She Lives (In a Time of Her Own)
4. Nobody to Love
5. Baby Blue
6. Eartquake
7. Dust
8. Levitation
9. I Had to Tell You
10. Postures (Leave Your Body Behind)

13th Floor Elevators

Easter Everywhere

Non posso sfuggire alle dovute spiegazioni circa la mia scelta di raccontare questo Easter Everwhere a scapito del suo famosissimo predecessore The Psychedelic Sounds of the 13th Floor Elevators. Nessuna giustificazione: il primo album dei 13th Floor Elevators è senza ombra di dubbio quello che tutti (giustamente) indicano come il più rappresentativo, non solo del gruppo, ma a dirla tutta di un intero movimento, quello del garage rock e del rock psichedelico statunitense. Sarà la mia passione per i dischi che nascono e vivono nelll’ombra di altri, sarà che questo disco non ha nulla da invidiare sul profilo squisitamente musicale al suo ingombrante avo, sarà che viene troppo spesso dimenticato anche a favore di opere di altri artisti assai meno riuscite di questo, ma ho deciso pertanto di parlarne proponendomi di raccontarvi in futuro anche il loro capolavoro riconosciuto.

Roky Erickson e gli Elevators, forti della bella esperienza di The Psychedelic Sounds of, in questo disco affinano uno stile più sicuro, a tratti leggermente più rilassato e disteso e palesano anche una tecnica generale assai migliorata e compatta. Il jug elettronico continua a recitare un ruolo da protagonista in contesti che spaziano dal country al rock, dal blues al folk acido, declinando il tutto con uno straordinario senso psichedelico comune a pochi fuoriclasse. Nell’insalata psichedelica di Easter Everywhere i nostri assicurano un suono acido che ricorda i Kinks quanto gli Stones, Bob Dylan e i Pink Floyd di Syd Barrett, aggiungendo in più il tipico e malsano tocco del gruppo, aspetto per il quale essi sono passato alla storia del rock.

Se The Psychedelic Sounds of puntava tutto sull’impatto, Easter Everywhere mostra un’attenzione più consapevole sulla costruzione della canzone. Non a caso Slip Inside This House, bellissimo brano d’apertura, si concede un ponte ed un ritornello di quelli che riescono a far breccia mentre Nobody to Love, firmata da Stacy Sutherland, evidenzia in pochi minuti una pacatezza di insinuanti toni psichedelici direi quasi ragionati, soprattutto nelle loro combinazioni chitarristiche. Ipnotica e vibrante, comunicativa e ficcante, Earthquake si pone come uno dei brani di maggior attrazione di questo splendido album. Salgono in cattedra le fuzz e le phaser guitars ad interrompere talvolta l’incedere cervellotico del jug e le stralunate nenie di Erickson, mentre sul profilo del tempo si rimane sempre nei territori di un ipnosi ritmica pulsante che potrebbe durare tranquillamente all’infinito. La successiva Dust è una bella ballata di contemplazione lunare, interamente distesa sulla chitarra acustica, con qualche piccolo intervento di chitarra elettrica e il solito jug sullo sfondo a conferire la consueta dose di follia in un brano che riesce ad emozionare soprattutto per l’ottima interpretazione di Roky Erickson alla voce. Dopo gli spigoli garage di Levitation, gli Elevators con I Had to Tell You azzeccano un’altra ballata, stavolta di estrazione country, come al solito inacidita dalla loro tipica verve psichedelica. L’ispirazione bucolica e l’invocazione pastorale che hanno luogo sarebbero piaciute molto al Roger Waters menestrello di Grantchester Meadows. Si chiude con un piccolo capolavoro, Postures (Leave Your Body Behind), una composizione tipicamente Elevators e decisamente psichedelica. Ottimi i riffs di chitarra, perfetto Erickson nel ricamare un tessuto vocale poco meno che memorabile.

Come poco meno che memorabile è l’intero disco nella sua totalità, non tanto perché carente di quella componente rara che consente di innalzare un’ opera a capolavoro, quanto per il suo destino, ovvero quello di essere stato concepito dopo un’ autentica pietra miliare come The Psychedelic Sounds of... . Detto questo, Easter Everywhere è un disco quantomeno indispensabile per ogni amante del rock psichedelico e mi auguro che in futuro possa essere rivalutato e menzionato un po’ più spesso di quanto sia stato fatto sino ad oggi.
 

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