Voto: 
7.2 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Etichetta: 
Rough Trade
Anno: 
2010
Line-Up: 

- Emily Kokal - vocals, guitar
- Jenny Lee Lindberg - bass, vocals
- Theresa Wayman - vocals, guitar, drums, keyboards
- Stella Mozgawa - drums, keyboards, vocals, guitar

Tracklist: 


1. Set Your Arms Drown
2. Warpaint
3. Undertow
4. Bees
5. Shadows
6. Composure
7. Baby
8. Majesty
9. Lissie's Heart Murmur

Warpaint

The Fool

Le Warpaint sono un gruppo tutto al femminile formato dalle nientemenoche amiche d'infanzia Theresa Wayman, Emily Kokal, Shannyn Sossamon e Jenny Lee Lindberg il giorno di San Valentino 2004 a Los Angeles.
Con queste zuccherose premesse il quartetto si diletta nei live e, sotto l'egida di John Frusciante e Josh Klinghoffer dei Red Hot Chili Peppers come rispettivamente produttore e session-man, incide un primo EP nel 2008, Exquisite Corpse, che riscuote un discreto successo.
Nel 2009 si unisce a loro la batterista Stella Mozgawa al posto della Sossamon, partecipano ad una compilation di cover su David Bowie e cominciano le registrazioni per il full-lenght di debutto, intitolato The Fool e distribuito per Rough Trade l'anno seguente.

Iscritto nell'art rock dalla critica d'oltre oceano, l'album si rivela un interessante e piacevole punto di incontro fra la psichedelia d'estrazione californiana e la new wave inglese, particolarmente a tinte dark (Cure, Siouxsie and the Banshees) e in parte dream pop (This Mortal Coil), l'approccio compositivo è però influenzato dall'indie pop americano che melodizza e rende più immediati i pezzi.
Le canzoni sono soffuse e pacate, con tonalità basse che riflettono umori crepuscolari, dolcemente malinconici ma in alcuni casi anche parzialmente tetri.  Il gusto melodico delle ragazze risulta solido e con esso le statunitensi dipingono delicati fondali onirici di sostegno ad una trama acida, ma certosinamente mitigata dai vocalismi, sempre cristallini anche se ancora non moltissimo flessibili, e dai fraseggi chitarristici.
Tuttavia nel tentativo di risultare il più possibile avvolgenti e mesmerizzanti, il gruppo indugia un po' nel dilatare i brani che così possono sembrare leggermente prolissi e stemperati della loro vena più radio-friendly.
Si tratta comunque di un aspetto di per sè secondario, risulta più rilevante piuttosto che questa dilatazione porta, alla fine, a lasciare un po' un senso di inconcludenza nella maggior parte dei pezzi, come se fosse imminente una qualche risoluzione conclusiva che puntualmente non avviene perché le quattro insistono sulle stesse idee. Un tocco di acerbità compositiva insomma che ci auspichiamo lasci presto spazio alla maturazione completa del gruppo.

Si comincia dunque con la pacata Set Your Arms Down, con echi psichedelici '60 filtrati attraverso un piglio placido maggiormente affine alla wave ottantiana e in particolare allo stile di Siouxsie. La voce della Kokal è espressiva, ma ogni tanto tende a indugiare sulla stessa soluzione, peccando di monotonia.
La successiva Warpaint è più cupa e arabesca, trovando connessioni con un goth lisergico portato avanti dalla sezione ritmica spedita (soprattutto i bassi) e dai giochi melodici a metà fra Gathering e Cure.
Viene ora il singolo Undertow, orecchiabile pop-rock dalle sottili tinte psych/dream con un ritornello dolce e romantico, in contrapposizione alla tenebrosa Bees, la canzone più gotica e inquietante dell'album con riverberi raggelanti, bassi penetranti, versi acidi e spettrali insieme.
Shadow è dolce e malinconica, con una chitarra acustica alienata abbinata ad una delicata ballata di pianoforte, questa volta è la Wayman a cantare rivelandosi altrettanto dolce e limpida.
Composure intende essere un crocevia fra Gathering, (in parte) Radiohead e This Mortal Coil, ma a questo punto le composizioni iniziano ad essere un po' stanche e stona l'alternanza di parti più soffuse ed eteree con altre più psych-funk (bassi funky e chitarre pinkfloydiane).
La ballata folk Baby è melodicamente cullante ma anche scontata e banalotta, per fortuna l'elettronica cupa e le atmosfere notturne di Majesty suonano più intriganti (anche se il risultato è ancora prolungato in maniera forse eccessiva), come una via di mezzo più pop fra Raincoats e Gathering scandita dagli intrecci di rhodes, battiti sintetici e spruzzi eterei lievemente tendenti al trip lisergico.
Infine abbiamo la malinconica Lissie's Heart Murmur, incentrata sul motivo ripetuto di pianoforte al quale si aggiungono via via la batteria cadenzata, riempimenti tastieristici di sfondo e riverberi alienati in lontananza, mentre la voce è impegnata in una nenia dolceamara che trasmette sentimento e tristezza.

In conclusione, l'album, a volte forse un po' troppo osannato dalla stampa, riesce ad essere cupo e ipnotico ma anche magico ed evocativo allo stesso tempo, tuttavia emergono alcuni difetti che impediscono di comporre il capolavoro. C'è però di che ben sperare in futuro.

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