Voto: 
7.4 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Etichetta: 
Yellow Electric
Anno: 
2010
Line-Up: 

- Grouper - Voce, Elettronica
- Roy Montgomery - Chitarra

Tracklist: 

1. Roy Montgomery - Fantasia on a Theme by Sandy Bull (Slight Return) (18:13)
2. Grouper - Hollow Press (3:27)
3. Grouper - Vessel (3:49)
4. Grouper - Hold the Way (4:15)
5. Grouper - Pulse (5:08)

Grouper and Roy Montgomery

Split 12''

Quella tra Grouper e Roy Montgomery è una di quelle collaborazioni che non ti aspetti e che quasi ti lasciano interdetto, un pò per i rispettivi background stilistici degli artisti - non opposti ma comunque distanti - un pò per la poca (pochissima) fama di cui nutrono, pur essendo tra i personaggi più peculiari e all'avanguardia degli ultimi anni.
La prima, in arte Liz Harris, americana di Portland, è una sconosciuta musa sotterranea che da ormai un lustro incanta con le sue spettrali creazioni dark ambient, splendidamente immortalate dall'esordio Grouper (2005) e dalla perla Way Their Crept (2006), seguita l'anno successivo dal meno acclamato Wide. Nel mezzo, anche una collaborazione (Creepshow del 2006) col progetto Xiu Xiu di Jamie Stewart.
Il secondo, neozelandese, deve principalmente la sua fama di songwriter d'avanguardia al culto che si è venuto a creare attorno al suo capolavoro del 1998 And Now The Rain Sounds Like Life Is Falling Down Throught It e al gioiello dei Dadamah This Is not a Dream (1992), album che ne hanno mostrato il peculiare immaginario atmosferico ed uno stile unico nel suo saper abbracciare minimalismo, lo-fi, cantautorato e avanguardia.
Una collaborazione quindi, quella tra Grouper e Roy Montgomery che, pur senza fonderle o assemblarle, affianca due proposte musicali estremamente criptiche e fascinose, donandoci un lavoro (ovviamente in edizione superlimitata) oscuro, sotterraneo, emozionante.

Del chitarrista neozelandese si trova nello split una sola traccia, versione rielaborata e live di quella Fantasia on a Theme by Sandy Bull (storico musicista degli anni '60) già presente nel box Harmony of the Spheres dell'etichetta Drunken Fish. Sin dalle sue prime plettrate, il brano rievoca splendidamente alcuni tratti dell'atmosfera onirica e fluttuante di And Now The Rain..., sciogliendosi in una lunga marcia solitaria, in un raga chitarristico stracolmo di suggestioni orientali e di sapori eterei, irreali. Diciotto minuti di purissima elevazione spirituale, un incantesimo unicamente sorretto dalla sola chitarra di Montgomery, ovattata da un leggero phase e splendida nel trascinare emotivamente l'ascoltatore col suo tocco veloce, intenso, spesso rude, quasi rabbioso; vere e proprie pennellate sonore che macchiano il cielo e, con facilità estrema, rapiscono e commuovono.
Quando però giunge il turno di Grouper, le fantasie oniriche di Roy Montgomery vengono letteralmente spazzate via da uno straniante muro effettestico su cui, da metà brano in poi, si impongono sommessamente i sepolcrali intrecci vocali dell'artista americana: è Hollow Press, lenta cerimonia ambientale che, velata sotto uno splendido fraseggio melodico, addormenta e strazia il cuore dell'ascoltatore, ormai abituatosi all'atmosfera sognante della Fantasia di Montgomery e ora costretto a fare i conti col nuovo universo tetro di Grouper. Universo che la successiva Vessel continua a dipingere di un grigio/nero quasi soffocante nella sua lentezza e nella sua inscalfibile quiete: ad accompagnare la voce di Liz Harris vi sono solo dei rintocchi tastieristici timidi e compressi, dal cui tappeto acustico emerge splendidamente un'atmosfera desolata e desolante, proveniente da un mondo remoto, interiormente scomparso.
Discorso che non cambia e che prosegue nel suo perenne 'appassire' emotivo con Hold The Way e Pulse, in cui l'intreccio tra il sottofondo ambientale e la voce di Grouper comincia però a diradarsi lentamente, spezzando in minima parte la greve malinconia dei due precedenti brani e rendendo l'intera atmosfera dei brani ancora più sottile e astratta, con i suoi contorni indefinibili e i suoi sapori alieni da cui lasciarsi massaggiare in una piacevole meditazione di morte.

Ed è nell'apparente inconciliabilità tra la musica di Roy Montgomery e quella di Grouper, in questo contrasto silenzioso e tutt'altro che roboante che lo split ritrova il suo insondabile segreto di bellezza, affiancando - nonostante l'asimmetrica organizzazione strutturale e le diverse tipologie formali dei musicisti - due dimensioni atmosferiche a cavallo tra un paradiso sognante e sfuggevole (le schitarrate del neozelandese) e un purgatorio freddo e solitario (le malinconie di Grouper). Una chicca da non perdere assolutamente, non solo perchè riporta in auge il nome di due artisti grandi e sottovalutati, ma perchè è senza dubbio una delle migliori uscite ambient d'avanguardia degli ultimi anni.

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