Voto: 
8.3 / 10
Autore: 
Dead
Genere: 
Etichetta: 
Noise/Emi
Anno: 
1989
Line-Up: 

- Rolf Kasparek - voce e chitarra
- Majk Moti - chitarra
- Jens Becker - basso
- Iain Finlay - batteria



Tracklist: 

1. Riding the Storm (06:30)
2. Renegade (04:29)
3. Evilution (04:43)
4. Running Blood (04:30)
5. Highland Glory (04:52)
6. Marooned (05:13)
7. Bad to the Bone (04:46)
8. Tortuga bay (05:17)
9. Death or Glory (04:00)
10. The Battle of Waterloo (07:46)
11. March on (04:12)

Running Wild

Death or Glory

Dopo un periodo di netta ascesa per i pirati di Amburgo, arriva nel 1989 il disco che consacrerà definitivamente la “ciurma” di Rolf Kasparek tra i migliori gruppi Metal della storia. Stiamo parlando del masterpiece Death or Glory, dai più considerato semplicemente un gioiello, da molti altri osannato come capolavoro della band o addirittura del genere heavy power metal europeo, fatto sta che questo lavoro è in grado di mescolare bellissime melodie di maideniana memoria a rocciose cavalcate chitarristiche tipicamente deuschtland sound per un ensemble perfetto che nel corso degli anni ha saputo catturare centinaia e centinaia di fans sparsi in tutto il mondo, riuscendo a fondere in un unico “pacchetto” aggressività e sinfonia. A farla da padrone naturalmente è l’atmosfera stilisticamente Running Wild, dove come sempre svetta incontrastata la voce del caro Rolf, vero deus ex machina della band che in questo album più che in passato modula la voce toccando vette ai limiti della commozione.

Come sempre i testi e l’artwork sono stupendi e altro non fanno che introdurci in un mondo, quello piratesco, ahimè “purtroppo” terminato e la confortante musica del Capitan Rolf non può che essere la nostra unica àncora.
Impeccabile il lavoro delle asce che sanno bilanciare bene ritmi serrati ai limiti del blast beats ad altri più morbidi, e come sempre un degno plauso va fatto alla sezione ritmica, che anche in Death or Glory dona alle composizioni dei tedeschi quella carica in più che ormai da circa 20 anni contraddistingue le uscite infuocate di Kasparek & co.
Il disco apre il sipario con una lunga ma irresistibile Riding the Storm, e sembra davvero di cavalcare la tempesta: la mini-suite inizia con un intro che innesca la song vera e propria e che di certo si attesta tra le migliori composizioni del disco.
Segue a ruota la torrenziale Renegade, marcatamente Running Wild oriented e che scivola via benissimo nella sua breve durata, dando spazio ad una Evilution, semi ballad del disco che trova nella prestazione di Rock’n’Rolf il suo apice compositivo; da antologia.

E’ tempo di Running Blood altro capolavoro del disco che trova il suo punto forte nella sezione ritmica, squadrata e potente sulla quale si poggiano ottimi riffs possenti ma melodiosi. Indimenticabile poi l’introduzione della song con un arpeggio “caraibico” al quale si allaccia e si intreccia un sognate solo di chitarra; lo stesso si ricongiungerà poi al termine della canzone…
Ormai siamo entrati nel vivo del disco, e i Running Wild suonano una buona strumentale, tale Highland Glory, dove a mettersi in primo piano è il riuscitissimo lavoro di Jens al basso.
Le emozioni però non sono ancora finite, anzi, e su di un ottimo trampolino dal nome Marooned si tuffa il singolo del disco, quella Bad to the Bone che tanto fece impazzare i fans di mezzo mondo, e che ancora oggi, ad ogni concerto, è richiesta a squarciagola.

Tortuga Bay apre con un riff stupendo, ed è ancora la roca voce di Rolf a personalizzare il pezzo con una singolare aggressività e con un acuto finale da brivido.
Inizio arrangiante per la title-track del full-lenght che annovera nei suoi secondi il refrain più diretto del disco: il ritmo di questa canzone è molto melodico e gli assoli sono stupendi.
Si giunge purtroppo verso il termine del disco, e fin dall’eccezionale intro di cornamusa si riconosce la bellezza di Battle of Waterloo, che nei suoi 7 minuti e 50 è certamente tra le migliori tre canzoni di questo micidiale lotto metallico. Epica canzone granitica dal bridge assai trascinante e dal chorus efficacissimo.
In fade out chiude infine la conclusiva March on, ultima constatazione della maestosità di questo album ormai quasi leggendario e purtroppo ancora troppo poco conosciuto.
Da avere per la Gloria, onde la Morte!

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