Pelican
(Trevor de Brauw)
di: 
Edoardo Baldini
17/01/2007



 

Ogni viaggio strumentale degli americani Pelican è ricco di emozioni e di atmosfere particolari: giunta nel 2007 la band rilascia un'intervista a RockLine.it negli stessi giorni in cui sta ultimando il nuovo lavoro, intitolato City Of Echoes. A parlarcene in esclusiva è il chitarrista Trevor de Brauw...


E.B. - Ciao Trevor! Come stai? Grazie mille per il tempo che ci riservi, rispondendo alle nostre domande. Possiamo iniziare l’intervista parlando del tuo lavoro attuale. Parlaci della nuova uscita discografica After The Ceiling Cracked

Trevor - Nel dicembre del 2005 siamo stati in tour in Inghilterra per due settimane. Mike Ward della Muckspreader Productions è stato in contatto con noi per filmare uno show. Praticamente si è offerto di fare qualcosa con un'organizzazione molto professionale, con camere multiple usate in modo casuale. La HybraHead era entusiasta alla prospettiva di registrare del materiale nel DVD, quindi abbiamo chiamato Justin Broadrick per il nostro sound live e per registrare un prodotto di alta qualità. Abbiamo lavorato per rendere tutto perfetto ma ci sono stati diversi problemi tecnici per la conversione dal formato grezzo al prodotto digitale finito. Comunque il prodotto finito è eccellente. Mike e il suo team hanno svolto un lavoro fantastico, come Justin. Il DVD sarà completato con un sacco di materiale del primo periodo della band, una galleria di foto e un cd bonus con una nuova versione della nostra primissima canzone, Mammoth, e un remix elettronico fatto dall’artista elettronico Prefuse 73.

E.B. - La vostra musica è sempre stata in continua evoluzione. Credete di cambiare il vostro stile radicalmente in futuro?

Trevor - Abbiamo appena finito di mixare il nostro nuovo album, precisamente l’altro ieri, e questa è stata l’unica domanda che ci è passata per la testa di recente. Non ti so dire se la nostra musica cambierà mai radicalmente (che è una parola pesante), ma credo che l’evoluzione sia una costante nella nostra band, e in un certo senso il nostro nuovo album è un passo avanti. Credo che la gente ne resterà sorpresa. Certo, potrei sbagliarmi e forse la gente non lo apprezzerà per niente…Sai, è difficile parlare di quello che potrà pensare la gente quanto si è così coinvolti nella propria stessa musica, ma il nuovo materiale è sicuramente differente. Abbiamo scavalcato tutta l’epicità delle nostre vecchie canzoni e del nostro vecchio materiale; le canzoni sono prima di tutto canzoni, e non pezzi musicali. Certa gente ha detto che la struttura del nostro vecchio materiale è molto affine a quella della musica classica per il modo in cui evolve pian piano per poi distendersi e scorrere. Le nuove canzoni vanno subito al punto, c’è solo un pezzo superiore ai sei minuti sul nuovo disco, la maggior parte sono sui cinque minuti o più brevi. Quindi sì, stiamo cambiando il nostro stile, ma non radicalmente.

E.B. - Siete una band strumentale e le melodie create dalle chitarre sono una parte importantissima del vostro stile: avete mai immaginato i Pelican suonare con un cantante?

Trevor - Sì, ma solo con Ghostface Killah. Ahah...

E.B. - Il vostro stile è definito Post Metal e siete sempre stati accostati a Neurosis e Isis per la vostra attitudine musicale. Accettate quest’etichetta? La tua personalità come definirebbe il suono da voi creato in The Fire In Our Throats Will Beckon The Thaw?

Trevor - Per quanto queste band siano Progressive e tentino di fare il loro lavoro evolvendosi e cambiando spessissimo, sì, credo ci sia un parallelo che ci unisce. Non mi sforzo di capire come il nostro suono si avvicini a band del genere, ma per semplificare riesco a capire perché la gente ci considera allo stesso modo, in termini di genere o qualcosa di simile. Credo che il suono di Fire In Our Throats Will Beckon The Thaw sia una sorta di Epic-Progressive Punk, o forse qualcosa che va oltre le definizioni.

E.B. - Abbiamo detto che siete una band strumentale, ma io credo che ci siano dei testi “nascosti” oltre la vostra musica. I titoli delle vostre canzoni sono solo dei nomi che date loro o sono collegati alle emozioni che creano?

Trevor - La prima cosa che facciamo è scrivere i pezzi, mentre i titoli vengono dopo, ma essi sono degli strumenti per catturare le emozioni e le ispirazioni esistenti oltre la canzone. C’è un tema che compare in Fire In Our Throats Will Beckon The Thaw a proposito dell’auto-determinazione e della ricerca di controllo della propria vita e del proprio destino. Cose come le stagioni sono delle metafore per cose che si trovano oltre il controllo del singolo e che sono d’ostacolo per ognuno. Il nostro nuovo album City of Echoes è largamente incentrato sul viaggio e sulla vista del mondo che si sta omogeneizzando e diventando più piccolo e uguale ovunque tu vada. I titoli delle canzoni di quest’ultimo raccontano storie a proposito di cose che abbiamo avvertito in tour e di cose che abbiamo lasciato per strada.

E.B. - Avete rilasciato due album e due EP dal 2001 e siete diventati una delle band più rappresentative della scena sperimentale odierna. Non credi che siate diventati famosi troppo velocemente?

Trevor - Sì, la crescita della band è superato di gran lunga le nostre aspettative. Chi può dire cosa accadrà ora? Chissà, forse tutti inizieranno ad odiarci. Solo il tempo potrà dircelo.

E.B. - Come avviene il song-writing? C’è qualcuno nella band che scrive tutti i pezzi oppure lavorate tutti insieme?

Trevor - Più o meno tutti contribuiscono con le loro idee. La maggior parte delle canzoni partono da una struttura di base, portata da un componente della band. Ciascuno contribuisce e fa la sua parte, immaginando come sarà strutturato il pezzo. Laurent ed io abbiamo scritto canzoni insieme per un sacco di tempo, ma è il nuovo materiale è il più democratico di sempre. Quando le nuove canzoni stavano per essere ultimate ho avuto la sensazione che ogni componente avesse dato il suo contributo a renderle migliori e a strutturarle alla perfezione. Credo che siamo veramente a buon punto col nostro song-writing.

E.B. - Come definiresti il vostro impatto live? Siete capaci di imitare gli effetti registrati negli album anche dal vivo?

Trevor - Ci sono moltissime cose esistenti sul disco che non riproponiamo live. Il disco ha sempre qualcosa in più rispetto all’esibizione dal vivo.

E.B. - Potresti spiegarci il significato della cover del vostro ultimo album? Chi lo ha realizzato?

Trevor - Laurent l’ha escogitato, Jason Hellman ha contribuito con la sua fotografia e Aaron Turned curò il disegno e il progetto. L’idea è molto semplice: la cover mostra un mondo oscuro e congelato e il documento interno un paesaggio disciolto e sereno.

E.B. - Perchè avete scelto il nome Pelican per la vostra band? Che rapporto avete con questo animale meraviglioso?

Trevor - Personalmente credo che i pellicani siano animali molto goffi alla vista. Eravamo in lista con altre band con nomi di animali e Pelican ci sembrò un bel nome...al passo con i tempi. Credo che ci abbia soddisfatti moltissimo.

E.B. - Alcuni testi lasciano trasparire delle emozioni tristi come Drought, mentre alcuni come Autumn into Summer sembrano molto positivi: la musica dei Pelican è ottimista o pessimista?

Trevor - Entrambe. Nello stesso momento si ha un odio verso il mondo in se stesso e una visione del mondo migliore, esprimendo entrambe le idee attraverso la musica.

E.B. - Che rapporto avete col nostro Paese? Ricordo alcune vostre date dell'anno scorso...

Trevor - Sì, abbiamo fatto un paio di show in Italia, con i Cave a Febbraio. L’amiamo. Abbiamo suonato a Torino la prima settimana delle Olimpiadi e immaginavamo di impazzire e di non poter nemmeno girare in città, ma credo che l’evento sia avvenuto nei dintorni della città e tutto avvenne senza imprevisti. Amavamo gli show italiani. Inoltre amiamo l’espresso e il gelato, quindi è stato un vero e proprio divertimento. Io sono anche un gran fan dei film di Fellini, Argento, Leone e Fulci, quindi è stata una bella opportunità per sentire la cultura della patria che ha dato alla luce del cinema così fantastico.

E.B. - State programmando alcuni tour intorno al mondo? Quando avremo la possibilità di ascoltare i Pelican dal vivo in Italia?

Trevor - Faremo un mucchio di date in giro per il mondo dopo la pubblicazione del nuovo album a Maggio. Abbiamo intenzione di viaggiare molto e contiamo di tornare in Italia. Ci siamo divertiti moltissimo l’ultima volta.

E.B. - Al momento state lavorando con altre band per delle possibili uscite future?

Trevor - Abbiamo contattato i Jesu per progettare un disco in collaborazione, ma alla fine non si è fatto più niente. Non abbiamo mai collaborato con altre band, quindi non sapremmo come fare. Vedremo cosa succederà.

E.B. - Come sono i rapporti con la HydraHead? E’ una buona etichetta per le band sperimentali?

Trevor - La HydraHead è molto tollerante su quello che fanno le sue band. E’ una grande casa per musicisti creativi.

E.B. - Qual è stata la risposta di Chicago, la vostra città, alla vostra musica? Chicago ha una scena alternativa?

Trevor - Siamo benvenutissimi a Chicago. Abbiamo sempre tenuto dei grandi show lì e ognuno ha ricevuto un sacco di appoggio per il suo lavoro e per il suo successo. C’è un ottima scena alternativa a Chicago, ma è molto piccola e supportata solo in alcuni locali. Ho potuto notare comunque, che i Pelican non sono considerati una band sperimentale qui, ma come una rock band underground che è largamente accettata. Abbiamo un grande amore per la musica sperimentale, in ogni caso.

E.B. - L’intervista è finita, grazie per la tua gentilezza. Vi auguriamo di poter tornare presto con un nuovo e ancor più valido capitolo della vostra discografia! Puoi concludere l’intervista come preferisci. Buona fortuna da RockLine.it!

Trevor - Grazie mille per l’intervista, spero di poterti conoscere presto!

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