Minsk
(Tim Mead)
di: 
Edoardo Baldini, Annarosa Moroni
02/10/2007



 

Dopo alcuni mesi di distanza dal valido The Ritual Fires Of Abandonment, i Minsk rilasciano un'intervista a RockLine.it attraverso il cantante Tim Mead, che spiega la storia della band Post Hardcore, soffermandosi sull'ultimo album e sui progetti futuri...


E.B. - Ciao Tim e benvenuto su RockLine.it! Come va?

Tim - Tutto bene grazie!

E.B. - Partiamo parlando di The Ritual Fires Of Abandonment, che è stato pubblicato pochi mesi fa. Come avete proceduto per la sua composizione?

Tim - L’album è stato scritto e registrato lungo molti mesi dello scorso anno. L’abbiamo terminato in autunno ed è uscito sotto la casa discografica prima delle vacanze. Credo che, in termini di composizione, è risultato come qualsiasi cosa che abbiamo sempre realizzato. Di solito cominciamo con alcune idee davvero grezze per uno o due strumenti, le suoniamo insieme in modo impreciso e poi le elaboriamo in pezzi più lunghi e canzoni. Penso che per noi questa sia la parte più cruciale della composizione, ma poi le idee entrano in studio dove molto materiale viene risistemato, le linee vocali e gli effetti assumono accenti differenti, e le canzoni prendono quella che poi sarà la loro forma finale. Questo per noi è stato un album molto eccitante da scrivere e registrare, soprattutto per il fatto che questo è stato il primo grande progetto che noi quattro abbiamo cominciato e finito assieme come band. Ritengo che siamo cresciuti per quanto riguarda il comporre e l’alchimia tra di noi, e penso che alla fine per noi sia stato davvero appagante, per tutti noi. Comunque, è stato un lavoro che ci ha portato via molte energie e una sfida allo stesso tempo. Il lusso di avere accesso illimitato a uno studio può essere sia una benedizione sia una maledizione.

E.B. - Siete considerati una delle band più innovative nella scena Post Metal ma credo che nel vostro sound ci siano molte influenze Industrial. Come etichettereste la vostra musica?

Tim - Per essere onesti, cerchiamo di non etichettarci. Nel profondo, speriamo di arrivare a un punto in cui potremo fare solo musica appassionata e creativa che ci esprima come artisti individuali e ci faccia crescere come persone. Se si tratta di una certa definizione o categoria, non è necessariamente una cosa negativa. Cioè, capiamo il bisogno delle persone di etichettare insieme cose simili, e sono sicuro che capita anche a noi con band che ascoltiamo. Ma per noi non è un gran problema se il risultato finale è post-rock, industrial o qualsiasi altra cosa. Non possiamo assolutamente rinnegare le nostre influenze o non crediamo di stare facendo qualcosa di completamente nuovo che elude le classificazioni, ma le etichette per noi non sono davvero importanti.

E.B. - Ci sono anche suoni tribali nelle vostre canzoni. Come avete deciso di inserirli e che cosa rappresentano della vostra personalità?

Tim - Non so se l’annessione di quell’elemento sia mai stata una vera decisione o se sia nato naturalmente da quello che facciamo. Noi tutti amiamo la musica tribale di un tipo o di un altro. Ci piace molto il senso di rituale, di esperienza primitiva, o di trascendentale a cui questi elementi tendono…ma si posso trovare nel nostro cd principalmente perché quello è il modo in cui Tony suona la batteria. Questo è il modo in cui ha imparato a suonare e il modo in cui si esprime quando suona. Sarebbe difficile trovare un altro motivo per l’aggiunta di questi elementi se non dire semplicemente che è dove il suo modo di suonare ci porta. Per quanto riguarda la nostra personalità, non saprei. Potrei fare congetture e dire che questi elementi accennano a una qualche connessione alla terra, o all’esistenza di tutta l’umanità, o a un ritmo universale che viene dal battito del cuore umano. O magari siamo solo degli Americani che stanno provando a sperimentare qualcosa che sembra molto semplice perché non è quello con sui siamo cresciuti. Da dovunque arrivi, o qualsiasi cosa dica di noi, il brivido di questi ritmi e la qualità simile alla trance di queste cose è sicuramente una forza motivante dietro a quello che facciamo.

E.B. - Cosa rappresenta l’artwork della copertina?

Tim - L’artwork è semplicemente un pezzo molto naturale disegnato da Orion Landau e Tony Wyioming, pieno di simboli umani di grande impatto. Abbiamo sperato di riuscire a catturare l’ambiguità e l’essenza dell’umano con molti degli argomenti che abbiamo usato. Siamo molto contenti di come sia uscito l’insieme.

E.B. - Cosa significa il titolo?

Tim - Non sono veramente in grado di spiegarti cosa significa. Se lo facessi è come se impedissi agli ascoltatori di interpretarlo in maniera personale. Non c’è un significati di base che può essere uguale per tutti. Mi piacerebbe sapere che cosa significa secondo voi.

E.B. - Si tratta di un concept? Di cosa parlano i testi?

Tim - Non lo definirei un concept con il significato che la gente gli attribuisce, ma sicuramente ci siamo resi conto che c’è una corrente che unisce tutta la musica, gli argomenti e l’artwork che include un pezzo d’arte che vogliamo rimanga. Ci siamo confrontati con molti temi personali come il senso di colpa, la perdita, il suicidio, la sopraffazione. L’album, in tutti I suoi aspetti, rappresenta un’esperienza artistica. Quest’esperienza non può essere limitati dicendo semplicemente “parla di…”. Comunque non penso sia un concept.

E.B. - State già lavorando sul nuovo materiale o vi state riposando?

Tim - A dir la verità stiamo già lavorando al nuovo album. Abbiamo avuto dell’inaspettato tempo libero quest’autunno. E’ stato davvero bello poter ricominciare a lavorare sul nuovo materiale.

E.B. - Che rapporti ci sono tra voi e la Relapse? E’ una delle migliori etichette per la musica estrema?

Tim - La Relapse è stata davvero buona per noi. Si sentono sempre tante storie con gli scenari peggiori, ma credo che molte dipendano da come le band si trovano con le loro case e cosa si aspettano. Ovviamente, a questo livello è una relazione di lavoro, e quel lato non è sempre piacevole. Magari siamo solo stati fortunati, ma ritengo che sarebbe difficile trovare un’altra etichetta dello stesso calibro e dire “Hey, questi sono meglio”. E’ la Relapse, cos’altro resisterebbe di più?

E.B. - Vi sareste mai aspettati di raggiungere questo successo solo dopo due album?

Tim - Per niente. Ogni volta che qualcuno si interessava a ciò che stiamo facendo mi sono sempre sorpreso. Quando la At A Loss si è offerta di produrre il nostro primo album eravamo molto riconoscenti verso chiunque ci credesse. Lo stesso con la Relapse. Le cose sono cambiate abbastanza in fretta per noi, e questo ci ha sempre sorpreso

E.B. - Chi ha creato il nome Minsk?

Tim - Il nostro chitarrista, Christopher Bennet, ha avuto l’idea. E’ il nome di una città in Belarus. Abbiamo semplicemente visto questo posto come un concetto intrigante. La città è un posto davvero remoto, e freddo, con una storia piena di guerre e distruzione. E’ molto antico e differente dal posto dove viviamo ora. Ci è sembrato un buon simbolo per quello che volevamo fare, stando negli Stati Uniti.

E.B. - Siete andati in tour con molte band importanti i Sunn O))) e i Boris. Cosa puoi dirci a riguardo?

Tim - Siamo stati fortunati ad avere la possibilità di suonare alcuni concerti con band incredibilmente brave, anche se non abbiamo mai fatto dei veri e propri tour con loro. Abbiamo suonato con loro nel Emissions From The Monolith Festival, che è stato fantastico. Quest’anno siamo riusciti a andare in tour con i Rwake, gli Uneartly Trance e i Middian, band e persone incredibili.

E.B. - Andrete in tour in un futuro prossimo? Verrete in Italia?

Tim - Stiamo pianificando di essere in Europa all’inizio del 2008. Posso dire con discreta certezza che succederà. Sicuramente verremo in Italia già che ci siamo. Non vediamo davvero l’ora.

E.B. - Grazie per aver trovato il tempo di rispondere alle nstre domande! Vi auguriamo tutto il successo possibile!

Tim - Grazie per l’intervista e grazie per averla letta!

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