Manowar
(Eric Adams, Karl Logan)
di: 
Riccardo Carcano Casali
29/10/2006



 

RockLine.it ha partecipato alla conferenza stampa tenutasi ai Jungle Sound Studios di Milano, incontrando Eric Adams e Karl Logan, celebri membri dei Manowar. Durante la lunga conferenza, abbiamo potuto scambiare qualche impressione con i due musicisti riguardo il nuovo ep The Sons Of Odin e le ultime news in casa Manowar...


Incontrare per la prima volta i Manowar (o almeno due di loro) è un’esperienza che non si dimentica, e si cerca di non prendere sottogamba. Una volta arrivati ai Jungle Sound Studios di Milano, ci viene comunicato che la band avrà un ritardo e che, mentre noi e i ragazzi delle altre webzine e riviste cartacee li aspettiamo, possiamo ascoltare il nuovo EP e goderci anche il piccolo DVD che lo accompagna, una sorta di breve documentario sulla fan-convention che quest’estate i quattro re del metal hanno tenuto in gran stile a Geiselwind, in Gemania.
L’ascolto dell’EP ha messo in luce che il percorso musicale della band americana si sta evolvendo verso una sempre più sinfonica magniloquenza, in cui lo strumento orchestrale ha un peso ormai determinante ai fini della resa epica dei pezzi. L’EP si apre con due pezzi ormai noti, per la precisione Ascension e King Of Kings, eseguiti live all’Earthshacker, e su questi inutile soffermarsi: solita ottima performance, arricchita da un’orchestra si ben cento elementi, e un nutrito gruppo di coristi, soluzione che permette alla band di dare il massimo.
A seguire tre nuove canzoni, che precludono a quello che sarà Gods Of War, il prossimo platter in arrivo. Si comincia con la strumentale Odin, un vero e proprio pezzo da colonna sonora, che farà venire i brividi a chi ha apprezzato The March, pezzo analogo presente su Warriors Of The World. Ecco poi Gods Of War, un tipico cadenzato in stile manowariano, e a seguire l’ottima Sons Of Odin, indubbiamente la migliore presentata.
Anche la visione del DVD è stata soddisfacente, anzi, ci si è decisamente divertiti. Il documentario sulla fan-convention è ricco di momenti gustosissimi: memorabili la gara di “bevuta di birra alla Joey De Maio” (che, per chi non lo sapesse, consiste nell’assumere l’alcolico alzando la testa e tenendo il boccale ad almeno una spanna dalla bocca) e l’elezione di Miss Manowar 2005, vinto da una piccola ed entusiasta giapponese, non appariscente come altre candidate che sembravano essere arrivate direttamente da Asgard, ma sicuramente devota ai quattro americani, e per questo giustamente premiata.

Giunge poi il momento di incontrare Eric Adams e Karl Logan. A tal proposito veniamo fatti accomodare, noi e una ventina di altre persone, tutti inviati per riviste di un certo peso sulla scena.
Al momento dell’ingresso dei ragazzi (perché avranno anche cinquant’anni, ma l’aspetto è quello di sempre, quello che solo certi artisti riescono a mantenere) l’eccitazione è palpabile. Eric colpisce subito per il suo travolgente carisma, la capacità innata si avere tutti gli occhi su di sé, di saper attirare l’attenzione e creare il silenzio con un semplice sguardo.
Il singer è un concentrato di simpatia e affabilità, a tratti venate di un’ironia brillante e non pungente. Un vero americano, che fa della schiettezza e della genuinità le sue migliori qualità. Decisamente più riflessivo e pacato Karl, che manca del fascino istantaneo di Eric, e si è limitato a rispondere con garbo e classe da lord inglese alle domande che il compagno gli girava, visto che, e qui si vede il carisma, a tutti veniva naturale rivolgersi al front-man nel porre le domande.

Si è discusso di molti argomenti, ponendo anzitutto l’accento sul cambiamento stilistico che sta investendo la band, che, così pareva a tutti, sta spostando il tiro sul suo lato più sinfonico già espresso in Warriors Of The World, dove la proposta del Nessun Dorma pucciniano parlava chiarissimo. Eric e Karl hanno ammesso il fatto, dissentendo solo sull’osservazione di una “contaminazione” coi nostri Rhapsody. A tal riguardo Eric ha commentato: “Lavorare coi Rhapsody è una buona cosa perché siamo simili nel genere che proponiamo. E i Rhapsody sono una grande band, ma non è necessario che loro ispirino noi, o viceversa. Semplicemente è uno stile su cui sta andando buona parte del metal moderno, spostandosi verso un metal più sinfonico con musica che spacca i culi dietro. Noi è da quattro album che lo proponiamo. E i Rhapsody sono con noi da due anni, per cui non credo che sia un fatto di ispirazione.”

Sempre parlando di contaminazione, qualcuno ha pensato bene di far notare ai due americani come non solo i Manowar sembrassero aver preso in prestiti qualcosa dai Rhaspody, ma anche viceversa, come dimostrano i cadenzati di stampo manowariano presenti sull’ultimo Rhapsody Triumph Or Agony. Qui Joey, non senza una certa dose di furbizia, commenta: Insomma...tutti cambiano stile nelle loro canzoni: questa veloce, questa lenta, quella una potente ballata, come i Manowar hanno sempre fatto in ogni album, incluso Gods Of War. Quando sentirete le ballate su Gods Of War andrete matti, sono veramente strepitose. Noi cerchiamo di accontentare tutti con pezzi lenti, medi, e veloci che spaccano, sin da Battle Hymns. Insomma, se facessimo tutti i pezzi così (inizia a ritmare, con la voce e con le mani, un pezzo lento NdR) qualcuno scatterebbe: “Dove sono le canzoni veloci!” e se fossero tutti così (altra dimostrazione pratica, ma molto più veloce, NdR) sarebbe:”Dove sono le canzoni lente!!!”

Scattano domande anche sul DVD di prossima uscita, e stavolta è Karl a illustrarci l’attesissimo filmato dell’Earthshacker: “Il DVD si chiamerà The Absolute Power. E’ stato ripreso da 27 telecamere ad alta definizione e comprende la fan-convention e due ore di concerto per sei ore e mezza di totale. In ogni confezione ci sarà una password, che inserita nel sito dei Manowar darà la possibilità di vincere due motociclette disegnate apposta per i fan. Il concerto è quello dell’Earthshacker, col coro e l’orchestra dunque. Ci sono due canzoni che suoniamo con Ross, altre due con Rhino e David. E’ il più grosso concerto mai tenuto da noi, con telecamere montate addirittura su elicotteri. E’ stato lo show definito, non so se lo rifaremo mai ancora: c’erano anche i fuochi d’artificio alla fine dello show.”

Le domande più originali non tardano ad arrivare. Leonardo Cammi di RockLine.it, nonchè di Metallus.it, che è stato indubbiamente uno dei più partecipi e attivi intervistatori approfittando del clima titubante e imbarazzato che si respirava in sala, ha chiesto ad Eric notizie riguardo ad un DVD sulla caccia che il cantante americano avrebbe girato di recente, una sorta di documentario insomma. In questo DVD, Wild Life And Wild Times, Eric, in compagnia di un cacciatore professionista, si improvvisa (pare anche con una certa classe) cacciatore e mountain man dell’occasione. La domanda verteva sul rapporto di Eric con gli animali e gli animalisti, visto che nel DVD pare si vedano scene in cui Eric non esita a uccidere bestie, come è logico immaginare dato il tema del DVD.
La risposta del cantante è come al solito venata di verve, pur facendo capire con chiarezza le sue opinioni sulle critiche mossagli dagli animalisti:
“Sì...ho conosciuto persone che mi hanno detto: come puoi uccidere un animale?, cosa ti hanno fatto gli animali per ucciderli così?. Di solito rispondo che sono stato sposato per 28 anni: ho bisogno di uccidere qualcosa. (risate, NdR). E ha poi proseguito: “Questa è la natura, la natura degli animali, per quanto triste possa sembrare. Io ero in postazione sugli alberi e non potevo essere visto, e ho osservato un cervo mentre veniva cacciato da sei coyote: non poteva scappare perché lo hanno circondato, ed è stata una morte orribile. Ma questa è natura. Credo che lanciare una freccia per centrare il bersaglio sia una delle cose più umane che ci siano. E in ogni caso tutto quello che nel video mi vedete cacciare, poi tornato a casa me lo sono mangiato.”

Le musiche contenute nel DVD, ha poi aggiunto Eric, sono scritte interamente da lui, fatto di per sé interessante visto che il singer non ha mai partecipato attivamente alla stesura dei pezzi dei Manowar.

Andando all’argomento principale della conferenza, ossia l’EP che anticipa l’album di prossima uscita, RockLine.it ha chiesto ai due se l’EP rispecchiava il contenuto del futuro platter, o se ci saremmo dovuti aspettare qualcosa di diverso. “Quello che c’è sulla torta è sicuramente solo una fetta della torta di Gods Of War.” ha dichiarato Eric. “Come avete già notato c’è un sound più epico, che proprio i fan, sul nostro sito, ci hanno chiesto di sviluppare. L’hanno chiesto, e noi glielo daremo. Poi ovviamente ci sarà un po’ di tutto: pezzi più lenti e potenti, altri più tirati. Diciamo che l’EP è un assaggio di quello che sarà l’album.”

RockLine.it poi ha anche chiesto se i Manowar considerano ormai epico tutto ciò che è sinfonico, o viceversa, e la risposta non si è fatta attendere. Eric ha commentato: "L’epic è un sentimento che ti cattura quando ascolti una canzone. Quando Gods Of War è stata scritta non c’erano strumenti da orchestra. C’era solo Karl con il suo “chanchegun chaaang” (simula il riff di Gods Of War, NdR). E così era già eccezionale, ma la canzone è progredita, ci siamo detti: “aspetta un momento, qui ci vuole qualcosa di più”, e qui è quando entra in gioco la magia dello studio. Abbiamo provato con una tastiera e ci siamo detti: “questo suona bene”… ed ecco allora l’orchestra.”

Un altro giornalista presente in sala pone l’accento sulla produzione della batteria, che, a suo dire, dai più incisivi suoni di un tempo è andato nell’EP ad assomigliare ad un ad un “tappeto”su cui marcia il resto. E’ Karl a rispondere: “Se è per quello anche i suoni delle chitarre sono cambiati, noi cerchiamo sempre nuovi tipi di strumentazione, non vogliamo fermarci su un determinato suono: così ogni album suonerebbe uguale. Io non lo vorrei mai, e questo è il motivo per cui questo album suonerà diverso. E se ascoltate bene, lo troverete diverso anche dall’ultimo e da Louder Than Hell. Stiamo solo sperimentando per trovare il suono più heavy possibile.”
“Dipende dalla canzone” ha aggiunto Eric. “Quando suona dal vivo Scott ha addirittura un membro dello staff tecnico che schiaccia dei bottoni che regolano il suono sui microfoni della sua batteria, e il suono che voi sentite è diverso a seconda che abbiamo un pezzo veloce o una power ballad.”

Inoltre qualcuno ha domandato ai due defender come si sentono ad essere non più dipendenti dalle major di produzione, grazie alla Magic Circe Music, di loro proprietà.“Eravamo abituati a stare sotto l’ombrello delle case produttrici, ed era un continuo combattersi, perché loro volevano che noi facessimo le cose in un modo che reputavano trendy, o che comunque noi non reputavamo giusta. Poi conta che noi siamo stati nell’industria per più di vent’anni, e ci siamo trovati ad avere a che fare con gente che ci lavorava da cinque.” E ha proseguito “Così abbiamo deciso di lasciare tutto e fondare la nostra casa di produzione, il nostro tour management, così che tutto facesse capo allo stesso ufficio. Così abbiamo potuto dare alle band che la pensavano come noi e che volevamo aiutare, la stessa dose di libertà di cui noi possiamo godere, oltre all’esperienza sul campo. Nelle case di produzione c’è un continuo ricambio di personale, con gente che lascia o viene licenziata, e spesso manca una visione corretta delle cose. La forza della Magic Circe è che nasce da un progetto e un investimento personale, e si fonda su un esperienza lunghissima.”

Per concludere noi abbiamo chiesto ai ragazzi cosa avessero “portato a casa” dall’esperienza della fan convention.“E’ stato fantastico” ha sbottato Eric, “trentasette nazionalità diverse, gente dal Giappone, dall’Australia, dal Brasile. C’è stato ogni tipo di contest: dalla bevuta di birra alla Joey, a miss Manowar, alla gara di screaming, per non parlare dei seminari di chitarra di Dave. E’ stato qualcosa di speciale per i fan e per noi, e speriamo di poterne organizzare presto un’altra. Ci sono voluti molti sforzi e molti soldi, ma quanto ci siamo divertiti…”

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