Gunn, Trey
di: 
Edoardo Baldini
24/08/2006



 

Intervista a Trey Gunn, musicista di Warr Guitar e Chapman Stick nei celebri King Crimson dal 1994 al 2003 e ora impegnato a portare avanti il proprio progetto solista e gli sperimentali Quodia, che mischiano musica ad inserti testuali e video. Nella chiacchierata che Trey concede a RockLine.it, si racconta attraverso le domande poste, non nascondendo il suo entusiasmo per il nuovo progetto...


E.B. - Ciao Trey! Come stai? Partiamo con quest’intervista parlando del tuo attuale progetto, i Quodia. Puoi introdurci brevemente in cosa consiste questo particolare capitolo della tua discografia? E’ stata una tua idea quella di fondare questo gruppo così innovativo?

Trey - Ciao! Tutto bene grazie. Il progetto Quodia impiega i tre “arti” musica, testo, video, in modo da far risultare il complesso come parte di un film, di un teatro e di un concerto allo stesso tempo. Usiamo infatti musica, parole, testi proiettati, immagini a rotazione e video durante le nostre performance e attualmente stiamo provvedendo al tour di The Arrow. Sì, l’idea è stata essenzialmente mia, perché ho sempre voluto adattarmi alle mie esigenze creative. Quando Joe Mendelson ed io abbiamo poi iniziato a lavorare insieme combinando immagini a musica e testi, si è plasmato questo progetto.

E.B. - Questo tuo “programma” però, se così può essere definito, può essere considerato come un pezzo di letteratura e non solo di musica, data la presenza di testi e di immagini proiettate. Come hai superato la barriera della lingua quando non hai suonato in Paesi anglosassoni?

Trey - Gran bella domanda! Pensiamo (in modo arrogante, ne sono consapevole) che l’Inglese sia discretamente conosciuto nella maggior parte delle zone in cui suoneremo. L’abbiamo spiegato alle nostre agenzie promozionali e speriamo che gli ascoltatori possano seguirci nonostante sia presente la lingua inglese. Tuttavia, abbiamo suonato in Italia dove molte persone con cui ho avuto modo di parlare non capiscono l’Inglese e, nonostante ciò, molti di loro erano profondamente colpiti dalla performance. Una strategia che usiamo è quella di integrare altre lingue nell’aspetto “testuale” dello show: per esempio c’è una sezione in cui la parola “luce” appare al margine alto dello schermo in Spagnolo e poi discende fino alla parte finale trasformandosi prima in Russo, poi in Inglese ed infine inEbraico. Stiamo ancora sperimentando questo aspetto e lo svilupperemo meglio in futuro. Un’altra strategia che usiamo è di avere parte del testo audio nella lingua locale. Si inizia con una parte dello show letto da una nostra amica, Regina Specter. Mentre lei legge in Inglese una delle storie noi proiettiamo l’immagine delle sue splendide labbra nel video. Poiché lei è russa e stavamo per esibirci in Russia, le abbiamo chiesto di fare un’altra versione in lingua madre. Dopo aver lasciato la Russia dovevamo andare in Spagna e quindi ho chiesto ad un’altra amica (ovviamente con delle labbra bellissime!) di realizzare la versione spagnola. In questo modo potevamo produrre una sezione dello show nella lingua locale e, quindi, potevamo fornire alla parte del pubblico non pratica dell’Inglese una via ulteriore all’interno dell’esibizione.

E.B. - Per ora in quali Paesi vi siete esibiti live, oltre all’Italia, la Russia e la Spagna? Come vi comportate durante ogni data?

Trey - Abbiamo fatto shows anche negli Stati Uniti, in Argentina e in Cile. Tutto il pubblico dei vari Paesi, compresa l’Italia, hanno risposto incredibilmente bene, con grande entusiasmo. Si sono lasciati trasportare tutti dalla propria immaginazione e noi l’abbiamo percepito. E’ stato eccezionale poi poter parlare con le persone dopo i concerti per sentire le loro impressioni, che erano uniche e fondate su un “ascolto culturale”. Per quanto riguarda gli show live non usiamo troppo il computer. Abbiamo due portatili in funzione: uno, il mio, legge i video, l’altro mixa l’audio attraverso Logic. La nostra produzione live è molto semplice e così è sempre stata fin dall’inizio. Siamo solamente due tipi che portano in scena tutti i dispositivi in quattro borse per creare una grande composizione fantastica di luci e suoni. Portiamo due video proiettori (uno di scorta), tre portatili (uno di scorta anche in questo caso), le tastiere, le percussioni elettriche, la mia chitarra e gli effetti e i microfoni. Abbiamo anche uno schermo portatile che possiamo usare se ci è richiesto.

E.B. - E se ti chiedessi qual è l’ambito filosofico dietro il progetto Quodia?

Trey - Ti risponderei che non posso spiegarti la nostra filosofia. Avresti da sperimentare il nostro lavoro. Ci introduciamo ciò che desideriamo di dire. E il nostro lavoro si manifesta in molte dimensioni contemporaneamente. Il risultato forza il pubblico a prestare attenzione sia ai suoni, sia al testo, sia al video.

E.B. - Cosa ne pensi di un eventuale parallelismo tra la musica dei Quodia, quella della tua produzione personale e quella dell’ultimo periodo King Crimson?

Trey - Mah, l’aspetto musicale dei Quodia è ancora parecchio giovane. Siamo partiti prima di tutto con l’intenzione di creare il nostro vocabolario visivo e il nostro repertorio di storie. Io e Joe, essendo da anni musicisti professionisti, abbiamo deciso di lasciare che il complesso musicale venisse sviluppato per ultimo, in modo che fosse influenzato dagli altri due repertori. Stiamo ancora lavorando per stabilire una volta per tutte i nostri scopi musicali: per ora il nostro registro compositivo è ancora basato sul nostro passato (e qui vedrei la connessione di cui giustamente parli) ma stiamo cambiando molto rapidamente.

E.B. - Parlando appunto del tuo progetto solista per cui hai pubblicato diversi album: hai mai sentito il bisogno di includere delle sezioni vocali al tuo lavoro strumentale?

Trey - No, non ho mai sentito questo bisogno. Il mio lavoro attuale è stato quello di esplorare la musica strumentale, cercando di trovare forme di successo (lo dico in termini di strutture musicali) per quello che ho realizzato. Non appena si aggiunge una voce alla musica, si ha qualcosa di molto interessante da seguire: non importa quindi che la musica di sottofondo alla voce catturi l’attenzione dell’ascoltatore. Perciò, se si toglie questo elemento fondamentale, come si procederebbe per la stesura delle canzoni?

E.B. - Prima di lasciare i King Crimson hai affrontato diversi tour in tutto il mondo. Che ricordi porti con te di questi tour?

Trey - Ogni tour che ho fatto con i King Crimson ha rappresentato un’esperienza bellissima, fin da quando ho iniziato a suonare nella band. L’ultimo poi, quello di The Power To Believe è stato sicuramente il migliore.

E.B. - Come descriveresti la tua esperienza come musicista di uno strumento così particolare come la Warr Guitar (e prima ancora dello Stick)?

Trey - Penso che la risposta più breve e veloce che posso darti è che sono sempre stato attirato da ciò che né io, né nessun altro avesse mai realizzato prima. Questo mi ha portato a dedicarmi a questo nuovo strumento musicale, la Warr Guitar, e a nuove “forme d’arte” in cui potessi esprimermi, come i King Crimson e i Quodia.

E.B. - Una domanda veloce sul tuo futuro: Robert Fripp ha sempre detto che Trey Gunn sarà sempre alla “corte del re cremisi”. Accetteresti di tornare nei King Crimson? Perché?

Trey - Beh, non sono così stupido da continuare a dire “mai”. Certo potrei, ma credo che la mia esperienza con i King Crimson sia ormai stata completata da tempo.

E.B. - Quanto ritieni che sia importante l’educazione in accademia per un musicista?

Trey - Sono abbastanza confuso su questo argomento. In un certo senso l’esercizio e l’addestramento mi hanno aperto porte notevoli che non avrei mai aperto in caso contrario. Riesco a leggere la musica di Wagner o le variazioni di Bach. Avere accesso a queste musiche in un modo intimo e dettagliato è una possibilità meravigliosa che non mi sarebbe stata possibile con un addestramento canonico. Riesco anche a comunicare con musicisti aventi diversi backgrounds musicali ma questo deriva essenzialmente dal mio background parecchio variegato. Dall’altro lato penso che l’approccio accademico del “modellare il musicista” sia completamente difettato, nei termini del tipo di musicista che uno vuole diventare e soprattutto nel caso del musicista che si inserisce nel mondo creativo per costruire qualcosa di completamente nuovo e sconosciuto. Tuttavia non è possibile condurre da soli con successo una performance classica o jazz senza anni di formazione in una scuola. I livelli di queste composizioni sono troppo elevati per essere capaci di raggiungerli senza una solida educazione. Comunque, la mia esperienza nel mondo accademico e le mie ricerche attorno e aldilà dell’ambiente accademico, dopo aver completato i miei studi universitari, hanno constatato che c’è un’assenza totale di considerare la musica come una presenza vivente ed attiva. Ciò che serve è quindi saper trovare il giusto insegnante con il giusto tipo di insegnamento. Sono sicuro che alcuni di questi siano presenti anche dentro le accademie musicali, ma tali scuole non mi sembrano i luoghi adatti a formare un musicista.

E.B. - Per concludere, ti chiederei di dare un consiglio a tutti quelli che hanno come aspirazione di diventare musicisti professionisti. Cosa diresti loro?

Trey - Direi loro di trovare una visione della musica personale e di seguirla implacabilmente. E se mi stai per chiedere in che modo puoi capire quando hai trovato il tuo stile personale, ti risponderò che, se non la si sviluppa, morirà e nessuno si accorgerà della sua esistenza.

E.B. - Ti ringrazio del tempo concessoci. RockLine.it ti augura buon lavoro con il tuo progetto Quodia. Puoi concludere l’intervista come preferisci! A presto!

Trey - Ciao a tutti e grazie per questa intervista. Potete trovare maggiori informazioni sul sito del progetto Quodia. A presto!

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