Blind Guardian
(Andrè Olbrich e Marcus Siepen)
di: 
Andrea Evolti, Riccardo Carcano Casali
11/09/2006



 

Un gruppo, quando ha sfornato capolavori che hanno lasciato un segno nella scena musicale e hanno anche dato una svolta ad un genere preciso, dopo questi album sono sempre attesi da una spietata giuria: critici pronti a stroncarli perché non più all’altezza della fama da loro stessi creata, fan che sperano ardentemente in qualcosa di altrettanto grandioso, purché non snaturi quella personalità così tanto apprezzata. I Blind Guardian si ritrovano, ad ogni uscita successiva ad Imaginations From the Other Side e Nightfall In Middle Earth, con questa spada di Damocle sulla testa, già sperimentata dopo lo splendido, ma da moti criticato, A Night At The Opera. André Olbrich e Marcus Siepen si offrono ai nostri microfoni per parlare di A Twist In The Myth, nuovo gioiello in casa del Guardiano Cieco, destinato a lasciare ancora una volta il segno...

A.E. - Andrè la prima domanda è davvero scontata, dopo l’ascolto di A Twist In The Myth: come mai questo ritorno ad un guitar-work più complesso, aggressivo ed in primo piano, rispetto a A Night At The Opera, dove l’orchestrazione e le tastiere giocavano un ruolo fondamentale. Semplice evoluzione oppure qualcosa di voluto, mirato e pianificato?

Andrè - La pianificazione, nella stesura dei nuovi brani, c’è stata, non posso certo negarlo, ma è avvenuta durante il processo di songwriting, mentre le idee venivano fuori; ci siamo accorti che le chitarre, specialmente nelle parti ritmiche, tornavano ad essere l’asse portante del brano, lasciando a melodia ed orchestrazioni un ruolo di sicura importanza, ma non così preponderante come era avvenuto per A Night At The Opera. Certo non siamo tornati a Somewhere far Beyond, sarebbe impossibile ed alquanto insensato, vista la maturazione avvenuta in circa 14 anni trascorsi da quell’album, ma le chitarre tornano in primo piano, amalgamate con equilibrio a cori, parti vocali e melodia, che vengono supportate dalle orchestrazioni. Queste ultime non possono tornare ai livelli marginali dei primi dischi, perché ormai fanno parte della nostra natura musicale, ma di certo sentivamo il bisogno di riportare in auge l’operato della chitarra, riscoprire alcune nostre origini ed anche il periodo di Imaginations From The Other Side, forse il miglior album dal punto di vista chitarristico (comprendo anche gli assoli) mai composto da noi. Non voglio dire, con questo che si rinnegano pezzi come And Then There Was The Silence, visto che è un pezzo che ci ha dato grande soddisfazione realizzarlo, ma non volevamo nemmeno ripeterlo oppure scordarci la parte chitarristica della nostra musica.

A.E. - Però, rispetto ad Imaginations From the Other Side, da te citato molto come metro di paragone, c’è una scelta di un sound più tagliente e penetrante, ricco di medi e di alti, rispetto al massiccio suono delle chitarre di quella release: Anche qui, scelta a priori o necessità adottata in corsa?

Andrè - Una necessità dovuta al materiale che stavamo componendo ed alla piega che aveva preso il songwriting. In A Night At The Opera ero praticamente ossessionato dall’uso del wa-wa per gli assoli e le lead melody, oltre che per altri effetti. Di conseguenza, tutto il sound delle chitarre doveva essere avvolgente senza diventare preponderante, visto che le orchestrazioni e le melodie era la dominante di tutto l’album. Con A Twist In The Myth, visto ciò che stavo componendo, ho optato per una scelta di suono più ‘flat’, naturale, visto che non ci sono tutti quegli effetti che si trovano nel disco precedente. Una produzione più ‘secca’, anche con non tantissimi bassi, ha contribuito a far spiccare di più l’operato delle chitarre che diventa penetrante e si fa largo nelle orchestrazioni che, questa volta, devono essere un sottofondo, un’amalgama per supportare il tema principale di queste track, che sono appunto le chitarre.

A.E. - Tre anni e mezzo circa sono passati da A Night At The Opera: come mai questo lungo lasso di tempo prima di vedervi ancora sul mercato con una nuova release?

Andrè - La risposta è semplice: io, come gli altri ragazzi della band, non riesco assolutamente a comporre in tour, visto che sono totalmente concentrato sulle esibizioni live per poter dare il meglio di me. Devo attendere la fine del tour, dopo essermi riposato ed essere, di conseguenza, tranquillo per dedicarmi allo sviluppo delle idee, alla composizione ed alle prove con gli altri. Se pensi che il tour di A Night At The Opera è durato la bellezza di 18 mesi…beh ora capisci perché abbiamo aspettato tanto, visto il lavoro al quale, dopo la tournée, ci siamo dedicati. Poi devi pensare che ci siamo dovuti dedicare alla produzione del doppio DVD live…e questo ha comportato un altro stop nella realizzazione dell’album.

A.E. - Per Nightfall In Middle Earth avevate speso molto tempo in studio per la ricerca di un suono ideale ed adatto ad un’opera di tale complessità, un periodo di tempo che è stato, per vostra ammissione in un’intervista, quasi superiore a quello impiegato per la struttura dei brani. Con questo A Twist In The Myth, avete impiegato molto più tempo per il songwriting o anche questa volta pre-produzione e settaggio suoni vi ha portato via molto più tempo?

Andrè - Questo è stato, senz’ombra di dubbio, il miglior periodo dedicato al songwriting dai tempi di Somewhere Far Beyond. Abbiamo potuto dedicare moltissimo tempo alla composizione, alle prove ed all’arrangiamento, perché i problemi di produzione e scelta suoni sono stati risolti fin dall’inizio. Con Immaginations From The Other Side ed A Night At The Opera le cose non furono così semplici perché andammo incontro a molti problemi logistici come il tempo a disposizione per pre-produzione e registrazione, spostamenti, date per le recording session che dovevano saltare perché il tempo necessario non era sufficiente. Eravamo sotto stress per via di tutte queste incombenze e nel songwriting abbiamo dovuto sacrificare alcune soluzioni per poter far quadrare i tempi, imposti anche dalla casa discografica. Questa volta abbiamo potuto prenderci tutto il tempo necessario ed infatti ritengo sia stato un periodo magnifico quello dedicato alla composizione di A Twist In The Myth.

A.E. - Un importante cambiamento è avvenuto in casa vostra Andrè: dopo molti anni Thomen Stauch, storico batterista dei Blind Guardian ha lasciato la band per dedicarsi ad altri progetti musicali. Con l’entrata nella line-up del nuovo drummer Frederik Ehmke cos’è cambiato nell’equilibrio del gruppo, nella scrittura dei pezzi di quest’album? Oppure il materiale era già stato composto al momento del suo ingresso?

Andrè - Riguardo al songwriting nulla, visto che era già stato tutto composto, con anche delle basi di drum machine programmate da me, che avrebbero dovuto essere la soluzione ritmica. Frederik, però, ha subito mostrato un stile ed un modo d’intendere il drum-work molto personale, con la conseguenza che, per fortuna, le parti di batteria sono state rivisitate e riscritte da lui, secondo le sue idee; infatti questo drumming suona sicuramente molto meglio di quello che avevo pianificato io con la drum machine. Frederik ha dimostrato, con questo, di essere l’uomo giusto per noi: prima di tutto, oltre alle doti tecniche, ha uno stile personale, che non cerca di imitare (anche perché non sarebbe né giusto e né possibile) quello di Thomen. In secondo luogo è un fan dei Blind Guardian e conosce praticamente tutta la nostra discografia a memoria e, di conseguenza sa cosa sia necessario alla band per funzionare. E’ un ragazzo veramente in gamba, pieno di idee che a subito messo a disposizione di un songwriting al quale lui non aveva neppure partecipato, integrandosi benissimo e, ciononostante, lasciando il suo stile. E’ una fortuna averlo trovato.

A.E. - I vostri cori ed intrecci vocali, come si nota anche in questo disco, sono ormai un trade mark del Blind Guardian sound. Quest’aspetto nasce per primo oppure sono sempre influenzati e creati dopo la realizzazione della parte musicale? Non è mai successo che sia stato un coro o una linea vocale a far nascere un brano?

Andrè - Dunque, in realtà non c’è nessuna precedenza o priorità perché si tratta di una composizione a ping-pong. Di solito io realizzo l’inizio o le prime due parti di un brano partendo dai riff di chitarra. Quando ho ottenuto qualcosa che mi piace e mi stimola la passo subito ad Hansi, che comincia a crearci un abbozzo di linea vocale ed anche di cori, se è necessario. Poi ripassa tutto quanto a me ed io, ascoltando le sue linee vocali, vengo ispirato a continuare nel pezzo. Fatto questo gli ripasso tutto e lui, ispirato da quello di nuovo che ho suonato io (ma a sua volta ispirato da quello che ha cantato lui) compone altre parti vocali e così via. E’ un vero lavoro di squadra, intrecciato e pieno di sinergia, tanto che non si può dire chi ispiri maggiormente l’altro. Ci sentiamo ogni giorno ed ogni giorno suoniamo, proviamo e discutiamo, ed è per questo che siamo arrivati a questo livello di affiatamento.

A.E. - Andrè, i Blind Guardian hanno sempre avuto nei testi e nella loro predilezione per il fantasy e Tolkien in particolare, uno dei loro elementi peculiari. Di cosa trattano le lyric dell’ultimo lavoro e chi se ne occupa maggiormente?

Andrè - Allora, prima di tutto A Twist In The Myth non è un concept album! Le canzoni trattano argomenti diversi, anche se una certa affinità tra di loro, naturalmente c’è. Fare un altro concept non sarebbe stata una buona idea, anche se c’era all’inizio un mezzo progetto, ma vedendo che la cosa non si sviluppava come volevamo e che non c’era la giusta ispirazione, abbiamo preferito concentrarci su quello che ci veniva istintivo realizzare. Purtroppo non posso dirti molto sui soggetti dei testi, visto che questa è sempre stata competenza di Hansi e, di conseguenza, non posso addentrarmi molto nella loro genesi.

A.E. - Dalla Virgin alla Nuclear Blast, dopo più di dieci anni: come mai questo divorzio e come vedi, invece questa nuova collaborazione?

Andrè - Il motivo del divorzio con la Virgin è presto detto, anche se continuerò a ringraziarli per quanto fatto in passato e per averci permesso di essere quello che siamo oggi: La Virgin è stata assorbita da una grossa major, la Sony, la quale, come tutte le major del main stream, purtroppo, basa il suo supporto ai gruppi in base alle vendite che il genere da loro proposto assicura, oltre che a campagne di marketing, sondaggi e studi sull’immagine più efficace che può avere una band. Per questo, i Blind Guardian, diventavano non di importanza secondaria, ma scendevano ancora più in basso nella classifica delle loro priorità, con la conseguente diminuzione di budget, supporto pubblicitario e nell’organizzazione dei tour. In pratica, rimanere significava diventare un numero trascurabile nei loro schedari. Per questo abbiamo deciso di risolvere il contratto e cercare un’altra etichetta. Abbiamo scelto la Nuclear Blast perché è una delle migliori etichette in campo metal, ha possibilità economiche ma punta sempre sull’artista, su quello che fa e gli lascia totale libertà di azione, come appunto ti dicevo prima. Sono stati grandiosi durante la realizzazione dell’album, senza mai metterci fretta ed offrendoci tutto il supporto possibile.

A.E. - Andrè siamo giunti al termine della chiacchierata con una domanda di rito ed una un po’ diversa. La prima è: il tour quando toccherà l’Italia?

Andrè - Saremo in Italia per il 10 di Ottobre. Il tour è sempre un momento speciale per un musicista, non solo perché gli consente di suonare live ma perché ti riporta a contatto con il pubblico, con quelle persone che hanno reso possibile la realizzazione dei tuoi stessi sogni. Inoltre, l’Italia è un luogo particolare per suonare metal, perché c’è una risposta incredibile del pubblico. Senti un’energia unica che ti fa dare il 110%. E’ un momento che noi tutti attendiamo, anche per presentarvi Frederik.

A.E. - Seconda ed ultima domanda, quella strana: in Italia i Blind Guardian, sono considerati dei veri alter ego di Tolkien, specie dopo l’uscita della trilogia di Peter Jackson. Pensi veramente, parafrasando il titolo del vostro ultimo lavoro, di aver segnato una svolta (twist) nella visione della saga di Tolkien nelle menti dei vostri fan, almeno quelli italiani?

Andrè - Dio mio! Io ho sempre pensato a Blind Guardian segnati da Tolkien mai il contrario! Sapere questo, però, almeno per quel che riguarda i fan dall’Italia, mi riempie di gioia, perché penso che anch’io vivo queste sensazioni quando rileggo Il Signore Degli Anelli, guardo la trasposizione cinematografica ed ascolto quei pezzi metal che io mettevo in corrispondenza con il mio personale immaginario della Terra di Mezzo. Sono felice di aver incontrato le visioni di chi ama questo capolavoro della letteratura e di essere identificato, sempre con la mia personalità, come di qualcosa di così affine con quello creato dallo scrittore inglese. E’ come diventare uno degli abitanti della Tera di Mezzo: uomo, nano o elfo, fate voi. L’importante è averne respirato l’aria di quel luogo dell’anima incredibile.



R.C.C. - Ciao Markus, benvenuto su RockLine.it, cominciamo subito a parlare della nuova uscita targata Blind Guardian, A Twist In The Myth: come si presenta l’album?

Marcus - E’ un grande album! (Ride, NdR) E’ qualcosa di completamente diverso da quanto abbiamo fatto in precedenza. Abbiamo sempre cercato di venire fuori con qualcosa di nuovo per ogni album perché non ci piace ripeterci, e dopo A Night At The Opera eravamo consapevoli di dover cambiare direzione nel sound. Insomma non avremmo mai potuto eguagliare una canzone come …And Then There Was Silence rimanendo su quelle coordinate, perché non avrebbe semplicemente senso ora fare una canzone di quattordici minuti con cinquecento tracce o giù di lì. Così ci siamo decisi ad andare indietro, andando a rivedere le cose basilari, le radici se vuoi chiamarle così, fare canzoni che vadano subito al punto, e siano per la maggior parte più corte. I brani hanno inoltre meno cori e chitarre armoniche, appaiono in versione più compressa. Si cerca di far convivere questo desiderio di “ritorno alle radici”con la creazione di qualcosa di completamente nuovo, che risulta ben visibile in canzoni come Fly o Another Stranger Me per esempio, che sono canzoni che non abbiamo mai fatto in quel modo. Hanno molte influenze prese dal rock degli anni ’70.

R.C.C. - Insomma parliamo di un album più diretto… e per quanto riguarda i testi? Di cosa trattano?

Marcus - Parlano di diverse tematiche, non si tratta di un concept album. Ogni canzone ha una propria individualità, legato ai temi tipici che i Blind Guardian affrontano da sempre, e perciò mitologia, letteratura. C’è una canzone ispirata a un libro di Stephen King, un’altra, Otherland, all’omonimo libro di Ted Williams, addirittura Fly, il singolo, è ispirato al film Neverland e alla storia di Peter Pan. Poi altre sono state create direttamente da Hansi.

R.C.C. - Mi piace molto la copertina disegnata da Anthony Clarkson: da dove viene l’idea del drago come soggetto?

Marcus - Ogni volta che finiamo un album, diciamo all’artista cosa vorremmo che esprimesse la copertina, gli diamo qualche idea, poi lasciamo che la interpreti e valutiamo il risultato. Poi ne parliamo, e se non ci convince qualcosa gli chiediamo se lo può cambiare o se lo può mettere giù in un altro modo. E’ un costante scambio di opinioni, e il lavoro finale ne è la risultante. Siamo molto contenti di quello che Clarkson ha fatto con la copertina di Twist In The Myth, ma del resto ci era già piaciuta la cover del singolo Fly che aveva già eseguito per noi.

R.C.C. - Ma la copertina è legata a qualche testo dell’album?

Marcus - No, è indipendente dalle tematiche delle canzoni.

R.C.C. - Prima mi hai detto che l’album ha una certa familiarità con un sound rock anni settanta, pensi a qualche band in particolare?

Marcus - A noi è sempre piaciuta la musica di quell’epoca del rock, cose come i Deep Purple, Black Sabbath e via dicendo. Ecco, se prendi una canzone come Another Stranger Me e ascolti il riffing che la attraversa, vedrai che è decisamente inusuale per i Blind Guardian, e questo perché ha un sentire molto rockeggiante. Ci piaceva l’idea di provare qualcosa di simile; ad esempio anche la canzone Carried The Blessed Home non è il solito power-dannato-chessoio, ma presenta influenze da parte di Queen e gruppi di quell’epoca, semplicemente perché ritenevamo interessante provare qualcosa di simile. Noi sappiamo come la gente reagirà ad una canzone come Straight To The Mirror, una tipica canzone alla Blind Guardian, mentre Another Stranger Me, tanto per citarti la stessa, è qualcosa che non abbiamo mai fatto prima. Sarà interessante anche vedere la reazione dei fan a qualcosa che non si aspettavano. Un singolo come Fly rappresenta il lato moderno del nuovo album, ma rimangono canzoni, come ad esempio Skalds And Shadows, che si presentano come tipici pezzi alla Blind Guardian: Skalds And Shadows si rifà a ballate come The Bard’s Song, A Past And Future Secret, e così via.

R.C.C. - E’ possibile che queste nuove tracce, più corte e dirette, siano state concepite anche per rendere bene sul palco?

Marcus - Mah… in realtà quando scriviamo canzoni non pensiamo più di tanto agli shows dal vivo, perché separiamo molto la sede studio e la sede live. Insomma, se mentre registriamo ci viene in mente di aggiungere una nuova traccia a una canzone, o se vogliamo provare qualcosa di inusuale che potrebbe risultare impossibile da riproporre su un palco, lo facciamo lo stesso. Quando lavoriamo sull’album in studio vogliamo semplicemente che suoni il meglio possibile e solo quando abbiamo finito si registrarlo, allora ci sediamo e davvero parte una rilettura completa di tutte le canzoni, che è come se dovessimo “reimparare”, e riarrangiarle in versione live. Lo saprai, registriamo molte chitarre in studio, mentre sul palco ci siamo solo Andrè ed io, così dobbiamo riarrangiare tutto, e prendere le parti da suonare e dire: “Ok, questa è la parte più importante, la suoni tu” e via così. Certo, con questo album sarà un lavoro più facile di quello che abbiamo dovuto fare con A Night At The Opera, perché le canzoni in sé sono più dirette, ci sono meno orchestrazioni. In definitiva il punto principale è sempre stato sperimentare qualcosa di nuovo qua e là.

R.C.C. - Come mai avete deciso di cambiare produzione e avete firmato con la Nuclear Blast?

Marcus - Perché non eravamo più contenti con la Virgin. Come saprai la Virgin era insieme alla EMI un paio di anni fa, e come saprai un certo numero di persone di entrambe le aziende sono state licenziate, e dunque anche un sacco di persone che si occupavano dei Blind Guardian non lavoravano più per la compagnia, e le persone con cui ci siamo trovati a lavorare non avevano nessuna conoscenza del metal e dei Blind Guardian. Insomma le persone con cui lavoravamo non avevano nessun interesse a lavorare con noi. Per colpa di questo, un mucchio di cose sono cominciate ad andare male, perché non andavano come volevamo e non eravamo per niente soddisfatti. Così ci siamo svincolati dal contratto. Alla fine anche loro hanno capito che non aveva senso andare avanti così, così abbiamo cominciato a cercare una nuova compagnia e abbiamo trovato la Nuclear Blast, il cui modo di lavorare è esattamente quello che noi cercavamo: le stesse idee, la stessa visione delle cose, gli stessi piani. Per come le cose stanno andando posso dire che siamo perfettamente soddisfatti e felici.

R.C.C. - Come te la cavi a calcio? Perché ho saputo che per l’Earthshaker avete sfidato i vostri fan ad una partita di calcetto…

Marcus - (Ride per la domanda, NdR) Non sono il miglior giocatore sulla piazza, ho guardato la Coppa Del Mondo di quest’anno e quella passata, ma nel tempo intercorso ho ignorato il calcio. (Ride ancora, NdR) Non sono decisamente il miglior intenditore.

R.C.C. - Allora siete destinati ad una sconfitta?

Marcus - No beh, Hansi era solito giocare molto a calcio, ma ha dovuto smettere perché aveva dei problemi al ginocchio, almeno lui sa giocare però. Anche Andre dovrebbe saper giocare un po’, ed io alla fine so come si tira un calcio al pallone, pur non essendo proprio brillante. Frederik fa molto sport, e anche se non ho mai giocato a calcio con lui, dovrebbe essere molto bravo… insomma.. vedremo.. noi faremo del nostro meglio.

R.C.C. - Mi piacerebbe vedere il match. Cambiando argomento, avete già selezionato quali canzoni suonare durante gli shows?

Marcus - Beh, abbiamo già cominciato a fare qualche data di riscaldamento, e abbiamo suonato Fly e Skalds And Shadows, perché l’album non è ancora stato rilasciato e queste canzoni erano presenti già nel demo. Partiremo per un tour vero e proprio in agosto, dove vedremo bene quali canzoni fare dal nuovo album. Ad ogni modo quattro o cinque canzoni dal vivo sono da fare, ma non abbiamo ancora deciso quali. Proveremo diverse versioni di diverse e vedremo quali rendono meglio.

R.C.C. - Una domanda un po’ personale: quali sono le vostre credenze religiose? Ho letto sul forum del vostro sito le teorie più assurde, addirittura c’era chi vi faceva convinti satanismi.

Marcus - Che cazzata! (Ride, NdR) Anche io ho letto quegli interventi, e trovi di tutto. C’è chi dice che siamo cristiani perché Hansi ha cantato qualche canzone su Gesù, altri appunto che siamo satanisti, e così via. Sono invenzioni, noi siamo gente normalissima. Io posso parlare solo per me stesso, e non credo in Dio. Insomma non in un Dio che siede tra le nuvole con una lunga barba bianca, e controlla cosa succede qua sotto. Penso che ci siano delle… come chiamarle.. forze, energie che fanno andare avanti le cose, ma non credo nel modo di intendere la divinità che hanno i cristiani. Io condivido il messaggio di Gesù Cristo, mi piace molto, e posso anche immaginare che Gesù visse davvero, ma per quanto ne penso io, non fu figlio di nessun dio. Fu un uomo pieno di carisma ceh aveva splendide idee su come gli uomini dovessero vivere insieme, fu crocifisso, morì, e tutto finì lì. Il resto fu tutto opera dei suoi discepoli e diede origine alla chiesa moderna. Comunque noi non siamo satanisti, siamo solo quattro tizi che fanno musica, parlando di diversi argomenti. Certo è divertente osservare come certe persone interpretino i nostri testi e come li interpretino assolutamente a caso (ride, NdR).

R.C.C. - Ho finito le mie domande. Beh, ti avrei chiesto se ti piace o no il film che hanno girato sul Signore degli Anelli, ma ho letto sul sito che odi questa domanda…

Marcus - Non la sopporto più davvero. La gente ha cominciato a chiedercelo quando il primo film è uscito e non ha più smesso. Ho fatto un’intervista ieri, una l’altro ieri, una il giorno prima e la domanda riappare sempre. Così mi chiedo: “Ho forse già risposto a questa domanda?”. Mi piacciono i film! (Ride, NdR).

R.C.C. - Ok Marcus. Abbiamo davvero finito. Ti saluto.

Marcus - Un saluto anche a te e a tutti i lettori di RockLine.it. Ciao!

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