Black Stone Cherry
(Jon Lawhon)
di: 
Susanna Moro
31/01/2009



 

Alla fine l’inverno è arrivato a Milano, portandosi dietro la neve, gran freddo e tutto il resto. Ci pensano i Black Stone Cherry a scaldare l’atmosfera in una domenica di fine novembre, pronti a portare il loro sound granitico ai fans italiani. La Rock band americana è impegnata in un lungo tour per promuovere l’ultima creatura Folklore and Superstition e per l'Italia tocca al palco dello Zoe Club il compito di ospitare i quattro bravi ragazzi del Kentucky. A concedere un'intervista a RockLine.it in occasione di tale evento è stato il chitarrista Jon Lawhon...


S.M. - Ciao Jon, benvenuti a Milano. I Black Stone Cherry sono diventati una rockband piuttosto famosa nel giro di pochi anni, in particolare ultimamente sta riscuotendo un nutrito interesse tra il pubblico, e la cosa sembra andare aumentando. Cosa ve ne pare, vi aspettavate questo successo, e da così giovani?

Jon - Beh è fantastico! Avevamo grandi speranze e abbiamo puntato tutto sulla nostra band e i nostri sforzi stanno dando i loro frutti. Cioè, non ci vediamo ancora così in alto, non siamo ancora “arrivati” e stiamo lavorando sodo per crescere ancora di più come band. E’ già una gran cosa emergere dal nulla e girare il mondo a vent’anni, siamo molto riconoscenti ai nostri fans e a chi ha creduto in noi per averci permesso di farlo. Ci fa molto piacere essere riconosciuti una band importante, ma non ci sentiamo in merito di una fama esagerata, non ancora.

S.M. - Che umiltà…

Jon - Eh sì, devo dire che siamo tutti molto umili, forse deriva dal fatto che arriviamo praticamente dal nulla, siamo cresciuti in un paesino minuscolo nel Kentucky dove non c’è un granchè da fare, e non ci aspettavamo di essere riconosciuti in così poco tempo, anche se, ripeto, ci speravamo, ma come tutti i ragazzini sperano di sfondare nel mondo della musica. Per noi è un gran traguardo e ne siamo molto soddisfatti.

S.M. - Come vi trovate con la grande famiglia Roadrunner United, ad essere una delle loro band più interessanti?

Jon - E’ un gran traguardo anche questo, perché siamo una band un po’ fuori dai canoni tipici della Roadrunner, che tratta in particolare band Metal. Noi siamo un po’ un’eccezione, non siamo un genere solo, tantomeno Metal; siamo una band Hard Rock, siamo Southern, siamo Blues, siamo Country…. L’etichetta si è arrischiata in un certo senso a metterci sotto contratto, ha puntato molto su di noi col rischio di perderci anche molto, noi siamo orgogliosi di questa possibilità e faremo di tutto per dimostrare de meritarcela.

S.M. - Consideri la tua band originale?

Jon - Sì, onestamente direi proprio di sì. Un sacco di gente ci chiede sempre di descrivere il genere di musica che suoniamo, ma è una cosa che proprio non riusciamo a fare, non per orgoglio, ma non ne siamo davvero capaci. Nel nuovo album, per esempio, ci sono pezzi che vanno dall’ Hard Rock al Blues, fino addirittura al Reggae, ed è difficile etichettarci con un genere solo.

S.M. - Quello che intendo dire è che la maggior parte delle band uscite allo scoperto ultimamente, salvo pochissime eccezioni, si somigliano un tantino tra loro, mentre voi siete differenti.

Jon - Sì, vero anche questo; noi cerchiamo sempre di differenziarci dalle altre band in circolazione e ci impegnamo a comporre i nostri pezzi nel modo più personale possibile, andando al di fuori di ciò che richiede il business, perché vogliamo a tutti i costi mantenere la nostra identità.

S.M. - Che impressioni avete avuto a proposito della risposta del pubblico rispetto al vostro ultimo album, Folklore and Superstition?

Jon - Finora è stata molto buona, l’album ha riscosso un buon successo. Noi ci siamo azzardati a spostarci verso una linea più melodica rispetto al precedente, abbiamo inserito un paio di canzoni lente, e ai fans sono piaciute, come in generale è piaciuto l’album, e questo non può che farci sentire divinamente.

S.M. - Musicalmente parlando, questo album dimostra senza dubbio una notevole crescita, sia a livello compositivo sia come sound, rispetto al primo. E’ il risultato di una crescita personale e come band?

Jon - Certamente, le nostre canzoni rispecchiano quello che abbiamo vissuto negli ultimi anni, siamo stati in giro per il mondo, abbiamo visto un sacco di cose, conosciuto molta gente e visitato posti nuovi, provato mille emozioni tutte diverse, e tutto ciò ha influito su di noi, ci ha fatto crescere come persone e inevitabilmente tutto ciò si riflette nei pezzi che scriviamo. Noi incoraggiamo sempre e comunque la crescita, soprattutto a livello musicale, è una cosa a cui teniamo molto e sono contento di sapere che nell’album si noti.

S.M. - Il titolo inoltre suggerisce un forte legame con le vostre radici e la vostra terra. Quanto sono importanti per voi e quanto influiscono sulla vostra musica?

Jon - Le radici sono tutto. La nostra terra, il Kentucky, è tutto per noi, è la nostra essenza, e personalmente penso che il fatto di arrivare da un paesino di provincia di uno stato della Southern America è la ragione per cui noi siamo quelli che siamo ora, l’umiltà di cui parlavi prima, per esempio, penso derivi da questo. Le radici sono la cosa più importante per una persona, il legame con la nostra terra e la nostra famiglia è quanto di più forte abbiamo. E’ qualcosa che va oltre la musica, è cuore e anime. Musicalmente parlando anche, vuol dire tantissimo per noi, siamo stati molto influenzati dal country Made in Kentucky, è importante anche per questo, ci ha fatto diventare la band che siamo ora.

S.M. - Quali sono le vostre maggiori influenze?

Jon - Per me indubbiamente al numero uno c’è il grande, impareggiabile Elvis; lui sì che era davvero un Re. Inoltre adoro gli Aerosmith, i Lynyrd Skynyrd, gli Allman Brothers e quasi tutto il panorama Country/Blues americano di vecchia leva, ma devo dire che l’ispirazione più grande arriva dalla mia famiglia, che mi incoraggia e mi supporta pienamente in tutto ciò che faccio, ha sempre creduto in me e nella mia band.

S.M. - Avete particolari progetti per il vostro futuro prossimo?

Jon - Di sicuro continueremo a promuovere l’album e cercheremo di suonare il più possibile in più posti possibile, raggiungendo anche mete in cui non siamo ancora approdati e poi… ci penseremo quando sarà il momento!

S.M. - Beh grazie mille per la piacevole chiacchierata e buona fortuna per lo show.

Jon - Grazie a voi, è stato un vero piacere. A presto!

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