Banco Del Mutuo Soccorso
(Vittorio Nocenzi)
di: 
Paolo Cazzola
20/12/2006



 

RockLine.it incontra Vittorio Nocenzi, pianista/tastierista della prog band Banco Del Mutuo Soccorso, nonchè uno dei più rispettati tastieristi italiani. In dieci domande Vittorio ci racconta il suo passato, il suo presente e il suo futuro con grande disponibilità e cortesia. Una discussione sentita e interessante sulla musica italiana di valore...

P.C. - Ciao Vittorio, benvenuto su RockLine.it! Prima di tutto ci tengo a dire che è un grandissimo onore per me poterti intervistare. Come stai?

Vittorio - Ciao! Sto bene grazie.

P.C. - Prima di tutto vorrei iniziare a parlare del tuo progetto principale, ovvero il Banco Del Mutuo Soccorso. Mi risulta che sia stato proprio tu, a 18 anni, a fondare il gruppo. Come descriveresti, in breve, la tua esperienza col Banco?

Vittorio - Beh sai, è un discorso molto articolato, l’anno prossimo sono 35 anni dalla realizzazione del primo disco. E’ molto difficile per me parlare in generale di questo progetto, ma sicuramente si tratta di un percorso di passione costante, di ricerca e sperimentalismo.

P.C. - Negli anni Ottanta il sound del Banco è cambiato radicalmente. Perchè all’epoca decideste di intraprendere questo nuovo percorso musicale? E come mai avete abbandonato strumenti come l’organo Hammond?

Vittorio - Perché dagli anni Settanta agli anni Ottanta era cambiato tutto, non molto. E per “tutto” intendo la capacità di percezione del pubblico, il tipo di attenzione, la necessità di una sintesi più veloce, la disponibilità all’ascolto, l’estetica sonora e una miriade di altre cose. Tutto questo poneva ad ogni artista una scelta: o aspettare che tutto il mondo facesse il giro del globo in 80 giorni e tornasse quindi al tuo linguaggio facendo un giro circolare (se fosse mai tornato) oppure assecondarlo. Ovviamente non per la cosa più banale e ovvia che è la commercialità, ma nella cosa più importante, ovvero lo sfidarti come artista e cercare di evolvere il tuo linguaggio per catturare comunque un’attenzione contemporanea. Non è vero che abbiamo abbandonato l’Hammond, che è comunque rimasto nel pacchetto timbrico della band. Nel frattempo sono passati anni nei quali la tecnologia ha offerto tantissimi altri strumenti e mezzi timbrici, per cui dopo l’Hammond e il pianoforte ci sono stati i sintetizzatori e con essi si è aperto il mondo delle tastiere elettroniche. Poi sono arrivati i campionatori, che consentivano ad un tastierista di avere tutti i suoni sinfonici di questo mondo e soprattutto suoni nuovi e di invenzione. E’ come se ad un pittore si chiedesse come mai ha aumentato la tavolozza dei suoi colori. Sarebbe stupido dipingere con lo stesso colore per tutta la vita. Non credi?

P.C. - Assolutamente si! In riferimento all’album Nudo, come è nata l’idea di inserire nello show live la sezione acustica?

Vittorio - Le prime versioni acustiche cominciarono a venir fuori da parte di artisti diciamo “noti” nei loro concerti Unplugged, ma erano soltanto rifacimenti di ballate, di pezzi comunque d’atmosfera. Non solo, ma sono canzoni nate soltanto per essere rifatte in modo acustico. Invece mi sembrava molto interessante vedere come un repertorio degli anni Settanta, progettato e scritto per una formazione elettrica, potesse reagire ad una situazione totalmente acustica, cioè con piano, due chitarre acustiche e voce. Mi spiego meglio: brani molto ritmici, energici, scritti per una formazione con chitarre elettriche, basso elettrico e tastiera elettrica, in che modo potevano reagire davanti ad un organico così scarno e ridotto? Potevano mantenere la capacità ritmica e l’incisività senza risultare scadenti o noiose? E’ stata una scommessa che mi ha affascinato molto e credo che l’esperimento sia riuscito bene, perché dei due tipi di concerti che il Banco oggi propone (elettrici ed acustici) i secondi mi sembrano i più speciali, i più preziosi in quanto riducendo la formazione e gli strumenti utilizzati quello che risalta è la composizione musicale, cioè la melodia e i testi. Inoltre il tutto è legato ad un intenso sincronismo esecutivo, perché ad esempio il pianoforte in questo caso deve dare molta della ritmicità, e deve amalgamarsi alla perfezione con la chitarra acustica. Quindi ogni errore diventa evidentissimo, ma quando ciò non accade il risultato è ancora più pregievole.

P.C. - Nel 1991 avete pubblicato delle ristampe dei primi due album, ovvero Banco Del Mutuo Soccorso e Darwin. Puoi spiegarci il motivo di questa operazione?

Vittorio - Esse sono state fatte in merito al ventennale del gruppo. Lo scopo era, dopo vent’anni, vedere se tornare sul luogo del delitto faceva scaturire valutazioni diverse. Sai, soltanto la memoria può mitizzare e cambiare, nel ricordo, la percezione dei valori. Si possono enfattizzare, scomporre, e rivisitarli nota per nota poteva essere una prova-verità importante. Credo che con quel lavoro il Banco Del Mutuo Soccorso sia diventata l’unica band nell’ambiente rock internazionale ad aver ri-registrato integralmente tutti e due i primi album della propria carriera…possono aver fatto remake, ri-arrangiamenti di parti e brani, ma penso che nessuno abbia mai ri-registrato integralmente i primi due album. E’ stata un esperienza che ci ha permesso di capire se l’essere diventati dei capisaldi del rock internazione con Banco Del Mutuo Soccorso, Darwin e Io Sono Nato Libero era dovuto a fortuna o se, in alternativa c’era sostanza nei contenuti, motivazione e innovazione. Ed è proprio a vent'anni di distanza che queste cose si vedono con maggior lucidità. In secondo luogo era interessante vedere se questi brani, nati agli albori della tecnologia informatica, di natura valvolare, sarebbero stati migliorati dalla registrazione midi sui computer anziché sul nastro.

P.C. - Le tue basi e la tua preparazione musicale derivano principalmente dei principali compositori classici del passato. In particolare, quali sono i compositori classici ai quali ti senti più legato e che ti hanno ispirato maggiormente?

Vittorio - Sicuramente tutto l’Ottocento sinfonico/post-romantico. Però molto importante è stata l’esperienza dodecafonica di Schoenberg, o quella pre-dodecafonica di Stravinskij. Mi sento di citare anche Aaron Copland, come compositore del 900, mentre della parte classica preferisco l’Ottocento al Settecento. Quindi anche Beethoven e Bach (che preferisco a Mozart).

P.C. - Facendo un passo indietro, potresti raccontarci come è nata la tua grande passione per il piano? E soprattutto, la tua evoluzione musicale è ancora in avanzamento o ti ritieni un musicista “arrivato”?

Vittorio - Io credo che qualsiasi artista non si senta mai arrivato. Mi viene in mente un aneddoto riguardante Picasso…egli ormai settantenne andò a trovare un asilo di bambini che dipingevano, chiaramente con molta ingenuità, e disse loro: "Io poco più grande di voi dipingevo come Raffaello, ma dopo ho impiegato tutta una vita per imparare a dipingere come dipingete voi". Mi sento sicuramente legato all’evoluzione tecnologica dei mezzi espressivi: da molto tempo ormai parallellamente all’aspetto musicale mi affascina moltissimo l’immagine e la multimedialità. E poi soprattutto il rapporto che la musica ha con gli altri linguaggi, come la letteratura, la poesia, la pittura e le immagini in movimento. Se il tempo me lo permetterà, ho ancora tante cose da sperimentare nella mia vita. Riparlando della mia passione, non saprei risponderti. E’ come se io ti chiedessi perché ti sei innamorato della tua donna…Non credo che sapresti rispondermi.

P.C. - Ecco, visto che siano in argomento vorrei parlare del tuo primo disco solista: Movimenti. Come è nata l’idea di accostare la musica alla poesia di Alda Merini?

Vittorio - E’ proprio per quello che ci stiamo dicendo, nel senso che la musica (ma in generale tutte le arti) dovrebbero intrecciarsi tra loro perché hanno un racconto comune, che è l’ineffabile, l’inafferrabile, l’inconscio, il sogno ad occhi aperti, la sperimentazione…che è tutto quello che non si può contenere in una parola nel mondo tangibile della razionalità.

P.C. - Parlaci ora del tuo prossimo disco solita. Ho letto che sarà ispirato a I Ching…Come mai questa scelta?

Vittorio - Se non ti dispiace vorrei parlarne più avanti quando lo presenteremo…Quella che conoscete al momento è solo un anteprima. Per quanto riguarda I Ching è stato un testo che veniva utilizzato in Cina, dagli imperatori per prenderne consigli. In particolare mi affascina molto mettere insieme l’estremo oriente, come lo chiamiamo noi e il loro estremo occidente, cioè noi e cercare di avere una visione parallela di tutto ciò, in uno dei più grandi misteri della storia dell’umanità.

P.C. - Come giudichi la scena rock/progressive attuale? Cosa stai ascoltando in questo periodo?

Vittorio - Come sempre è un ascolto molto vario, perché credo che essere legati solo ad un genere musicale sia molto noioso. Principalmente però mi concentro sul grande mondo classico e sul Rock. Per farti un esempio, negli ultimi tre giorni ho ascoltato Frank Zappa e Mozart! Ho reso l’idea?

P.C. - Sì, direi proprio di si! Beh, l’intervista è finita, è stato un vero piacere parlare con te! Puoi terminarla come preferisci. A presto e grazie.

Vittorio - Grazie a te, ciao!

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